Natalia Aspesi per “la Repubblica”
natalia aspesi
Il 15 giugno, dicono, si apriranno anche i cinema (e i musei) e mi immagino una folla di film tristemente accumulati in cantine, che ansimano, sgomitano, si fanno lo sgambetto per occupare per primi le sale invase da ragnatele però disinfettate. Più cauti forse gli spettatori, che pure pre-virus erano tornati a fare le code come ai tempi grandi dell' imperio cinematografico; però io sono ottimista, forse perché se posso sopravvivere dilettandomi di appassionanti serie in streaming, non potrei vivere senza film, che in ogni caso, se non vere porcherie, sono l' aristocrazia dello schermo, e intendo del grande grandissimo schermo.
Certo pur potendo tornare al cinema sia pure tre alla volta (ormai i cinema sono cinemini e c' è il distanziamento) mancherà il Film con la maiuscola cioè quello annualmente osannato a Cannes e dato contemporaneamente da noi: perché il Festival numero 73 come si sa è stato cancellato e la sola idea della malefica scalinata del Palais senza tappeto rosso e travestimenti da regina cattiva provoca qualche singhiozzo.
the square
Ma anche questo vuoto può essere l' occasione di nostalgie e riesami, e infatti tra i tanti streaming che gentilmente ci dilettano nella dura privazione, su Miocinema, piattaforma tanto coraggiosa da definirsi di cinema d' autore, hanno inserito una serie di Palme d' oro, certe meravigliose per sempre, come Il nastro bianco dell' austriaco Michael Haneke, altre per iniziati incontentabili come Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti del tailandese Apichatpong Weerasethakul.
Ho scelto subito una rarità, un film che fa sorridere e addirittura ridere, su una tragedia, quella della nostra contemporaneità quando tutto pareva perfetto e stiamo capendo invece che non lo era affatto: si intitola The Square , del regista svedese Ruben Östlung, e ha vinto la Palma d' oro nel 2017, quando presidente della giuria era Pedro Almodóvar. Trama: un importante museo d' arte contemporanea situato nell' ex palazzo reale di Stoccolma sta per inaugurare una mostra epocale, intitolata appunto Il quadrato. Il direttore del museo, un bell' uomo raffinato sui cinquantanni, viene rapinato di telefonino, portafoglio e gemelli.
the square
È per lui un' offesa troppo grande e trascurando il lavoro si mette alla ricerca del ladro, con conseguenze inimmaginabili. The square è l' installazione di una artista-psicologa argentina, in realtà opera di un operaio che copiando da un disegnino su carta, con pietre e neon ha segnato un quadrato 4x4 nella grande piazza antistante il museo. Il manufatto necessita di spiegazione e infatti una targa dice che al suo interno quello spazio è "un santuario di fiducia e ottimismo dove tutti hanno gli stessi diritti e doveri".
Il lancio è affidato a due videomaker, ovviamente giovani e severi: essendo il tema alquanto ipocrita (chi mai oggi anche nella democratica Svezia ha fiducia in qualcosa, soprattutto nella democrazia), bisognerà trovare immagini esplosive, il che avviene sul serio, diventando virali e suscitando indignazione. Il film da sorridente diventa disturbante se si presta attenzione alla verità dei suoi particolari: il grande artista anziano vestito di nero e con capelli bianchi a coda di cavallo che gira sempre con in braccio un neonato, le opere d' arte nei saloni vuoti di pubblico, la catasta di sedie musicali, i mucchietti di terra che l' uomo delle pulizie abbatte; il direttore che decide di dimettersi per sedare lo scandalo del video di lancio della mostra con piccina bionda più gattino che nel famoso quadrato salta per aria come un kamikaze, e affronta l' affollata conferenza stampa (che purtroppo pare una vera, per quel che mi ricordo) con i saputelli che vogliono sapere perché la bimba non è mora e virando tutto in politica demente.
the square
Svezia come il resto del mondo: mendicanti e senzatetto nelle strade che nessuno vede e a cui nessuno dà un euro, discorsi d' arte del tutto improvvisati, la paura dei protetti ad avvicinare gli esclusi, una scena di sesso memorabile tra il protagonista e l' intervistatrice impreparata e un po' MeToo (Elisabeth Moss, quella di Mad Men e di The Handmaid' s Tales ): i loro visi impassibili, silenzio assoluto, movimenti annoiati, un litigio su chi è il padrone del preservativo usato.
Claes Bang, geniale attore (e musicista) danese fa di Christian, il direttore, un personaggio fascinoso e odioso, fragile e presuntuoso, vendicativo e con sensi di colpa: ovviamente divorziato, due meravigliose figlioline per cui non ha tempo, immerse nella drammatica solitudine contemporanea dei bambini, dopo la notte di sesso non ricorda il nome della partner, vile, arriva ad aggredire un ragazzino sconosciuto e straniero in cerca di giustizia.
Natalia Aspesi
Eccoci al grande ricevimento dorato per sponsor e personalità del potere e il museo promuove una performance d' arte: arriva tra i tavoli imbanditi una specie di scimmione a torso nudo, che si muove saltellando a quattro zampe e grugnendo: gli ospiti ridono, si divertono, fino a quando l' artista Oleg (l' americano Terry Notary del Pianeta delle scimmie ) comincia a strafare, sale sui tavoli, tocca le signore: dall' imbarazzo alla paura, nessuno osa muoversi, gli uomini non reagiscono subito al grido di aiuto di una bella ragazza gettata a terra: ma quando lo fanno, diventano feroci, pronti ad ammazzare: una umanità sempre più disumana? Musica bellissima, Bach-Gounod reinventato da Yo-Yo Ma e da Bobby McFerrin. Un mondo antevirus crudele, classista che difende il privilegio contro tutti. E adesso?