Ferruccio Pinotti per corriere.it
Oskar Kozlowski (l’assassino)
Oskar Kozlowski si è suicidato in carcere dov’era detenuto per l’omicidio di Maxim Zanella. La notizia è stata resa nota dal Corriere dell’Alto Adige. Il giovane bagnino era morto nel suo appartamento di Brunico la notte del 27 luglio dello scorso anno, ucciso da una coltellata infertagli con violenza da Kozlowski, che riteneva suo amico. Il giovane polacco, 23 anni, reo confesso del delitto, avrebbe più volte espresso l’intenzione di suicidarsi.
Ora il tragico epilogo. Il giovane di origine polacca, all’epoca dei fatti 23enne, aveva eliminato senza motivo l’amico del cuore durante un rito nero, lugubre, dentro una stanza illuminata da una sola candela. Era la sera del 27 luglio, a Brunico, nel cuore della Val Pusteria. Il sogno di Oskar Kozlowski, polacco, operaio in un colorificio, una passione esoterica e malata per il Diavolo, si era appena consumato.
«Ho sempre desiderato uccidere in questo modo»
«Non so perché l’ho fatto ma ho sempre desiderato uccidere qualcuno in questo modo», disse il ragazzo al pm Sara Rielli a proposito dell’omicidio del suo amico Maxim Zanella. Senza alcun pentimento: una freddezza che mise i brividi anche alle foze dell’ordine e alla magistratura. La pista del satanismo era fin da subito parsa quella più percorribile. Oskar, reo confesso, era ossessionato dalle forze oscure, tanto da tatuarsi il numero 666 sul gomito, praticarsi tagli alle braccia e pubblicare sui suoi social immagini di morte.
Maxim Zanella (la vittima)
I carabinieri del reparto indagini scientifiche, dopo il delitto, avevano trovato la candela e il teschio insaguinato usati per il rito a casa della vittima. Maxim Zanella, 30 anni, figlio adottivo del presidente provinciale del Club alpino italiano, un lavoro come bagnino nella piscina coperta del paese: lui, con Satana, non aveva mai avuto a che fare. Del suo assassino era semplicemente amico, erano vicini di casa e uscivano spesso insieme. E allora cos’era scattato quella sera in via dei Bastioni? Nella pagina Facebook del polacco c’eramo immagini di Lucifero, pentacoli, scheletri con la tiara da vescovo e facce di caproni malefici.
Il rito satanico
Oskar quella sera d’esatte ha convinto Zanella a partecipare a un rito satanico. Voleva invocare un demone. E Maxim, forse per curiosità, aveva messo a disposizione casa sua, senza sapere che proprio lì sarebbe morto dissanguato. Prima, qualche birretta bevuta insieme. Probabilmente il rito prevedeva che i due amici bagnassero il teschio con qualche goccia del proprio sangue. Poi, però, qualcosa nella mente di Oskar si è inceppato. Ha impugnato il coltello e ha colpito Maxim all’improvviso. La reazione dell’amico c’è stata: una colluttazione violenta per provare a salvare la pelle, ne sono seguite altre coltellate, letali, feroci, a lasciarlo in una pozza rossa. Infine, la confessione al pronto soccorso dove il giovanissimo discepolo di Satana si era presentato per farsi medicare il polso ferito per versare il sangue.
MAXIM ZANELLA 35
Si era liberato del cellulare e del coltello, lanciato in un torrente e mai più ritrovato. Si era parlato anche di un possibile regolamento di conti per un giro di droga ma le ulteriori confessioni di Kozlowski non lasciano pià spazio ad alcun dubbio. È stato un rito satanico, modalità che inquieta ancora di più perché riapre le porte di un mondo oscuro, sotterraneo, violento, sanguinario.
Il ritratto della vittima
Zanella, che lavorava come bagnino nella piscina coperta di Brunico, veniva descritto come un ragazzo tranquillo e lavoratore. «In passato aveva fatto qualche fesseria ma nulla di grave, un semplice oltraggio. Non credo avesse una doppia vita», racconta il padre, Carlo. «Il teschio lo aveva acquistato per gioco e le ossa le aveva trovate in un bosco» aggiunge. Il padre aveva sentito Maxim poco prima dell’omicidio. «Erano le dieci di sera e come ogni sera ci aveva dato la buona notte», aggiungeva Zanella.
«Ci mancherà il tuo sorriso» hanno scritto i colleghi sulla pagina facebook della «Cron4», la piscina in cui Maxim lavorava da diversi anni e dove avevano imparato ad apprezzarlo. Scossi i vicini di casa, che il mattino dopo il delitto si sono trovati di fronte a una scena surreale, con il sindaco di Brunico, Roland Griessmair, a dichiarare: «Questo delitto colpisce l’intera città. Brunico è una realtà piccola e tranquilla ed è chiaro che fatti del genere turbino un po’ tutti noi».
Due amici inquieti
MAXIM ZANELLA 33
Che però Oskar Kozlowski non fosse un tipo tranquillo era testimoniato da vari segnali: in una foto sui social il polacco, occhi azzurri stravolti, brandiva un tirapugni, strizzava l’occhio al diavolo postando pentacoli e croci rivoltate e inneggiava alla sigla ACAB (”all cops are bastards”): le stesse parole pronunciate davanti ai carabinieri al momento dell’arresto. Complesso anche il percorso di Maxim Zanella.
Nove anni più del suo killer, origine russe, era stato adottato dai genitori bolzanini nel 1998 insieme alla sorella Cristina. Oskar e Maxim, abitavano nello stesso edificio signorile che fa isolato perché affaccia su due vie parallele: via Passeggiata Gross Gerau e via Duca Sigismondo. Le comuni origini dell’Est e il percorso travagliato li avevano avvicinati, ma non solo.
Due anni prima del delitto fuori dalla discoteca Pukanaka di Brunico Maxim aveva aggredito a calci e pugni i carabinieri intervenuti per sedare una rissa. Aveva preso quattro mesi con la condizionale.
maxim zanella
Tuttavia lavorava sodo come bagnino, Zanella, alla piscina la Cron4 di Riscone. Kozlowski invece era magazziniere in un colorificio a Brunico. Sia vittima che assassino erano noti ai carabinieri della val Pusteria per eccesso di uso di alcol e sostanze stupefacenti. Due tipi a loro modo solitari. Zanella amava camminare nei boschi e raccogliere ossa animali: a casa gli inquirenti hanno trovato la testa di un caprone. Particolari che inizialmente, abbinati alla passione per Satana del killer, avevano dato adito a sospetti su possibili ma improbabili riti satanici alla base del movente
Omicidi in nome del Maligno e il telefono anti-sette
Quello di Brunico non è un caso isolato. Tutti ricordano le Bestie di Satana che tra il ‘98 e il 2004 si resero protagoniste di quattro morti accertate e 18 sospette. Omicidi e induzioni al suicidio. Erano in otto e uccidevano nei boschi del varesotto con pistole, coltelli e martelli.
maxim zanella
Si drogavano, spacciavano, mettevano in fila prove di coraggio, si infliggevano dolore fisico, seppellivano le vittime che ancora respiravano come Mariangela Pezzotta. Hanno fatto scuola. Non a caso dal 2002 esiste il telefono anti-sette, coordinato da don Aldo Bonaiuto della comunità Papa Giovanni XIII, che quattro anni più tardi inizia a collaborare con la Sas, la Squadra anti-sette della Polizia di Stato, per aiutare e sostenere le vittime.
A questo numero verde, in media, chiamano 15 persone al giorno. Ovvero circa 5.000 telefonate all’anno. A farla da padrone sono le psico-sette, cioè quelle realtà che usano tecniche di manipolazione mentale e adescamento promettendo di risolvere ogni problema della vita. Ma come funzione la linea telefonica diretta? Dopo una segnalazione, gli operatori cercano di incontrare la vittima. Faccia a faccia. Guardare negli occhi chi denuncia una setta è fondamentale. Poi si mette in moto la macchina degli aiuti seguendo tre filoni: quello spirituale, quello psichico e quello sociale.