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    VIDEO INTEGRALE: L’HALFTIME SHOW DI JUSTIN TIMBERLAKE AL SUPERBOWL - NIENTE CAPEZZOLI, MOLTI BALLETTI, UN TRIBUTO A PRINCE. MA POCHE CAFONATE SPETTACOLARI, CHE SONO IL SALE DEI 13 MINUTI E MEZZO PIÙ VISTI DEL POP AMERICANO. NIENTE VOLI, FUOCHI D’ARTIFICIO, ACROBATI. UNO SPETTACOLO PRUDENTE PER FAR DIMENTICARE IL ‘NIPPLEGATE’ QUANDO SCOPRÌ LA ZINNA DI JANET JACKSON


     
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    VIDEO: L’HALFTIME SHOW INTEGRALE DEL SUPER BOWL CON JUSTIN TIMBERLAKE

     

     

     

    Mario Manca per www.vanityfair.it

     

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    Nel 2004, a Houston, le cose non andarono come aveva sperato. Salì sul palco negli ultimi secondi dello show, t-shirt verde e giacca traslucida, si avvicinò a Janet Jackson e, con un’abile mossa, le scoprì il seno destro scrivendo una pagina della storia del Super Bowl conosciuta come «nipplegate». Un piccolo scandalo che avrebbe voluto scioccare gli spettatori, ma che diede vita a diverse controversie, al punto da ritardare, da quell’anno in poi, la diretta dell’evento di pochi secondi per prevenire nuove oscenità in diretta nazionale.

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    Ora, per Justin Timberlake, è il momento di dimostrare di che stoffa sia fatto, lontano dalle provocazioni a tutti i costi. Lo fa nell’Halftime Show del Super Bowl 2018, dove sceglie l’intimismo allo shock di facile consumo, la voce potente alle coreografie ad effetto.

     

     

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    Dieci canzoni in totale, quasi tutte del suo repertorio più pop e conosciuto e con poche novità tratte da Man of the Woods, il nuovo album dedicato alla moglie Jessica e alla figlia Silas. Nessuna reunion dei NSYNC come sul palco dei VMA 2013. Nessun tuffo nella nostalgia per distogliere l’attenzione da ciò che Justin ha costruito di anno in anno, col sudore della fronte, i profondi occhi blu e il sorriso bianchissimo. I media americani parlano di una performance «prudente», di un modo per farsi perdonare per la comparsata del 2004 e il conseguente declino dell’amica Janet e, forse, è proprio così.

     

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    Justin ammicca, canta con passione e, dulcis in fundo, celebra i grandi di ieri con un’umiltà e un trasporto invidiabili. A circa metà esibizione, infatti, il Bank Stadium di Minneapolis si tinge di viola. Dagli spalti si abbassa un telo bianco di dimensioni abnorme. Su di esso è proiettata l’immagine di Prince, il grande cantante di Purple Rain scomparso due anni fa per un’overdose di oppiacei.

     

    Justin è al pianoforte e mescola le note sensuali di FutureSex/LoveSounds a quelle I would die for you. Un tributo delicatissimo che la città di Minneapolis, che sessant’anni fa diede i natali a Prince, apprezza commossa, ipnotizzata dall’energia e dall’emozione di Timberlake. Per il resto l’Halftime Show del 2018 prende le distanze dalle esplosioni di Lady Gaga e dai leoni formato gigante di Katy Perry. Un ritorno alla dimensione privata, a una concezione più sobria e parca della spettacolarità perfettamente in linea con la nuova identità artistica di Timberlake, autore sì di tormentoni come Cant’ stop the feeling, ma anche portavoce di sonorità più lente e malinconiche come quelle di Man of the W

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