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(ANSA) - Dopo una multa ricevuta durante il primo lockdown nel suo locale, si lamentò su Facebook postando la foto del verbale e dei due vigili intervenuti e gli agenti della Municipale furono presi di mira da una serie di commenti e insulti da parte degli utenti. Due anni dopo, l'ex consigliere del Movimento 5 Stelle Giovanni Favia, ora ristoratore, rischia il processo per diffamazione: il Gip del tribunale di Bologna Roberta Malavasi ha infatti disposto per lui l'imputazione coatta, rigettando la richiesta di archiviazione della Procura.
giovanni favia e beppe grillo
Il fatto è del 7 maggio 2020, la querela dei due agenti della Municipale, assistiti dall'avvocato Fabio Chiarini, del 2 agosto dello stesso anno. L'intervento si concluse nel locale 'A Balus' di via del Borgo di San Pietro con una multa a Favia, che non indossava la mascherina.
Lo stesso giorno l'ex M5s pubblicò un post con la foto della multa, i nomi e l'immagine degli agenti. Secondo la querela, così facendo Favia li avrebbe esposti al pubblico ludibrio. Per il Gip, la scriminante del diritto sussiste per il post, ma non per i commenti "ai quali l'indagato non può ritenersi estraneo in quanto titolare e amministratore della pagina". Favia ne era consapevole, "non solo per averli lui stesso provocati, ma perché è intervenuto nel dibattito per chiedere ai suoi sostenitori di diffondere il più possibile la notizia dell'ingiustizia subita, senza minimamente censurare le gratuite e strabordanti manifestazioni di disprezzo nei confronti degli agenti".
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Il giudice assimila infatti il titolare di un profilo Facebook al blogger che "risponde del delitto di diffamazione per gli scritti pubblicati sul proprio sito da terzi quando, non venutone a conoscenza, non provveda alla loro rimozione". Ora la Procura dovrà formulare l'imputazione per diffamazione aggravata.
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