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    2019: ODISSEA IN EUROPA – DA QUI A UNA MANCIATA DI SETTIMANE CI ASPETTA LA BREXIT. POI CI SONO LE ELEZIONI EUROPEE CHE POTREBBERO SANCIRE L’ARRIVO DELL’ONDATA POPULISTA A BRUXELLES – SENZA DIMENTICARE CHE A FINE OTTOBRE FINISCE IL MANDATO DI MARIO DRAGHI COME PRESIDENTE DELLA BCE, E IL SUO SUCCESSORE POTREBBE ESSERE UN FALCO DEL RIGORE…


     
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    brexit brexit

    Antonio Grizzuti per “la Verità”

     

    Quello appena iniziato sarà un anno fitto di appuntamenti decisivi per le istituzioni europee. Neanche il tempo di spegnere le candeline per il ventesimo compleanno dell' euro che all' orizzonte già si stagliano importanti sfide in grado di condizionare il futuro dell' Unione, se non addirittura la sua stessa sopravvivenza. L' esito delle incombenze in agenda per il 2019 rischia di provocare un vero e proprio terremoto politico dalle parti di Bruxelles.

    THERESA MAY THERESA MAY

     

    Da qui a una manciata di settimane ci aspetta la Brexit, fissata ufficialmente per il 29 marzo. In realtà, stando alle parole del ministro britannico del Commercio internazionale, il conservatore Liam Fox, nel caso in cui il Parlamento britannico respingesse il deal proposto da Theresa May, le probabilità dell' effettiva uscita del Regno Unito si ridurrebbero al 50%.

     

    La vera scadenza cruciale, in ogni caso, è rappresentata dalla elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, in programma nei giorni tra il 23 e il 26 maggio (in Italia si voterà solo domenica 26 maggio). Gli elettori dell' Unione sono chiamati a eleggere i 705 deputati che formeranno l' assemblea della IX legislatura continentale. Per ciò che concerne il nostro Paese, i deputati eletti saranno 76, scelti attraverso un meccanismo proporzionale con soglia di sbarramento al 4% e la possibilità di indicare un massimo di tre preferenze.

    parlamento europeo parlamento europeo

     

    Se l' ultima sessione del Parlamento è prevista per il 18 aprile prossimo, la campagna elettorale dovrebbe partire a fine marzo, per poi entrare nel vivo a partire dal mese successivo. In realtà, già dalla fine del 2018 i partiti europei si sono messi al lavoro per individuare gli Spitzenkandidaten (o candidati «lead»), vale a dire l' esponente candidato a ricoprire la carica di presidente della Commissione europea in caso di vittoria elettorale. Su questo versante, per le principali formazioni politiche la partita è già chiusa.

     

    manfred weber manfred weber

    Nel congresso svoltosi a novembre, il Partito popolare europeo (Ppe) ha designato per questo ruolo il tedesco Manfred Weber, mentre il Partito socialista (S&D) ha scelto l' olandese Franz Timmermans, attuale vicepresidente della Commissione. Pratica definita anche per i Conservatori e riformisti (Ecr), con il ceco Jan Zahardil, e per i Verdi (Egp), con il ticket formato dalla tedesca Ska Keller e dall' olandese Bas Eickhout, mentre i liberali dell' Alde hanno individuato una rosa di nove nomi.

     

    Rimangono ancora scoperti i posti per l' Europa delle nazioni e delle libertà (Enl), nel quale attualmente siede la manciata di leghisti eletti nel 2014, e per l' Europa della libertà e della democrazia diretta (Efdd), attuale casa del Movimento 5 stelle. Questo partito è destinato con tutta probabilità a dissolversi, dal momento che il suo maggiore azionista, l' Ukip di Nigel Farage, non entrerà nel nuovo Parlamento a seguito della Brexit.

    MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE MATTEO SALVINI LUIGI DI MAIO GIUSEPPE CONTE

     

    Ancora incerta la direzione che prenderanno i partiti nostrani. Remota la possibilità che le due forze di governo, Lega e Movimento 5 stelle, decidano di correre appaiate. Per il Carroccio c' è la «tentazione Ppe», come riferiscono alla Verità voci ben informate da Bruxelles particolarmente gradita a Weber, il quale acquisterebbe così un pezzo da novanta (la Lega, appunto), potendo già contare sulla presenza del premier ungherese Viktor Orban.

     

    salvini salvini

    Si tratta, però, di un incastro che fa storcere il naso ai puristi. Non bisogna dimenticare, infatti, che i popolari rimangono pur sempre un partito fortemente europeista e antipopulista. Senza contare che la presenza di Forza Italia, dalle parti di via Bellerio, costituisce un valido deterrente. L' alternativa per Matteo Salvini è quella di correre da solo, e concedersi il lusso di rimanere all' opposizione dei poteri forti continentali. Tramontato (almeno pare) il contenitore macroniano e archiviata l' adesione all' Alde, resta ancora tutta da definire la posizione dei pentastellati. A disposizione dei partiti rimane comunque ancora un discreto margine.

     

    matteo salvini luigi di maio matteo salvini luigi di maio

    La norma prevede infatti che i simboli possano essere depositati quarantanove giorni prima delle elezioni (dunque il 7 aprile) e i candidati con quaranta giorni d' anticipo (16 aprile). Sullo sfondo, due temi di portata rilevante. Uno riguarda tutti gli Stati membri, e si tratta del budget dell' Ue relativo al settennato 2021-2027. La Commissione punta a tutti i costi a chiudere le trattative, iniziate lo scorso anno, entro la scadenza elettorale.

     

    La scusa ufficiale è quella che un rinvio alla seconda parte del 2019 rischierebbe, visti i tempi della burocrazia europea, di non garantire più l' approvazione in tempo utile. In realtà, l' obiettivo della Commissione è tenere alta la posta fino alla vigilia del voto, specie per quei Paesi che risultano percettori netti (ad esempio, quelli del blocco orientale).

     

    conte juncker 1 conte juncker 1

    Due date da segnare sul calendario: il Consiglio europeo del 21 e 22 marzo e la riunione dei leader europei del 9 maggio a Sibiu, in Romania (che da gennaio regge il timone del semestre europeo). Le dichiarazioni rilasciate alla Verità dal sottosegretario agli Affari europei, Luciano Barra Caracciolo, dimostrano che nulla è scontato. «Davanti a un bilancio che, per decenni, ha costantemente enunciato titoli e obiettivi altisonanti, ma non realizzati», così il braccio destro di Paolo Savona nell' intervista pubblicata il 31 dicembre, «porre un veto - rammentando che siamo uno dei principali contribuenti netti - diventa un modo serio e legale, cioè conforme a e non violativo dei trattati, per ridiscutere l' assetto europeo, per far emergere il non detto, per capire dove si vuole andare nel plasmare la convivenza sociale e il benessere effettivo per le popolazioni coinvolte».

     

    MOSCOVICI E DOMBROVSKIS BOCCIANO LA MANOVRA ITALIANA MOSCOVICI E DOMBROVSKIS BOCCIANO LA MANOVRA ITALIANA

    L' altra deadline, ovvero la pubblicazione delle previsioni economiche di primavera (di solito i primi di maggio), interessa in particolare l' Italia. Nella lettera della Commissione del 19 dicembre scorso, pur scongiurando l' apertura della procedura di infrazione, Pierre Moscovici, Valdis Dombrovskis e Jean-Claude Juncker si sono premurati di specificare che Bruxelles «continuerà a monitorare gli sviluppi del bilancio italiano, e in particolare quello del 2019, nel contesto del semestre europeo».

     

    20 anni di euro draghi moscovici dombrovskis 20 anni di euro draghi moscovici dombrovskis

    Una postilla non da poco, anche perché il mandato dell' attuale Commissione in realtà scade il 31 ottobre 2019. Il nuovo presidente, infatti, verrà eletto dal Parlamento a luglio, ma la nuova squadra inizierà a lavorare solo da novembre. Sulla carta, dunque, Juncker e sodali saranno liberi di punire l' Italia fino a quella data.

     

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    Sempre a fine ottobre è prevista la fine del mandato di Mario Draghi in qualità di presidente della Banca centrale europea. Da qualche mese a questa parte, Bloomberg stila un borsino con le quotazioni dei possibili successori. La terna di favoriti, ad oggi, è costituita dal finlandese Erkki Liikanen e dai francesi Francois Villeroy de Galhau e Benoit Coure.

     

    Più indietro il tedesco Jens Weidmann, la francese Christine Lagarde (capo del Fmi) e l' attuale direttore del Meccanismo europeo di stabilità, il tedesco Klaus Regling. Se il nome del futuro governatore è ancora avvolto nel mistero, una cosa è certa: dalla fine dell' anno la politica monetaria accomodante di Draghi, già fortemente attenuata dalle ultime decisioni del Board, sarà solo un lontano ricordo.

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