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    LA CHIESA CATTOLICA PERDE FEDELI? TRANQUILLI, ORA SI DEDICA AI MUSULMANI – A CANOSA DI PUGLIA, VICINO BARI, LA PARROCCHIA HA MESSO A DISPOSIZIONE I LOCALI DELLA CHIESA PER FESTEGGIARE LA FINE DEL RAMADAN – IL PARROCO, DON FELICE: “NESSUNO QUI DEVE SENTIRSI ESTRANEO, CI RITROVIAMO NELLO STESSO DIO" (VALLO A DIRE AGLI ISLAMISTI CHE CI CONSIDERANO "INFEDELI") - NELLE SCORSE SETTIMANE, AI MUSULMANI CHE ANDAVANO ALLA MENSA SOLIDARE DELLA PARROCCHIA, VENIVA OFFERTO UN PASTO RISPETTOSO DEI DETTAMI ISLAMICI...


     
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    FESTA DI FINE RAMADAN A CANOSA DI PUGLIA FESTA DI FINE RAMADAN A CANOSA DI PUGLIA

    (ANSA) - "So che vuol dire sentirsi soli. Conosco il vuoto che crea l'assenza di un saluto o di una mano a cui aggrapparsi. Ecco perché festeggiare qui la fine del Ramadan, in un luogo messo a disposizione dalla Chiesa cattolica diventa un momento di meravigliosa convivenza. Per me era un sogno e oggi è stato realizzato".

     

    Così, Soumia Jabrane 41enne di origini marocchine, spiega la ricca colazione preparata per la fine del periodo di digiuno per i musulmani, a Casa Francesco la mensa solidale nata dalla collaborazione tra le parrocchie di Canosa di Puglia, nel nord Barese.

     

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    Tra i primi a volerla è stato don Felice Bacco, parroco della cattedrale dedicata a San Sabino. Che non ha esitato quando si è trattato di dare un aiuto a chi non ha una casa né una famiglia ma che doveva rispettare le regole della religione coranica. "È stato naturale consentire loro di rispettare quanto la loro religione prescrive", sostiene don Felice. Ogni sera, dopo il tramonto, la cena offerta ai musulmani è stata sempre diversa rispetto al pasto donato a chi frequenta la mensa.

     

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    "Nessuno qui deve sentirsi estraneo, siamo tutti uguali. Come dice l'enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco, ci ritroviamo nello stesso Dio. La fede è diversa ma ci riconosciamo fratelli e questo è motivo di accoglienza", sottolinea il parroco. L'aria di festa si respira non appena si entra a Casa Francesco: i dolci tipici del mondo arabo, il rghaif ovvero il pane fritto col miele e sesamo e l'immancabile tè.

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    Sofia indossa uno djellaba, l'abito tipico del Marocco come suo figlio di sei anni. "Chi durante il Ramadan è stato in questa mensa tante volte mi ha detto che si è sentito casa e oggi può assaporare anche le delizie delle nostre tradizioni", continua Soumia poco prima delle preghiere recitate assieme e chi festeggia la fine del mese sacro musulmano. "Qui ci siamo sentiti fratelli, accolti e per noi che arriviamo da lontano è davvero importante", conclude.

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