Giuseppe Sarcina per il “Corriere della Sera”
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Il diritto di aborto non sarà più garantito a tutte le donne americane. Ieri la Corte suprema ha cancellato la sentenza Roe v.Wade che dal 1973 assicurava la facoltà di scegliere se interrompere la gravidanza. È un passaggio epocale, un sisma giuridico, culturale, politico e, soprattutto sociale. L'America si prepara a vivere una nuova «Secessione», maturata sulla diversa interpretazione di uno dei diritti personali più delicati: la facoltà di decidere, oppure no, sulla propria maternità.
Nel giro di pochi giorni i 25,5 milioni di donne che vivono in 20 Stati perderanno la possibilità di rivolgersi a una struttura sanitaria anche in caso di una gravidanza indesiderata, perché seguita a uno stupro o a un incesto.
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Le manifestazioni Ieri, appena si è diffusa la notizia, intorno alle 10,30, gli attivisti delle due parti si sono radunati davanti all'imponente scalinata dell'edificio bianco, con le sue colonne i suoi capitelli grecizzanti, le statue e i simboli di un potere defilato, ma talvolta, come in questo caso, immenso. Il movimento «pro life» con i cartelli stampati, gli slogan inneggianti alla «sacralità» della vita, le preghiere. E le organizzazioni «pro choice», donne e ragazze, con un sentimento impastato di rabbia, indignazione, incredulità. Tra le più scatenate, megafono tra le mani, la deputata della sinistra democratica Alexandria Ocasio Cortez.
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È l'immagine più viva e più chiara di un Paese lacerato anche da questa sentenza. La Corte ha deciso con una maggioranza netta: 6 togati contro tre. Ha prevalso, com' era nelle attese, il blocco conservatore formato da Samuel Alito, giudice cattolico del New Jersey, che ha scritto il parere vincente fatto filtrare già il 6 maggio scorso.
Con lui si sono schierati Clarence Thomas e i tre nuovi arrivati Neil Gorsuch, Brett Kavanaugh, Amy Coney Barrett. Le toghe nominate da Donald Trump. Ha votato a favore anche il presidente John G. Roberts, che ha aggiunto: «avrei preferito un approccio più moderato». Si sono schierati contro i giudici scelti da presidenti democratici: Sonia Sotomayor, Elena Kagan, Stephen Breyer, che si ritirerà tra breve.
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Il ricorso L'esame della Corte aveva preso le mosse lo scorso autunno dalla causa costituzionale intentata dalla «Jackson Women's Health Organization» contro la legge varata nel 2018 dal parlamento del Mississippi, controllato dai repubblicani. La norma vieta il ricorso all'aborto dopo la quindicesima settimana di gravidanza, sfidando l'altra sentenza cardine in materia: la Planned Parenthood v. Case y del 1992 che considera l'aborto praticabile fino quando il feto non sia autosufficiente, cioè fino a circa sette mesi di gravidanza. Fino a ieri la base giuridica sembrava solida: il 14° Emendamento della Costituzione, che assicura ai cittadini le libertà politiche e civili.
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Ma il giudice Alito scrive nel suo parere, poi confluito nella sentenza: «Quella regola è stata introdotta in un'epoca (1868, ndr ) in cui neanche si discuteva di aborto». Conclusione: non c'è alcun fondamento costituzionale per garantire su tutto il territorio nazionale il diritto di scelta in tema di gravidanza. Conseguenza immediata: la parola torna ai cittadini e ai loro rappresentanti locali, «saranno i singoli Stati a legiferare in materia».
Le nuove leggi Nel Sud-Ovest del Paese, dalla Louisiana al Texas, e l'estremo Nord-Ovest, dal Idaho al Montana, le nuove leggi sono pronte da mesi.
Si aspettava solo il via libera (il «trigger») della Corte di Washington. La Nazione si spacca seguendo le linee della geopolitica. L'aborto sarà ancora garantito e protetto sulle due coste, nel complesso sono 21 Stati in cui vivono 26,5 milioni di donne, dalla California a New York. Le reazioni Per i progressisti è comunque un trauma profondo. E non bastano le parole di Joe Biden per risalire dal pozzo.
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Il presidente americano è apparso indignato davanti alle telecamere: «È un giorno triste per la Corte e per il Paese; si torna indietro di 150 anni; ora è a rischio la salute di tante donne». Ma Biden è sembrato, ancora una volta, politicamente disarmato: «Non ho i poteri per rovesciare questa situazione. E in Congresso non ci sono neanche i numeri per una legge federale». Nel frattempo, aggiunge il presidente, «l'amministrazione farà il possibile per aiutare le donne». Per esempio, mettendo a disposizione le poche strutture sanitarie di proprietà federale nei territori anti abortisti. Oppure proteggendo le persone che si metteranno in viaggio verso gli Stati «aperti».
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LA SFIDA ALLE URNE
Non c'è molto altro che la Casa Bianca possa fare, se non provare a mobilitare l'elettorato democratico in vista delle elezioni di midterm di novembre. Biden, come aveva fatto poco prima la speaker Nancy Pelosi, invita gli americani «a eleggere più senatori e più deputati in favore del diritto di scelta».
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Nell'altro campo l'atmosfera è chiaramente diversa. Il Movimento per la Vita coglie un successo preparato da anni di lavoro sul campo e di costante pressione politica sul partito repubblicano. E Donald Trump? In mattinata gira un'indiscrezione: «non è cosa buona per noi» avrebbe detto l'ex presidente, forse temendo davvero un aumento dell'afflusso alle urne. Poi, però, parlando con Fox News , Trump, prima si dichiara «orgoglioso» per aver nominato i tre giudici che hanno capovolto cinquant' anni di giurisprudenza. Poi invoca l'intervento della Provvidenza: «Questa sentenza è voluta da Dio».
Recinzioni intorno alla Corte Suprema Proteste per la decisione della Corte suprema su aborto 2 Proteste per la decisione della Corte suprema su aborto Il diritto all aborto nei vari Stati I giudici della Corte Suprema