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    SEMPRE IN CULO AGLI OPERAI - 107 AZIENDE NEL SETTORE METALMECCANICO SONO A RISCHIO TRA CARO ENERGIA, TRANSIZIONE ECOLOGICA E DELOCALIZZAZIONE DELLA PRODUZIONE, METTENDO A REPENTAGLIO CIRCA 54.000 POSTI DI LAVORO - ROBERTO BENAGLIA, SEGRETARIO GENERALE DELLA FIM CISL: “E' IN GIOCO LA CRESCITA DEL SETTORE MANIFATTURIERIO ITALIANO. SERVONO PIANI INDUSTRIALI CHE PERMETTANO LA RICONVERSIONE INDUSTRIALE E LA TENUTA OCCUPAZIONALE”


     
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    Paolo Baroni per La Stampa

    filiera automotive filiera automotive

     

    Sono 107 i tavoli di crisi aperti nel settore metalmeccanico: 51 nazionali gestiti dal Mise e 56 regionali. E sono oltre 54.700 i posti di lavoro a rischio. Quattro i settori più esposti secondo l’ultimo report delle tute blu della Cisl: siderurgia, automotive, elettrodomestico ed aeronautica. 

     

    Un quinto delle crisi (22) è localizzata in Campania, a seguire Lombardia (17), Abruzzo con 9, Emilia Romagna e Veneto con 7 a testa. «Pur dentro una robusta ripresa, molto importante nel 2021 – spiega il segretario generale della Fim Cisl, Roberto Benaglia – il settore continua a ristrutturare». 

     

    ilva ilva

    Le crisi storiche 

    Alle crisi storiche come ex-Ilva, Blutec, Piombino JSW (exLucchini), Whirlpool, Bekaert, Industria Italiana Autobus, Ex Alcoa, ecc., che si trascinano da anni, nella seconda metà dell’anno si sono aggiunte altre vertenze salite alla ribalta mediatica, la Gianetti Ruote e la Gkn entrambe legate alla filiera dell’automotive e da ultimo l’ex Saeco di Gaggio Montano, la Speedline di Venezia e la Caterpillar di Jesi che hanno annunciato di delocalizzare le loro produzioni. 

    gkn di firenze gkn di firenze

     

    Solo per Gkn, dopo tante tribolazioni, si profila una soluzione: dopo il passaggio al Gruppo Borgomeo – è stato spiegato al tavolo convocato ieri al Mise - ci sono già tre proposte in campo (due industriali e una finanziaria) per la riconversione del sito, mentre per i 400 dipendenti da gennaio scatta la cassa integrazione. A gennaio le manifestazioni di interesse e poi a marzo l’offerta vincolante, puntando a definire entro agosto il passaggio del ramo d’azienda. 

    fabbrica di automobili. fabbrica di automobili.

     

    AUTOMOTIVE E SETTORE AVIO 

    Poi ci sono le crisi legate ai cambiamenti e alle transizioni tecnologiche che alcuni importanti settori metalmeccanici stanno attraversando, a partire dal settore dell’automotive (dai 620 esuberi della Bosch all’ex Om, ai quasi 8000 in cig alla Fca tra Cassino e Pomigliano) quelle strettamente legate alla crisi Covid, come il settore dell’aeronautica in sofferenza per il calo del traffico aereo: 1090 in cig all’Avio Aero e Leonardo che ha fatto ricorso al fondo nuove competenze per 4500 addetti. 

     

    STABILIMENTO SARAS STABILIMENTO SARAS

    INDOTTO PETROLIFERO 

    Da ultimo, va registrata anche una situazione diffusa di crisi delle aziende metalmeccaniche legate all’indotto petrolifero, in particolare in Sicilia per quanto riguarda il polo chimico di Priolo/Augusta (dove sono fallite 4 aziende, per un totale di 439 addetti) e in Sardegna nella raffineria Saras di Sarlux (Cagliari) dove sono in cassa 1.300 lavoratori delle imprese collegate.

     

    transizione ecologica transizione ecologica

     Oltre alle 107 crisi che riguardano le aziende più grandi, c’è poi tutta una serie di imprese attorno ai 15/20 dipendenti per le quali non sono aperti tavoli regionali o ministeriali e che sono quelle che stanno maggiormente accusando la crisi. 

     

    Prospettive? «Noi vediamo due importanti campi difficili e significativi per l’avvio del 2022 - risponde Benaglia -. Uno è senza dubbio quello dell’automotive, un settore che più di tutti gli altri rischia di aumentare i casi di ristrutturazione e utilizzo degli ammortizzatori se non addirittura di scelte di abbandono industriale, e questo sia a fronte del grave calo del mercato che della transizione ecologica che comincia a far cambiare scelte industriali e occupazionali». 

    transizione ecologica transizione ecologica

     

    E poi c’è il rischio «paradossale» che la ripresa in atto «venga abbattuta dall’aumento delle materie prime e dai costi vertiginosi dell’energia che stanno diventando insostenibili soprattutto per settori primari fortemente energivori come la siderurgia». 

     

    Per il segretario della Fim Cisl nel primo caso, visto che «è in gioco la crescita del settore manifatturierio italiano», «è urgente avviare un confronto con Federmeccanica e col Governo per dar vita, come in Francia e Germania, a piani industriali tripartiti che traccino le linee di sostegno al settore e investimenti che permettano la riconversione industriale e la tenuta occupazionale». 

     

    AUMENTANO I PREZZI DELLE MATERIE PRIME AUMENTANO I PREZZI DELLE MATERIE PRIME

    Nel secondo caso, occorre invece «calmierare e redistribuire gli extra profitti che stanno avendo le imprese di produzione e gestione dell’energia e dall’altro intervenire soprattutto con ulteriori sostegni per evitare di avere aziende con tanti ordini ma che devono mettere in cassa integrazione i lavoratori perché più si produce e più si rischia di perdere soldi. 

     

    Si tratta – conclude Benaglia - di aspetti in questo momento centrali e delicati che richiedono risposte urgenti a partire già dai prossimi giorni». — 

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