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    MADONNA MIA CHE ANSIA TERRIBILE! - TRE MILIONI E MEZZO DI ITALIANI SOFFRONO DI ANSIA E NEL 2015 SONO STATI SPESI 381,6 MILIONI DI EURO IN FARMACI PER CURARLA - NEGLI STATI UNITI MOLTI PSICOANALISTI DA ANNI TENDONO A NON CURARE PIÙ I DISTURBI DI QUESTO TIPO POICHÉ PENSANO SIANO BENEFICI. ECCO PERCHE’….


     
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    Melania Rizzoli per “Libero Quotidiano”

     

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    Siamo un popolo di ansiosi, e l'ansia, insieme alla depressione, è il termine psicologico più ricercato in rete, poiché i disturbi da essa provocati stanno aumentando vertiginosamente, ed oggi diventa difficile trovare qualcuno che non si senta almeno un po' stressato. Ma, se provare ansia in certe situazioni è assolutamente normale, in altri casi l'ansia diventa una scomoda e fastidiosa compagnia, con la sua presenza insidiosa e inafferrabile, che spesso condiziona la vita quotidiana.

     

    Ognuno di noi parla o scrive di ansia, fobie, angoscia, paura o attacchi di panico senza conoscerne la differenza, perché si tratta di disturbi più o meno importanti e diversi uno dall'altro, che dipendono da circuiti neuronali differenti, e da reazioni emotive distinte, ma tutti indistintamente sono scatenati dalla disarmonica interazione tra il soggetto e l'ambiente che lo circonda.

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    L'ansia è di gran lunga il disturbo psicologico più diffuso, oltre ad essere quello più conosciuto dalla maggioranza degli individui per averlo provato almeno una volta nella vita, e secondo un rapporto Osmed dell' Aifa, sono oltre tre milioni e mezzo gli italiani che ne soffrono, lo curano e ci convivono regolarmente, se solo nel 2015 per l' acquisto di farmaci ansiolitici sono stati spesi ben 381,6 milioni di euro.

     

    IL CONVEGNO

    L' argomento è il tema centrale di un congresso internazionale chiamato "Anxiety", organizzato da Italian Psycoanalitic Dialogues (IPD) e Neuropsycanalitic Association (NPSA) che si tiene a Roma in questi giorni, nel quale neuroscienziati di fama mondiale discutono su come affrontare questo disagio di interazione così frequente e contagioso, e soprattutto su come trattarlo terapeuticamente nelle sue varie forme, con l'obiettivo di regolare i principi attivi dei medicinali con nuovi dosaggi, più bassi e più tollerabili, evitando di far divenire i molti pazienti dipendenti dai farmaci ansiolitici.

     

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    È noto infatti che l'ansia produce sintomi somatici, cioè incide sul fisico, e spesso tutto il corpo va in allarme durante un attacco, inducendo disturbi che non vengono riconosciuti come dipendenti da essa, che favoriscono il ricorso frequente, e a volte eccessivo, di farmaci palliativi o peggio spingono alla ricerca spasmodica di cause organiche inesistenti, che si concretizzano con visite ed esami medici ripetuti più volte nel tempo.

     

    Scambiare un sintomo d'ansia con un disturbo corporeo di altro tipo, è molto facile e molto frequente, e spesso i sintomi cardiovascolari (tachicardia), gastro-intestinali (coliti ricorrenti) , respiratori (sensazione di soffocamento o nodo alla gola), neuromuscolari (debolezza delle gambe o tremori), dermatologici (orticaria ed eccessiva sudorazione), urinari (aumento della frequenza della minzione) o sessuali (impotenza e calo del desiderio), vengono interpretati come patologici, con il rischio di insorgenza di molte sindromi psicosomatiche.

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    Infatti quello che accomuna i sintomi ansiosi fisici è spesso la loro persistenza e la loro intensità, che motiva la persona che ne soffre a dubitare che si tratti "solo" di ansia, ignorando che il corpo e la mente sono profondamente interconnessi e il disagio che una persona vive si può esprimere intensamente e parallelamente su entrambi i piani.

     

    La maggiore conoscenza delle origini dell'ansia e della paura all' interno delle funzioni corticali di pensiero, di attenzione e di memoria, consente oggi il miglioramento dei trattamenti che potranno sempre più adeguarsi alle caratteristiche delle specifiche disfunzioni dei circuiti neuronali di ciascun individuo ansioso. Non solo.

     

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    Attraverso i biomarkers di brain imaging, ovvero attraverso le più sofisticate indagini radiologiche del cervello, sarà possibile identificare più precisamente il disturbo, individuarlo, sempre che sia presente, evitando l' assunzione eccessiva di farmaci che sempre più spesso, accumulandosi, creano nel paziente ottundimento e calo dell' attenzione.

     

    Secondo gli psichiatri l' ansia, e poi l' angoscia che ne è l'ulteriore evoluzione quantitativa, sono il risultato di una opposizione del soggetto a sentire, vivere ed esprimere i propri sentimenti, i quali "premono" ai confini dell' Io, e generano il vissuto dell' ansia, che si configura come uno stato di tensione spiacevole e spesso aspecifica da capire ed interpretare. Gli specialisti infatti considerano l'ansia un "sintomo-segnale", intorno al quale si struttura il conflitto nevrotico provocato dalla presenza di pulsioni e affetti che vorrebbero essere soddisfatti, ma che sono contrastati da meccanismi di difesa dell' Io.

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    Negli Stati Uniti molti psico-analisti da anni tendono a non curare più i disturbi di ansia, poiché ritenuti una valvola di scarico benefica delle tensioni accumulate interiormente e non espresse, che da qualche parte devono uscire per non interiorizzarsi e provocare altre patologie del comportamento, e l'ansia viene oggi considerata necessaria e addirittura terapeutica per alleggerire il carico emotivo inespresso.

     

    È anche vero che spesso si sottovaluta l'importanza e la drammaticità dei disturbi psicologici più comuni, e si tende di conseguenza a pensare che non possano arrecare danni o fastidi non sopportabili o non superabili con la semplice forza di volontà, cosa spesso non realizzabile senza un supporto terapeutico. «Ma può l'ansia provocare tutto questo?» è il quesito più comune di chi soffre di questo disturbo ed è colpito anche da sintomi fisici che fatica a ricondurre a semplici cause psicologiche, anche quando gli accertamenti medici lo suggeriscono.

     

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    La parola ansia, dal latino angere ossia "stringere", comunica molto bene la sensazione di disagio e di costrizione vissuta da chi ne soffre, e che vive uno stato di angoscia, di preoccupazione non connessa, almeno apparentemente, ad alcuno stimolo specifico, diversamente dalla paura che presuppone invece un reale pericolo. In realtà l' ansia è una anticipazione apprensiva del timore di un evento, un atto di previsione accompagnato da sentimenti di disforia o da sintomi fisici di tensione, che non è affatto negativo, ma al contrario ha un ruolo psicologicamente adattativo che predispone a premunirci.

     

    I LATI POSITIVI

    Quindi un giusto stato di ansia ci permette di essere più preformati rispetto a quando siamo tranquilli, tranne quando travalica dai suoi aspetti adattativi, cioè utili, e degenera in vere e proprie fobie. È necessario sottolineare che l' ansia risulta fortemente presente nei soggetti con una personalità sottomessa, quindi più vulnerabili agli stimoli ambientali, e molti disturbi d' ansia si sviluppano già in età infantile e tendono a persistere quando non corretti o curati, e sono doppi nelle donne rispetto agli uomini.

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    Quando l' attesa apprensiva ed eccessiva del disturbo d' ansia persiste per oltre sei mesi, e ricorre cioè cronicamente, esso ha un forte impatto sulla vita della persona, accompagnandosi ad affaticamento, irritabilità, irrequietezza e disturbi del sonno, viene considerato debilitante ed impone il trattamento farmacologico, che deve essere somministrato dal neurologo,lo specialista in grado di stabilire correttamente, rispetto alla comorbilità, quali farmaci impiegare e quali no.

     

    In conclusione ignorare o rimuovere le nostre pulsioni, o rinnegare i nostri desideri, è sempre un errore che sviluppa i sintomi dell' ansia , la quale li trasferisce fuori dalla nostra psiche per alleggerirla, scaricandoli nei vari organi del nostro corpo fisico, e comunque, essendo noi stessi i registi del nostro vivere quotidiano, sta a noi decidere se liberarli nel mondo esterno, anche attraverso la rabbia, o tenerli custoditi nel nostro mondo psichico, accettando di convivere con essi.

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