Estratto dell'articolo di Emanuele Buzzi e Maria Teresa Meli per il “Corriere della Sera”
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L’avventura del campo-semilargo (Pd, M5S, Sinistra italiana) era iniziata sotto cattivi auspici. Mercoledì scorso, per andare a un comizio in quella regione Giuseppe Conte aveva tamponato sulla A1. Il giorno dopo, mentre andava a Campobasso per prendere una limonata con la segretaria dem e il leader dei 5 Stelle, Nicola Fratoianni aveva dovuto abbandonare l’auto in fiamme.
Elly Schlein non aveva subito nessun danno ma ieri, in compenso, le si sono ristretti gli alleati. Come ammette, senza però infierire, il responsabile Enti locali del Partito democratico Davide Baruffi: «Il Pd ha corso per provare a vincere. Lo ha fatto con generosità sostenendo la candidatura di Gravina perché ritenuta la più competitiva, ma anche ricercando il massimo del coinvolgimento e di allargamento della coalizione. Se questo ha pagato per il Pd altrettanto non si può dire per il resto delle liste al nostro fianco, cui va comunque un sincero ringraziamento».
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In realtà a due terzi dello spoglio il Pd tiene nel raffronto con le Regionali ma è in netto calo rispetto alle Politiche dell’anno scorso. Ma è certo che i 5 Stelle sono crollati e hanno preso un terzo di quanto avevano ottenuto nel 2022. Perciò Schlein ammonisce i suoi: «Questa volta evitiamo psicodrammi. Dobbiamo procedere con la nostra agenda».
Se il Pd reagisce così, il dato per il M5S invece è sconfortante. Il Movimento passa dal 24 per cento dello scorso settembre a percentuali a una cifra sola. E l’esito del voto suona come un redde rationem per Conte, che ha puntato tutto sul Molise. Un «all-in» rischioso. Per la prima volta il leader finisce nel mirino. «I meriti di questo risultato sono tutti di Conte. La politica non funziona con un partito personale. Ha fatto fuori una classe dirigente e ora si vedono i risultati», attacca uno stellato.
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E c’è chi rimarca: «Non siamo più ai tempi del Re Sole».
I contiani fanno muro, parlano di «sconfitta attesa», di «flessione in linea con le amministrative». Tuttavia anche tra i fedelissimi ci sono dei distinguo: c’è chi preferirebbe una corsa in solitaria del Movimento. «Anziché prendere un caffè al bar, forse serviva andare tra le gente, nelle piazze, ascoltare e fare i banchetti», taglia corto un altro stellato.
La preoccupazione ora è in chiave Europee: riuscirà il Movimento a stare sopra la soglia del 10 per cento? Mentre Conte è per la prima volta sotto attacco nel suo partito, nel Pd ci si interroga sulle prospettive dell’alleanza con i 5 Stelle. E il risultato del partito non basta a fugare i dubbi, anche se Baruffi sottolinea che «il Pd sarà in campo come prima forza di opposizione e come secondo partito in regione». A questo punto c’è chi propone di innestare il freno a mano: accordi con il M5S solo su temi concreti, lasciando decantare il campo largo.
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ELLY SCHLEIN E GIUSEPPE CONTE IN PIAZZA A ROMA