1. RITRATTO DI PAVEL DUROV, CHE IN NOME DELLA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE LASCIA CORRERE DI TUTTO SU TELEGRAM
Da www.wired.it
pavel durov
Il 29 luglio, in un post nel suo canale su Telegram, che conta oltre 11 milioni di iscritti, Pavel Durov, il fondatore della app di messaggistica, ha raccontato che gli è stato detto che ha 100 figli biologici. “Come è possibile - scrive Durov - per un tizio che non si è mai sposato e preferisce vivere solo?” È così che inizia il racconto di Pavel Durov donatore di sperma.
Un gesto che l'imprenditore avrebbe fatto inizialmente per un amico, […] ma poi ha tramutato in una missione, dopo che il responsabile della clinica della fertilità lo aveva riconosciuto come un “donatore di alta qualità” e gli aveva fatto notare come fosse un suo “dovere civico” donare altro sperma per aiutare altre coppie in difficoltà. Il risultato sarebbero i 100 figli, che ora Pavel Durov vorrebbe aiutare a incontrarsi, rendendo “open source il dna”.
telegram app per messaggi
[…] l'idea di intromettersi con la sua piattaforma genetica per far incontrare quelli che rivendica come suoi figli biologici la dice lunga sul senso di onnipotenza dell'imprenditore. È prematuro dire se questa onnipotenza […] sia stata la causa dell'atterraggio a Parigi sabato 24 agosto, costato a Durov l'arresto da parte della gendarmeria aeroportuale nell'ambito di una inchiesta sul ruolo di Telegram come facilitatore nella commissione di una moltitudine di reati, dal terrorismo alla pedopornografia, e se la ragione sia un'altra.
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IL DIFENSORE DELLA LIBERTÀ DI PAROLA
[…] L'imprenditore classe 1984 vuole presentarsi al mondo come un difensore della libertà di espressione e fare di Telegram il mezzo per realizzare questa sua ambizione.
A Durov è un ritornello che piace ripetere in molti post in cui racconta della piattaforma. Il 13 marzo, parlando delle critiche dei media a come Meta, la holding di Facebook e Instagram, gestisce la moderazione, […]Durov è piuttosto schivo e non rilascia molte interviste. Preferisce, come tanti imprenditori tech, schivare le domande scomode e parlare direttamente ai suoi 11 milioni di follower, dispensando pillole di saggezza e perle di imprenditoria.
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[…] Parlando di come gestisce la propaganda russa e ucraina sulla piattaforma, dice: “Noi vogliamo sempre dare ai nostri utenti quello che chiedono: accesso a informazioni senza censura e opinioni, così che loro possano farsi la loro idea. Tuttavia, non dipende sempre da noi”. Questa storia della libertà di espressione, tuttavia, è stata spesso usata da Durov come scudo per giustificarsi dagli attacchi su come lasci proliferare gruppi che inneggiano al terrorismo, alla violenza, e che usano Telegram per diffondere materiale pedopornografico o altri contenuti vietati. […]
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LA QUESTIONE DELLA PRIVACY
Anche perché Durov insiste molto anche sul livello di privacy della piattaforma. […] Solo Telegram, dice Durov, è l'unica app di messaggistica veramente privata. Ma questo vale solo per le chat segrete. Solo a queste Telegram applica la crittografia end-to-end, ossia quel sistema di comunicazione cifrata che consente solo alle persone che stanno comunicando di conoscere il contenuto dei messaggi. Per le chat “normali”, invece, questo tipo di protezione non si applica. Quando invece è la norma su Signal e anche sul più prosaico Whatsapp.
Durov non ne fa segreto, ma a un utente disattento degli oltre 900 milioni attivi ogni mese a livello globale su Telegram non è detto che il messaggio arrivi così chiaro. Ad aprile le autorità del Comune di Amsterdam hanno imposto ai dipendenti di rimuovere Telegram dallo smartphone, per supposti rischi di spionaggio e di attacchi cyber.
pavel durov il suo profilo su vkontakte
L'ADDIO A V-KONTAKTE
Nel 2014 l'imprenditore è al timone di V-Kontakte, considerato il Facebook russo, lanciato nel 2006 con un compagno di università dopo la laurea in Filologia, e si dimette dalla carica pur di non cedere alle pressioni del regime di Vladimir Putin, che insiste perché il social network consegni informazioni su alcuni dimostranti contrari all'invasione della Crimea (allora parte dell'Ucraina) e blocchi l profilo del più importante oppositore del presidente russo, Alexei Navalny. […] Durov ripara a Saint Kitts and Nevis, stato insulare del Commonwealth britannico nei Caraibi, dove inizia lo sviluppo di Telegram.
Per l'imprenditore di Leningrado, cresciuto da bambino a Torino, dove era di stanza il padre, inizia così una seconda vita, tutta dedicata allo sviluppo dell'applicazione che lo ha reso famoso in tutto il mondo e gli è valsa un patrimonio stimato dalla rivista americana Forbes in 11,5 miliardi di dollari. […]
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Amante dei cani, benché su Telegram i gruppi di gattari vadano per la maggiore, e sempre in total black, Durov dichiara di conoscere nove lingue: russo, ucraino (per via della mamma), italiano, latino, spagnolo, arabo, tedesco, inglese e francese. Proprio verso il sud della Francia, il 10 giugno, il manager racconta che sono diretti molti suoi conoscenti alla ricerca di un po' di refrigerio dal caldo di Dubai per una vacanza. “Come cittadino francese [Durov ha quattro cittadinanze, ndr] concordo che la Francia sia la miglior destinazione per le vacanze - scrive -. Ma come ad di Telegram, non prendo ferie”.
Durov ha trascorso l'estate viaggiando in Asia centrale: Kyrgyzstan, Uzbekistan, Kazakhstan. Poi la tappa in Azerbaijan. E infine l'atterraggio proprio nella Francia tanto declamata. Dove però ha trovato un comitato d'accoglienza non proprio caloroso.
2. COSA SIGNIFICA L’ARRESTO DI PAVEL DUROV PER SOCIAL MEDIA E PRODUTTORI DI SMART DEVICE
Andrea Monti per www.repubblica.it
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[…] Il problema posto dall’arresto di Durov si riassume in questa domanda: quando un prodotto/servizio viene progettato con determinate caratteristiche, e queste caratteristiche consentono di commettere o impedire l’accertamento di un reato, chi le ha decise è corresponsabile degli illeciti penali che sono commessi tramite questi prodotti/servizi?
ALCUNI PRECEDENTI
Per quanto riguarda gli USA, il precedente più rilevante è senz’altro lo scontro risalente al 2016 fra Apple e il FBI statunitense a proposito del rifiuto di Apple di cooperare nell’accesso a un iPhone utilizzato dagli autori della strage di San Bernardino. […] Apple rifiutò di cooperare con gli investigatori sostenendo che l’iPhone era progettato by default in modo da non consentire di essere craccato e che dunque non poteva far nulla. Ma Apple non si fermò qui perché in una lettera ai propri utenti, Tim Cook dichiarò esplicitamente che non avrebbe accettato la richiesta del FBI di installare una backdoor negli iPhone.
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Apple non subì conseguenze giudiziarie da questa scelta, mentre ebbe una sorte drammaticamente diversa Encrochat, un sistema di messaggistica cifrata diffuso ampiamente (se non esclusivamente) nel mondo criminale europeo e smantellato da un’indagine franco-olandese. I cosiddetti Encro-Phones […] erano anche modificati fisicamente con la rimozione di GPS e porte-dati, in modo da rendere ancora più difficile il compito delle autorità investigative. […]
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IL LIMITE GIURIDICO ALLA SICUREZZA DI UN PRODOTTO/SERVIZIO
[…] Nel caso della responsabilità da progettazione è abbastanza difficile spaccare il capello in quattro per cercare differenze fra queste vicende. […] In termini penalistici, tuttavia, le cose sono più complesse perché di base la responsabilità riguarda fatti specifici commessi consapevolmente. Quindi, venendo al pratico, nel caso delle piattaforme e dei produttori di hardware bisognerebbe dimostrare il coinvolgimento diretto e volontario di specifiche persone che hanno deliberatamente fatto in modo di agevolare la commissione di reati, senza poter stabilire automaticamente la responsabilità di un dirigente o di un amministratore delegato.
IL NODO DA SCIOGLIERE
Fuori da ogni ipocrisia, dunque, il dilemma è chiaro: se è consentito mettere in circolazione ciò che ostacola il controllo da parte dello Stato, allora bisogna accettare l’esistenza di servizi di anonimizzazione totale, […] e il diritto di non cooperare con l’autorità giudiziaria.
PROPAGANDA FILORUSSA TELEGRAM PUTIN
Oppure tutto questo è vietato, e dunque punito, e di conseguenza bisogna accettare cose come backdoor hardware e software, crittografia indebolita, VPN gestite in modo da consentire l’acquisizione del traffico in chiaro, abolizione di password e altri sistemi di autenticazione, obbligo di cooperazione generalizzato e via discorrendo. Nel primo caso, dunque, nessuno dovrebbe essere sanzionato, ma nel secondo tutti (tutti, nessuno escluso) dovrebbero essere puniti.
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LE SOLUZIONI (TEORICAMENTE) POSSIBILI E LE CONSEGUENZE PER L’ECOSISTEMA DIGITALE
Una sanzione penale per la responsabilità da progettazione di prodotti e servizi che agevolano la commissione di reati o ne ostacolano l’accertamento non esiste (perlomeno, non ancora). È chiaro, tuttavia, che se venisse adottata sconvolgerebbe l’intero ecosistema digitale perché implicherebbe la predisposizione di un potentissimo e capillare sistema di sorveglianza di massa nella disponibilità, innanzi tutto, di Big Tech, cui sarebbe anche delegato il controllo delle persone ma soprattutto quello sulle indagini di polizia.
Per quanto distopica possa sembrare questa prospettiva, qualche avvisaglia sulla presenza di una soluzione del genere si è già manifestata negli USA dove i fornitori di servizi di piattaforma sono tenuti a controllare i contenuti memorizzati dagli utenti e a informare indirettamente le autorità competenti della presenza di contenuti illeciti e nella UE, dove il client-side scanning è un’opzione tutt’altro che accantonata.
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Quali che siano le scelte adottate, un fatto è abbastanza chiaro: la diffusione ubiqua dei servizi di piattaforma, di messaggistica individuale e dei relativi sistemi di sicurezza hanno amplificato il numero e l’intensità dei fenomeni criminali al punto in cui la repressione (termine usato nel senso tecnico del Codice Penale) è oggettivamente insufficiente e non funzionale. Ma se l’alternativa è la prevenzione tecnologica (nella forma del controllo anche in tempo reale di tutto ciò che accade) allora i produttori di device, i gestori delle piattaforme e gli utenti devono essere costretti a operare con modalità analoghe a quelle praticate nei regimi caratterizzati da democrazia ad assetto variabile. […]
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