Alessandra Paolini per “la Repubblica - Edizione Roma”
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Una città sempre più buia. Dove le insegne dei negozi e le luci delle vetrine si stanno spegnendo giorno dopo giorno: senza più turismo, senza più voglia e soldi per fare shopping. Il dato della Confesercenti romana è un pugno nello stomaco: dalla fine del lockdown già 3000 le attività commerciali, esclusi bar e ristoranti, che hanno tirato giù la saracinesca per sempre. Quasi il 4 per cento delle 80.000 attività che vendono abbigliamento, scarpe, intimo e articoli per la casa. «Il che vuol dire migliaia e migliaia di famiglie senza più redditto » , spiega Valter Giammaria che dell'associazione è il presidente.
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« E se continua così, il rischio è che a ottobre possa esserci un'ecatombe. Prevediamo 26 mila negozi chiusi. Uno su tre. Per l'economia di Roma, un disastro». Non sono servite le svendite anticipate di giugno e luglio con ribassi partiti già al 50 per cento. E nemmeno i saldi posticipati di un mese con sconti fino al 70 per cento sono riusciti a portare un po' di ossigeno nelle casse di chi sta dietro un banco e passa tutta la giornata tra camerini prova, scaffali e magazzini ancora pieni. Mancano i turisti, certo. […] A dare la mazzata finale al commercio è lo smartworking. Se si pensa che ci sono 400 mila dipendenti che lavorano a casa, si fa presto a fare il conto: nelle casse dei negozianti mancano incassi per 130 milioni al mese. […]Come aiutare chi vive di commercio? «Bisogna fare del centro, che sta morendo, una zona franca - dice Giammaria - una zona tutelata dove si possano pagare meno contribuiti per i dipendenti e meno tasse. E calmierare gli affitti […]». […]