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    SUNSET BOULEVARD PER OBAMA - L’AMARO TRASLOCO DI BARACK: SPERAVA IN UN ADDIO TRIONFALE MA HA FATTO MALE I CONTI E LA SUA 'LEGACY' AFFONDERA' CON HILLARY - LASCIA UN’AMERICA PIU’ POVERA E LA CLASSE OPERAIA GLI HA GIRATO LE SPALLE, VOTANDO TRUMP


     
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    1. UN PREMIO NOBEL SULLA FIDUCIA

     

    Giorgio Dell’Arti per “la Verità”

     

    Il destino del prossimo ex presidente Obama ricorda quello di certi grandi amori. Venire prima desiderati e poi rimpianti, senza mai essere realmente vissuti. Quando apparve sulla scena era nero, simpatico, atletico e affabulatore.

    obama solo obama solo

     

    Uno schermo perfettamente levigato in cui tutti potevano proiettare le proprie speranze. Con la follia tipica degli innamorati gli hanno dato perfino un Nobel per la pace sulla fiducia. Doveva cambiare il mondo, invece il mondo ha continuato a cambiare per conto suo, come se lui non esistesse (Massimo Gramellini, La Stampa)

     

    2. A CONTI FATTI L’AMERICA E’ PIU’ POVERA DI 4 ANNI FA

     

    Pietro Saccò per “l’Avvenire

     

    «Ve la passate meglio di quattro anni fa?» chiese Ronald Reagan agli americani nell' ultimo confronto televisivo prima delle presidenziali del 1984. Gli americani, che evidentemente se la passavano molto meglio di quattro anni prima, risposero al presidente regalandogli il più grande trionfo elettorale della storia degli Stati Uniti d' America, con l' ex attore che sbaragliò il democratico Walter Mondale in tutti i singoli Stati eccetto il Minnesota.

     

    cena di stato obama renzi 7 cena di stato obama renzi 7

    E gli americani di oggi, quelli che hanno scelto Trump, se la passano meglio o peggio di otto anni fa? Certo, non si vota solo con il portafoglio, ma l' inaspettata vittoria di Donald Trump è anche la risposta degli americani del 2016 alla domanda reaganiana che Barack Obama non ha avuto il coraggio di fare.

     

    A guardarli da questa Europa che soffre di stagnazione cronica gli Stati Uniti sembrano molto più in forma rispetto al 2009. È vero, come ricorda perfido il blog finanziario ZeroHedge, che Obama è il primo presidente del Dopoguerra a non essere mai riuscito a fare crescere il Prodotto interno lordo di almeno il 3% in un anno, però, in attesa dei dati del quarto trimestre, il Pil americano è comunque salito dell' 11% in questi otto anni. La ripresa economica degli Stati Uniti è stata effettivamente capace di creare anche lavoro: la disoccupazione a ottobre è scesa di nuovo sotto al 5% (al 4,9%) ai livelli più bassi dall' inizio 2008. Rispetto al picco del 10% toccato durante l' autunno del 2009 il tasso dei senza lavoro si è quindi dimezzato.

     

    OBAMA OBAMA

    Dietro questi indicatori più semplici, però, si nasconde una situazione economica complessa. Rispetto a otto anni fa negli Stati Uniti c' è meno disoccupazione, ma non c' è nemmeno più occupazione: la percentuale di adulti che lavorano è scesa sotto il 60% negli anni della crisi e nonostante una graduale risalita non è più riuscita a tornare sopra quella soglia. Segno che tanti americani si sono chiamati fuori dal mondo professionale: le persone escluse dalla forza lavoro, cioè che non lavorano e non intendo farlo, tra il 2008 e il 2016 sono salite da 78,5 a 94,6 milioni. È un aumento impressionante, anche se il dato, salvo qualche pausa, continua a crescere da parecchi anni.

     

    HILLARY CLINTON E BARACK OBAMA HILLARY CLINTON E BARACK OBAMA

    L' altro elemento che indebolisce molto l' immagine della ripresa del lavoro americano è il fatto che i redditi in questi anni sono saliti poco. L' americano medio guadagnava 345 dollari a settimana all' inizio del 2009 e ne guadagna 347 adesso, dopo una risalita rispetto ai 330 dollari a cui era sceso il reddito mediano nel 2014. E difatti il reddito mediano delle famiglie, tenuto conto dell' inflazione, è ancora sotto i livelli pre crisi: erano 57.423 dollari l' anno nel 2007 sono 56.516 dollari nel 2015, primo anno in cui i bilanci famigliari hanno rivisto i livelli pre-Obama. Di più: il tasso di povertà della popolazione americana, che era al 10,3% nel 2008 è rimasto stabilmente sopra l' 11% per i sei anni successivi per poi tornare quasi al livello di partenza (al 10,4%) soltanto nel 2015.

     

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    Insomma: l' America non è più povera, ma non è nemmeno più ricca. Sicuramente è più diseguale. Il coefficiente di Gini delle famiglie, che è il termometro del livello di omogeneità economica di una società (dove 0 rappresenta il massimo dell' uguaglianza e 1 il massimo della disparità) in questi otto anni è salito da 0,466 a 0,479. Difficile sorprendersi: i maggiori beneficiari delle politiche monetarie ultragenerose della Federal Reserve sono stati probabilmente gli azionisti delle aziende diWall Street, dove l' indice S&P500 è salito di più del 50% e gli utili per azione delle aziende sono passati dai 60 dollari del 2009 ai quasi 120 del 2015.

    barack obama barack obama

     

    E forse allora va cercata qui la radice dello scontento economico dell' America che ha scelto Trump: nell' insoddisfazione del vedere che la propria situazione economica peggiora, o migliora appena, mentre c' è chi rastrella miliardi di dollari mangiandosi la fetta più gustosa della torta degli stimoli economici.

     

    Con il serio rischio della beffa finale per la working class, quella di dovere pagare per quelle spinte all' economia di cui altri hanno beneficiato di più. Il debito pubblico americano nei quasi otto anni di Obama è salito da 11.126 a 19.381 miliardi di dollari, portandosi dal 64% al 105% del Pil. Non è un livello 'italiano', ma poco ci manca. Ormai da diversi mesi i titoli di Stato americani offrono tassi superiori ai nostri. A Washington, a un certo punto, dovranno iniziare a ragionare su dove trovare i soldi per rimborsare i creditori.

     

     

    3. Il tramonto di Barack presidente incompiuto tradito dagli operai

     

    Federico Rampini per la Repubblica

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    «È uno che non sa controllarsi su Twitter, i collaboratori gliel’hanno dovuto togliere. Voi gli dareste un arsenale nucleare?». Fu una delle più feroci battute che Barack Obama lanciò contro Donald Trump nelle ultime giornate della campagna. Ora dovrà passargli tutti i poteri presidenziali, atomica inclusa. L’umiliazione suprema. E così da oggi ha inizio la demolizione di Obama.

     

    La sua “legacy”, l’eredità che sperava di lasciare alla storia, verrà smontata pezzo dopo pezzo. È una certezza, per questo Obama è l’altro grande sconfitto. La sua uscita di scena poteva essere maestosa, trionfale. Sarà mesta e amara. Non si direbbe, sia chiaro, dal grande fair play del suo discorso: «Ho parlato con il presidente eletto Trump per felicitarlo e invitarlo a un colloquio. La transizione deve essere facile e fruttuosa. Non è un segreto che lui ed io abbiamo avuto delle divergenze notevoli, ma ora quello che conta è il bene del Paese». Questo è lo stile dell’uomo, la correttezza, il senso delle istituzioni. Fa buon viso a cattiva sorte, ma sa che la sua uscita di scena è disastrosa.

    OBAMA TRUMP OBAMA TRUMP

     

    La demolizione di Obama, in fondo l’hanno cominciata gli elettori. Il presidente può consolarsi con quel 54% di consensi, altissimo alla fine di un secondo mandato. Ma gli brucia il tradimento della classe operaia, in quegli Stati del Midwest che la destra aveva gettato in una crisi drammatica e che Obama salvò: con le nazionalizzazioni di General Motors e Chrysler, con la maxi- manovra di 800 miliardi di investimenti pubblici. Tutto dimenticato, per eleggere un imitatore di Ronald Reagan che ha promesso di ridurre le tasse sui ricchi e sulle imprese.

     

    obama trump obama trump

    La demolizione promette di essere violenta, come gli interventi delle ruspe nei cantieri edili di Trump: si fa piazza pulita dei vecchi edifici, tra botti e sconquassi e nuvole di polvere. In cima ai bersagli c’è “Obamacare”, la riforma sanitaria che per un tempo il presidente democratico considerava il suo gioiello, e si era già parecchio appannata nel giudizio dell’opinione pubblica. C’è l’accordo di Parigi sull’ambiente, sul quale Trump sposa in pieno la tesi negazionista dei petrolieri: basta con queste bugie ambientaliste che servono solo a creare nuovi fastidi all’industria americana. C’è la timida e parziale riforma dell’immigrazione con cui Obama mise al riparo dalle espulsioni almeno alcune categorie (i giovani cresciuti qui da bambini, che non conoscono altro Paese se non gli Usa). C’è la legge Dodd-Frank che ha riformato banche e mercati finanziari rendendo un po’ più difficile la speculazione.

     

    TRUMP CONTRO OBAMA TRUMP CONTRO OBAMA

    Il tiro a segno per smontare quelle riforme è stato promesso da Trump. “Cancellare Obama” è una delle poche parole d’ordine su cui l’affarista outsider e i notabili della destra sono sempre stati d’accordo. È ancora più lungo l’elenco di quelle aspirazioni, ambizioni e promesse sulle quali Obama è rimasto un presidente incompiuto. Tutto quello che lui sperava di lasciare a Hillary, nella staffetta ideale che avrebbe completato la sua opera.

     

    Intervenire sulle armi per fermare le stragi continue. Alzare il salario minimo federale per ridurre le diseguaglianze. Riformare le leggi sui finanziamenti elettorali, attenuando l’impatto micidiale della sentenza Citizen United con cui la Corte suprema ha tolto ogni limite ai soldi delle lobby. Intervenire sul diritto allo studio, sul dramma dei debiti studenteschi che trasformano l’American Dream in un miraggio. L’elenco delle riforme incompiute corrisponde spesso al programma di Sanders.

     

    obama trump obama trump

    Obama si è trovato fra due fuochi: l’ala sinistra del partito lo accusava di non osare abbastanza; il Congresso dominato dai repubblicani gli bocciava tutte le riforme perché considerate troppo radicali, anti-business. Obama si ritrova a invidiare Trump per quella robusta maggioranza a Camera e Senato, cui presto si aggiungerà la Corte suprema: il presidente uscente ebbe invece un corto biennio di maggioranze congressuali, e neanche entusiaste. Poi magari la storia lo vendicherà. Se gli orologi dell’economia e le regole della statistica non sono sospese, l’America avrà una recessione sotto Trump.

     

     

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