• Dagospia

    VOGLIO LA VAGINA! - LA STORIA DI SAMANTHA ALLEN, TRANSGENDER CHE HA LANCIATO LA CAMPAGNA DI CROWDFUNDING PER FINANZIARSI L’INTERVENTO AI GENITALI E IN 24 ORE HA RACCOLTO 8 MILA DOLLARI - INTERNET L’AVEVA DISTRUTTA E INTERNET L’HA RICREATA (CON L’AIUTO DI SUA MOGLIE)


     
    Guarda la fotogallery

    da www.salon.com

    di Samantha Allen

    Sono abituata ad essere odiata da internet. Sono stata chiamata con qualsiasi termine anti-donna, anti-gay, anti-transgender. Ho ricevuto centinaia di e-mail in cui mi si diceva che sono una disgrazia per la comunità. Sono state twittate mie foto con una svastica in fronte, sono stata minacciata di morte. Così, se l'anno scorso mi aveste detto che un giorno proprio internet avrebbe sostenuto la mia operazione, vi avrei riso in faccia.

    Samantha Allen jpegSamantha Allen jpeg

    Ero già circondata da persone che mi aiutavano. Amici, e una incredibile moglie che non mi vede come una transgender ma come una donna, punto e basta. Credevo di potermi permettere da sola "la transizione". Poi ho visto i prezzi: una nuova vagina costava 20.000 dollari. Probabilmente li vale, dopotutto è la cosa più bella al mondo. Ma io quei 20.00 dollari non ce li avevo. La mia assicurazione avrebbe coperto solo una parte delle spese.

    Dovevo pagare almeno altri 8.000 dollari per l'intervento e la degenza in ospedale. Ho uno stipendio, ma mi basta giusto a vivere. Non mi fa risparmiare. Non tutti i transgender vogliono altri genitali. Io sì. Possedere il pene, per me, era una vergogna che mi soffocava. Io e mia moglie non riuscivamo a fare bene sesso, quando era incentrato su di me. Troppo imbarazzo, troppa goffaggine, troppe lacrime. Non potevo indossare i vestiti che volevo. L'idea di andare in spiaggia mi terrorizzava.

    Lentamente è affiorato il pensiero che potevo chiedere una colletta per coprire i costi della mia urgente transizione. Ho visto che il crowdfunding funzionava, così io e mia moglie
    abbiamo passato un intero pomeriggio di settembre a creare la mia campagna su "IndieGoGo". Ho scritto i dettagli della mia storia, più di quanto avessi mai fatto prima.

    Chiedere soldi è un atto di vulnerabilità e io volevo onorare quella vulnerabilità, rendendo pubblica per la prima volta la mia situazione. Non pensavo che avrei raggiunto l'obiettivo. Internet la mangia a colazione la gente come me.

    Invece. La prima volta che ho cliccato per vedere lo stato della pagina ho visto scritto
    500 dollari. Ho aggiornato ed erano 1.000. L'ho fatto di nuovo ed erano 1.500. Non potevo crederci. Alla fine del primo giorno c'erano 5.000 dollari in donazione. In meno di 24 ore avevo i soldi per la mia operazione.

    All'inizio sono tornata alla vita normale: il lavoro, mangiare, dormire. Poi ho realizzato che la mia esistenza stava finalmente per cambiare. E cambiava grazie alla generosità di perfetti estranei.

    L'attesa fino ad aprile è stata lunga. Ho cominciato anche ad avere paura di quella riconfigurazione del corpo, nonostante la desiderassi più di qualsiasi altra cosa. Avrei dovuto imparare di nuovo a fare sesso con mia moglie, ad accavallare le gambe, a camminare.

    Samantha Allen e amiciSamantha Allen e amici

    Ho compilato faldoni di scartoffie, incluso il consenso alla sterilizzazione dove mi si chiedeva se ero al corrente che avrebbero buttato i miei testicoli nel cestino. Ho messo la barra sul sì. La vita era più facile, ora che la mia anatomia aveva una data di scadenza. Dovevo solo aspettare. Ho aspettato per sette infiniti mesi.

    Il chirurgo mi spiegò che non si trattava di rifare tutto da capo, somigliava più a rimettere a posto "l'arredamento". Il clitoride? Ce lo avevo. La vagina? Lo spazio era lì. Le labbra? Nessun problema, avevo abbastanza pelle.

    La riassegnazione genitale non crea dal nulla, piuttosto modifica, sposta, risistema. Il giorno dell'operazione ero nervosa, eccitata, esausta, impaurita. Mia moglie mi teneva stretta la mano. Ci baciammo prima di andare sotto i ferri. L'anestesia mi lanciò nel buio e nell'incoscienza totale. Al risveglio, ancora intontita, twittai quattro parole " Io ho una vagina". Internet me l'aveva data e internet doveva essere il primo a saperlo.

    Ero così fasciata dalle garze che non sapevo cosa ci fosse esattamente lì sotto. Sapevo solo cosa non avevo più e tanto bastava a rendermi felice. Immaginate di avere attaccato al corpo, per trent'anni, un elemento invadente, alieno, indesiderato. Una volta tolto, la sensazione è di profonda calma.

    Tornata a casa, avevo ancora il catetere, la mia vagina era ancora impacchettata, non potevo camminare, al massimo deambulavo. In realtà non volevo vederla, temevo di restare delusa. Ma poi ho dovuto fare le medicazioni di routine, così ho preso uno specchio e l'ho guardata. Mi sono sentita bella. Per la prima volta ho amato il mio corpo per intero. Ho sentito il mio centro definito.

    Samantha sua moglie CoreySamantha sua moglie Corey

    In questo mondo fallocentrico siamo abituati a pensare alla vagina in termini quasi negativi. Io invece la fissavo meravigliata. La mia vagina. Queste parole suonano ancora estranee alle mie labbra. Il supporto dei 344 internauti donatori è inciso sulla mia carne. Grazie internet.

     

     

    Guarda la fotogallery


    ultimi Dagoreport