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    PATTI CHIARI – 25 SOCIETÀ DI CAPITALI, 3 RESORT, UN GOLF CLUB: ECCO TUTTI I BENI SEQUESTRATI AGLI EREDI DELL’EX PATRON DI VALTUR NELLA CONFISCA PIÙ GRANDE DI SEMPRE NELLA STORIA DELL'ANTIMAFIA  - DA MURATORE A MILIONARIO: ECCO COME CARMELO PATTI HA COSTRUITO IL SUO IMPERO


     
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    1 - SEQUESTRATO L' IMPERO DELL' EX PATRON VALTUR IMMOBILI E TERRENI PER UN MILIARDO E MEZZO

    Rino Giacalone per “la Stampa”

     

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    Era l' uomo tra i più ricchi d' Italia, ma tra i grandi finanzieri e imprenditori, c' era riuscito grazie al rapporto di dare e avere con Cosa nostra. A leggere le 500 pagine del decreto di confisca scritto dal Tribunale di Trapani, di mezzo ci sono i rapporti stretti con la mafia siciliana e con la cosca del suo paese, Castelvetrano.

     

    Contatti stretti da Bernardo Provenzano ai famigerati Messina Denaro, Ciccio, morto nel 98 e Matteo, latitante dal '93. Questo era Carmelo Patti, cavaliere del lavoro, morto nel 2016 quando da quattro anni era già in corso il procedimento che adesso si è concluso con confisca di beni per 1 miliardo e mezzo.

     

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    Ai suoi eredi è stato sottratto denaro liquido per 40 milioni di euro, assieme a società, villaggi turistici, immobili e un antico veliero di 21 metri.Un lungo elenco, 25 società di capitali , 3 resort, un Golf Club, 400 ettari di terreno, tra Robbio (Pavia), la provincia di Trapani, le Egadi, Isola di Capo Rizzuto, Castelgandolfo, Ragusa e Benevento. La maggiore confisca in assoluto in questi anni di caccia ai patrimoni mafiosi o controllati da boss come il latitante Matteo Messina Denaro. La Dda di Palermo ha sviluppato un' indagine che ha svelato come Patti è diventato il tycoon ammirato e corteggiato da politici e imprenditori.

     

    MATTEO MESSINA DENARO MATTEO MESSINA DENARO

    Indagini cominciate negli Anni 90 quando Patti finì sotto inchiesta a Marsala per fatture false e truffa. Il cavaliere ne uscì indenne, ma da allora gli investigatori cominciarono ad annotare i nomi dei personaggi risultati vicini quanto a lui che a Matteo Messina Denaro, a cominciare dal commercialista - cognato del boss - Michele Alagna che frequentava a nome di Patti le grandi banche, per continuare con Paolo Forte, il figlioccio del capo mafia, o ancora l' imprenditore Sarino Cascio o il sindacalista ed ex politico del Pdl Santo Sacco che faceva da postino al latitante.

     

     Rapporti che Patti teneva in piedi dentro le sue aziende a cominciare dalla Cablesud. Col cablaggio Patti per un periodo fatturava 400 miliardi di lire all' anno, una parte dei proventi sono stati rintracciati nei conti correnti personali di questi uomini d' onore.

     

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    Senza alcuna giustificazione plausibile. «I soldi alla mafia arrivavano attraverso fatture false ed evasione, una maniera con la quale Cosa nostra ha saputo arricchirsi» ha detto ieri il direttore della Dia Giuseppe Governale. Il racconto dei pentiti ha dato ulteriore contenuto al quadro d' accusa. Angelo Siino ha svelato il rapporto stretto con don Ciccio Messina Denaro che andava dicendo nei summit come Carmelo Patti «era in grado di fare tante cose buone» o ancora l' ex capo mafia di Caccamo che fu rimproverato da Bernardo Provenzano per via di una frase pronunciata nei confronti di Patti, questo, gli disse don Binnu, «è nelle nostre mani».

     

    2 – L' INCREDIBILE ASCESA DI PATTI DA MURATORE A MILIONARIO MORTO DA INCENSURATO

    Riccardo Arena per “la Stampa”

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    Il sogno americano del cavaliere Carmelo Patti fu in realtà un sogno tutto italiano, ma guastato, inquinato, infestato dalla mafia siciliana. Scrivono in una nota gli avvocati degli eredi del cavaliere che quel muratore ed elettricista partito da Castelvetrano negli Anni 50, quando il paese in provincia di Trapani non aveva ancora dato i natali a Matteo Messina Denaro, partecipò e fu un «protagonista del risveglio economico del Paese».

     

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    Grazie agli anni del boom, partendo da una modestissima licenza elementare, creò lo sterminato patrimonio ieri confiscato dalla Dia, non furono affatto rose e fiori, perlomeno all' inizio. Scriveva Patti nel 1961, quando aveva 26 anni e vendeva tessuti girando per case e mercatini di Robbio, il paese in provincia di Pavia in cui si era trasferito, di non poter scendere in Sicilia perché non aveva un soldo, né lui né il padre. La cancelleria fallimentare della Corte di appello di Palermo gli aveva inviato la convocazione, ma lui rispondeva umilmente in una lettera di non farcela: «Ci hanno pignorato pure quei quattro pezzi di mobilio che avevamo».

     

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    Poi tutto cambiò, il sogno si fece più concreto con la creazione di un' azienda, inizialmente di piccole dimensioni, la Cablelettra: sfruttando la propria esperienza di elettricista, Patti iniziò a produrre componenti elettriche generali per automobili ed era riuscito a entrare in rapporti con la Fiat, anche attraverso un' altra sua creatura, la Cable Sud.

     

    Il fiuto imprenditoriale e degli affari viene unanimemente riconosciuto sia dal direttore della Dia, Giuseppe Governale, che dai pm della Dda di Palermo. Solo che il sistema diventò particolarmente lucroso, per l' imprenditore, grazie alla creazione di una rete di aziende e sottoaziende che, dalla provincia di Trapani, fornivano alla società madre, la Cablelettra, e alla Cable Sud singole parti da assemblare.

     

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    Un modo per sfruttare le agevolazioni fiscali spettanti alle piccole aziende e per emettere fatture gonfiate in favore della Cable Sud, per farle versare meno Iva. Fu quello il primo contatto con la mafia, dato che quelle società appartenevano, direttamente o attraverso prestanome, a uomini di mafia o vicini a Cosa nostra. E fu grazie a loro che l' ex venditore e i tessuti di Castelvetrano accumulò quello che oggi si definirebbe un tesoretto. Negli Anni 70 in una sala da barba del paese, l' incontro con il commercialista Michele Alagna, la cui sorella minore, Franca, è la madre della figlia ventiduenne del superlatitante Matteo Messina Denaro.

     

    L' espansione al settore turistico-alberghiero fu ispirata da Alagna e il legame di «affinità» del consigliere di Patti con l' ultimo vero latitante di Cosa nostra segna la pesante ipoteca su tutta l' attività del cavaliere, da quel momento in poi. Nel '97 la scalata e l' acquisizione della Valtur, successivamente fallita. L' anno dopo, nel 1998, il villaggio di Favignana Punta Fanfalo, che interessava anche all' ex presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, fu acquisito da una ragazza all' epoca di 21 anni, una sconosciuta di Castelvetrano. Dietro di lei ancora lui, Patti.

    CARMELO PATTI CARMELO PATTI

     

    Poi cominciò il declino, lento, irreversibile. Arrivarono le accuse dei pentiti, di Nino Giuffrè e di Angelo Siino, in particolare, che parlò di mafia e massoneria. Accuse che non bastarono a far condannare il cavaliere venuto dal nulla e nemmeno a fargli un processo, perché la stessa Procura antimafia di Palermo chiese e ottenne l' archiviazione delle contestazioni di mafia. La stessa condanna per evasione fiscale fu poi cancellata dalla Corte d' Appello.

     

    Patti morì a gennaio 2016, da perfetto incensurato. I suoi legali oggi invocano l' intervento della corte europea dei diritti dell' uomo.

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