Mauro Zola per “la Stampa”
CAREGIVER
La risposta dell' Asl di Biella sui «furbetti del vaccino» non ha convinto il magistrato in pensione Antonio Rinaudo, responsabile dell' area giuridico amministrativa dell' Unità di Crisi del Piemonte, che ha inviato un esposto in Procura dando il via al caso giudiziario. «Ho trovato la relazione molto insoddisfacente», spiega Rinaudo, fautore della linea dura, anzi durissima contro i «furbetti». In un periodo in cui «è andato smarrito ogni senso di solidarietà» e in cui quella legata ai vaccini è diventata «una monetizzazione del potere».
I sessanta iscritti al registro degli indagati nel Biellese rappresentano il peggior caso tra quelli emersi in Piemonte.
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«Che per il resto conta su una casistica eccellente». Anche grazie a una politica di tolleranza zero. «Vengo considerato estremamente duro perché con me soltanto chi ha diritto può essere vaccinato, non concedo preferenze a nessuno.
Neanche in quelle situazioni borderline in cui sarebbe facilissimo dire sì. Invece serve rigore». E secondo Rinaudo resta ancora da esplorare la galassia del volontariato. «E' aumentato il numero dei volontari ma bisogna capire se l' hanno fatto per dare una mano o volevano soltanto inserirsi. Lo stesso per i caregiver. Tutti sono diventati caregiver, un disabile se ne ritrova una ventina».
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Se il giudizio dell' ex pm sull' operato dei dirigenti Asl è poco lusinghiero, questi puntano a farsi subito interrogare, con la speranza di uscire dall' indagine. «Una scelta doverosa sul piano etico - spiega il loro legale Domenico Duso -, in quanto funzionari pubblici». Fornisce una propria giustificazione anche l' indagato più noto, il direttore dell' Unione Industriale Pier Francesco Corcione, che si dice convinto di essere in regola e spiega di aver «ritenuto importante dare il buon esempio, perché considero il vaccinarsi un dovere sociale prima ancora che un diritto individuale».
Secondo la stessa Asl non avrebbe invece avuto alcun diritto il 9 gennaio, quando si vaccinò insieme alla commercialista Federica Casalvolone, all' imprenditore Matteo Tempia, all' avvocato Domenico Monteleone e a sua moglie Donatella Pelle: erano i primi giorni e le dosi Pfizer erano riservate ai sanitari. E poi scelse non l' ospedale, ma una piccola casa di riposo.