arancia meccanica
Gianfranco Marrone per “La Stampa”
Un'opera che contiene teorie è come un regalo col cartellino del prezzo? Lo pensava Marcel Proust, è noto, e come ipotesi sembra convincente. Ma non vale in generale: almeno a considerare, a 60 anni dalla sua prima pubblicazione, quel bellissimo romanzo a tesi che è Arancia meccanica di Anthony Burgess, testo «maudit» che Stanley Kubrick, trasponendolo al cinema, ha reso arcifamoso.
A rileggerlo oggi questo libro, al tempo stesso cocciuto e visionario, ultraviolento e insieme buonista, distopia zoppicante e strisciante trattato d'etica cattolica (agostiniana, a esser precisi), non ha perduto nulla del suo smalto; anzi, forse, grazie alla maestria linguistica del suo autore e al tono fortemente corrosivo che lo contraddistingue, ne ha acquisito di nuovo. Sconvolge più d'allora: per le teorie che contiene, per il modo in cui lo fa.
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L'occasione per ripensarlo è data dall'uscita di nuova edizione annotata del romanzo, per la cura di Andrew Biswell, che lo ha arricchito, oltre che di un'introduzione di Martin Amis, di una ricca appendice di testi dello stesso Burgess (fra cui alcune pagine del dattiloscritto originale accompagnate da una serie di schizzi dell'autore) e di un divertente glossario finale - che elenca e definisce i termini del cosiddetto «nadsat», il finto gergo giovanile parlato dal protagonista del libro e dai membri della sua banda.
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La versione italiana, appena uscita da Einaudi, presenta fra l'altro una nuova traduzione, per opera di Marco Rossari, che sostituisce quella, ormai epica, di Floriana Bossi dei primi Anni 70. Impresa titanica e, a conti fatti, perfettamente riuscita. Nel 1960 a Anthony Burgess viene diagnosticato un tumore al cervello. È un errore, ma lui non lo sa; e, volendo lasciare qualcosa alla moglie, si mette a scrivere di getto diverse cose, tra cui, appunto, questo libro che, non senza umor nero, raccontava di un lavaggio del cervello. Un caso? Forse, ma nemmeno tanto casuale.
arancia meccanica
Di cervelli pilotati e manipolazione delle coscienze in quel periodo si parlava parecchio. Pavlov in Urss e Skinner negli Usa moltiplicavano i loro esperimenti sulle predeterminazioni del comportamento animale, e alcuni governi, da entrambi i lati della Cortina di ferro, stavano ipotizzando di usarli come tecnica per la redenzione dei criminali (comuni, se non politici).
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La questione era stata ripresa da diverse distopie fantascientifiche (basti pensare a Huxley e a Orwell) che ne esibivano i mali conseguenti. Burgess, fervido sostenitore del libero arbitrio, decide di dire la sua, raccontando di un ragazzo cattivissimo che, sottoposto a questo genere di trattamenti, soffre maledettamente. Occorreva mettere in gioco un vero cattivo per capire quanto quegli esperimenti comportamentisti fossero cattivi con lui: a prendere un brav' uomo sarebbe stato troppo facile, e di poco impatto argomentativo.
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Da qui la figura ormai leggendaria di Alex, quindicenne sociopatico, irriverente, sfacciato, sogghignante (che tutti ricordano nella straordinaria interpretazione cinematografica di Malcom McDowell), che con la sua banda di «drughi», dopo aver assunto generosi dosi di anfetamina mescolata al latte, passa le notti a picchiare anziani e malcapitati vari, a violentare e uccidere, lottando al coltello con le bande rivali (era il periodo dei Mods e dei Rockers) e, tornando a casa, ad ascoltare beatamente i maestri della migliore musica classica.
Che l'arte non educasse l'uomo al bene (come sostenevano i romantici alla Schiller) lo avevano già indirettamente dimostrato gli aguzzini nazisti che ascoltavano Beethoven durante le torture nei campi di sterminio. Alex è al tempo stesso un dandy e un criminale, uno per cui la violenza non ha scopo, non serve per arricchirsi o altro, ma è puro esercizio formale, sfogo adolescenziale elevato a opera d'arte.
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Ed è così che, quando litiga coi suoi che vorrebbero far fruttare le notti brave, viene tradito e consegnato alla galera dove, dopo due anni di patimenti, viene sottoposto alla «Cura Ludovico» (altro umor nero) e condizionato a non poter commettere più violenze (né, per una svista dell'operatore, ad ascoltare musica). Il carnefice diviene così una vittima, una mammoletta suo malgrado, ed ecco che mezzo mondo si diverte a fargli le peggiori angherie, a ridurlo uno straccio, al punto da indurlo al suicidio. Alex, alla fine, se la caverà e, miracolosamente, diverrà buono per convinzione personale.
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Mentre Burgess, dal canto suo, avrà ben dimostrato la sua tesi teologica di fondo: l'uomo nasce cattivo, per peccato originale, e solo da sé stesso, grazie al suo connaturato libero arbitrio, potrà decidere se diventare buono o meno. Detto meglio: le arance non possono meccanizzarsi più di tanto e, anzi, quando le si riempie artificiosamente d'altro, rivendicano il loro essere organismo naturale, la consistenza ambivalente, troppo umana, del comune essere vivente.
anthony burgess 4 i drughi di arancia meccanica kubrick e alex in arancia meccanica IL SET DI ARANCIA MECCANICA ARANCIA MECCANICA STANLEY KUBRICK SUL SET DI ARANCIA MECCANICA pene arancia meccanica poster di arancia meccanica poster originale di arancia meccanica ARANCIA MECCANICA arancia meccanica 1 arancia meccanica ARANCIA MECCANICA arancia meccanica 2 anthony burgess 5 a clockwork condition il seguito di arancia meccanica arancia meccanica 3 anthony burgess 3