Alberto Mattioli per “la Stampa”
aimee trintignant marianne denicourt monica bellucci les plus belles annees d une vie
Eravamo in pensiero. E invece eccolo, il film con Isabelle Huppert.
Che sollievo: senza, Cannes è come la benedizione urbi et orbi senza il Papa. Stavolta, in Frankie di Ira Sachs, la Divina recita sé stessa, la diva del cinema francese ma anche di Hollywood (infatti parla un po' in francese e un po' in inglese), che riunisce a Sintra, in Portogallo, una famiglia complicata il cui stato, fra primi e secondi mariti e figli di provenienza varia, rimane nebuloso.
L' occasione è tragica perché, si può dirlo senza spoilerare, sta morendo di cancro: la vacanza in realtà è un addio. Il film, invece, è indeciso fra la commedia familiare e il dramma intimo, comunque è recitato benissimo e lo spot per la nota località lusitana così smaccato da ricordare i Woody Allen più famigerati e turistici.
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Comunque l' importante è che la divina Isabelle sia transitata per la Croisette, sia pure in fretta. Ieri ha accorciato la conferenza stampa per tornare sul set a Parigi, da brava stakanovista. Cannes, in effetti, almeno per quel che riguarda i padroni di casa francesi, dà l' idea della giostra dove passano sempre gli stessi cavalli, o dell' eterno ritorno dei soliti noti.
Certo quest' anno, salvo errore, non è prevista l' ostensione di Catherine Deneuve e nemmeno quella di Juliette Binoche.
frankie
Però tutte le altre ci sono. Léa Seydoux è in concorso nel film di Desplechin, Fanny Ardant fuori in quello di Bedos (dove recitano anche Daniel Auteuil, Pierre Arditi e Guillaume Canet, en plein), mentre Marion Cotillard non ha film ma ha comunque salito la marches come egeria di qualche griffe o musa di qualcos' altro.
L' impressione è che dei tre stadi della carriera artistica codificati a suo tempo da Alberto magno, insomma Arbasino, grande promessa, solito stronzo e venerato maestro, da questa parte delle Alpi si passi direttamente dal primo al terzo.
frankie
E i maestri sono anche veneratissimi: vedi Claude Lelouch, coccolatissimo per Les plus belles années d' une vie dove riesuma Anouk Aimée e addirittura Jean-Louis Trintignant, più Monica Bellucci che è ormai francese ad honorem. Come, del resto, un paio di registi «da Cannes» non francesi però francofoni, adottati in questa specie di Pantheon: i fratelli Dardenne, belgi ma valloni, e Xavier Dolan, canadese ma québécois (aspettiamo con vero diletto la sua conferenza stampa per sentir dire Montréal alla francese, con la «e», e non l' orrido «Montriol»).
matthias e maxim di xavier dolan
Naturalmente ogni tanto la venerazione si estende. L' impressione è che questo Cannes consacrerà Céline Sciamma e Adèle Haenel, rispettivamente regista e attrice di Portrait de la jeune fille en feu e oltretutto ex compagne, così oltre alla parità di genere è garantita anche quella sessuale.
E perfino Alain Delon, già biasimato per i i film da pistolero e le simpatie destrorse, è stato palmato e acclamato come un Padre della cinePatria. Dunque allons pure, ma gli enfants sono più o meno sempre gli stessi...
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