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    A CHE SERVE L'APP SE NON SARÀ ''QUASI'' OBBLIGATORIA? BOH! - SALTA L'IPOTESI DI PENALIZZARE CHI NON INSTALLERÀ ''IMMUNI''. INVECE CI SARANNO DEGLI INCENTIVI. ''MA SE NON SARÀ ALMENO SUL 60% DEGLI SMARTPHONE, NON SERVIRÀ A MOLTO'' - IL PROF DI DIRITTO: ''ALLORA SAREBBE MEGLIO IL BRACCIALETTO ELETTRONICO, CHE È UGUALE PER TUTTI E NON ESPONE A RISCHIO I DATI''


     
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    1 - APP, POLEMICHE PER LA PRIVACY SALTA LA «QUASI» OBBLIGATORIETÀ

    Lorenzo Salvia per il “Corriere della Sera

     

    Contrordine. Il governo scarta la proposta - allo studio del comitato scientifico - di una app «quasi obbligatoria» per tracciare i contatti delle persone, con l' obiettivo di arginare una eventuale seconda ondata di contagio.

    milena gabanelli e la app per tracciare i positivi al coronavirus 3 milena gabanelli e la app per tracciare i positivi al coronavirus 3

    L' ipotesi era quella di limitare la libertà di movimento delle persone che non scaricheranno sul proprio telefonino l' app. « Immuni» , questo il nome dell' applicazione con tecnologia bluetooth, consentirebbe di avvertire nel minor tempo possibile chi è stato vicino a un positivo, in modo che si possa sottoporre ai controlli del caso con il risultato di individuare i nuovi focolai.

     

    Condivisibile il fine. Molto criticato il mezzo, cioè la limitazione della libertà di movimento. Ma cosa voleva dire in concreto? Si era pensato al divieto di uscire dalla propria regione. In realtà non è del tutto chiaro, perché la proposta era ancora in fase di studio. Ma prima ancora che venisse formalizzata, il governo l' ha scartata in via preventiva.

    «Non abbiamo alcuna intenzione di limitare la libertà di movimento di nessuno. Semmai si tratta di individuare un sistema in grado di incentivare gli italiani a partecipare al progetto», dice il sottosegretario alla Salute Sandra Zampa.

     

    Anche perché praticamente da tutti i partiti si erano levate critiche non solo per il sistema «quasi obbligatorio», ma anche per la tutela della privacy. Dalla Lega Matteo Salvini parla di «libertà non in vendita». E perplessità ci sono anche nella maggioranza con il Pd Filippo Sensi: «Il sistema a punti lasciamolo ai paesi autoritari». Mentre Forza Italia con Enrico Costa sottolinea come «il governo stia operando senza minimamente coinvolgere il Parlamento».

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    Su questo punto sembra esserci una schiarita. Nel senso che la regole della app non saranno definite con un altro decreto del premier o con un' ordinanza di Protezione civile. Ma se ne occuperà anche il Parlamento, perché una norma sarà inserita nel decreto legge economico in arrivo nei prossimi giorni.

    Niente obbligo di scaricare l' app, come già si sapeva.

    Niente «quasi obbligo», con le limitazioni per chi si rifiuta.

     

    Per spingere gli italiani a partecipare al progetto il governo pensa quindi a una serie di attività aggiuntive per rendere l' app più appetibile. In particolare la possibilità di avere un filo diretto con il medico di famiglia e, previo consenso, di avere ricette e prescrizioni senza più la necessità di andare fisicamente fino al suo studio. In futuro la app potrebbe aprirsi anche alle prestazioni mediche vere e proprie, come la diagnosi a distanza. Ma resta un problema.

     

    Con una partecipazione al di sotto del 60%, « Immuni» servirebbe a poco perché i contatti mappati sarebbero troppo pochi. E il 60% è un obiettivo molto ambizioso per un Paese che ha un rapporto difficile con la tecnologia (siamo i più anziani del mondo), e anche una diffidenza di fondo verso ogni forma di controllo pubblico.

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    «Più alta è la partecipazione, più efficace è il sistema» dice Gianni Rezza, dell' Istituto superiore di sanità. Che non condivide i timori di chi parla di app spia: «La nostra privacy è finita da tempo. Quando apro il mio telefono vedo che lui sa già qual è il mio ristorante preferito, poi mi chiede se voglio comprare di nuovo le cose che ho comprato qualche giorno prima. E adesso siamo tutti gelosi davanti un problema serio, come la nostra salute? Io parteciperò senza problemi».

     

    È chiaro che « Immuni » non è la bacchetta magica ma solo uno degli strumenti a disposizione per limitare i rischi di una seconda ondata.

    Ma nel governo c' è la consapevolezza che quel 60% è un obiettivo non facile da raggiungere. Ci sarà una campagna informativa con testimonial capaci di convincere. E un hashtag, già allo studio, in grado di fare centro. Basterà?

     

     

    2 - FRANCESCO PAOLO MICOZZI IL DOCENTE DI INFORMATICA GIURIDICA: DALL'ESECUTIVO SERVIREBBE PIÙ TRASPARENZA. "I DATI A RISCHIO DI ESTORSIONI INFORMATICHE SAREBBERO PIÙ SICURI I BRACCIALETTI ELETTRONICI"

    Bruno Ruffilli per “la Stampa

     

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    «Dell' app italiana non sappiamo ancora nulla di ufficiale, mentre una maggiore trasparenza da parte del governo sarebbe auspicabile, perché un sistema per il contact tracing va ad incidere, potenzialmente, sulla privacy di tutti noi», osserva Francesco Paolo Micozzi, avvocato e docente di informatica giuridica all' Università degli Studi di Perugia.

     

    Ma il contact tracing si fa già, manualmente: cosa cambia con la tecnologia?

    «Con l' app è come chiedere allo smartphone di ricordare chi hai incontrato nelle due ultime settimane, e non affidarsi solo alla memoria. Ma il primo principio da rispettare è la minimizzazione dei dati, ossia non fornire più informazioni di quelle strettamente necessarie per un certo scopo. Dunque perché l' app per il tracciamento dovrebbe richiedere anche informazioni come età, sesso, malattie pregresse e altro?».

     

    Chi potrebbe usarle?

    «Se fuoriuscissero dall' ambito per cui sono state raccolte, potrebbero essere utilizzate per le più svariate finalità, anche non perfettamente lecite quali, ad esempio, estorsioni».

    Ma non saranno condivise.

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    «In un' app con sistema decentralizzato no. Anche lo storico dei nostri contatti via bluetooth dovrebbe restare sullo smartphone, tuttavia verrà necessariamente condiviso con un database centrale per il tracciamento dei contatti, ossia del controllo delle persone che possiamo aver incontrato, così da poterle avvisare o sottoporre a controlli sanitari».

     

    Che significa dati «sufficientemente anonimi», come dice il ministro Pisano?

    «Un dato è anonimo o non lo è. Se consente di identificare anche indirettamente, una persona, ad esempio perché era in un certo luogo in un certo momento, è un dato personale e va tutelato dal Gdpr».

    Che prevede già eccezioni proprio in casi di epidemie.

    «La tutela della salute pubblica viene prima della privacy, come ha ribadito di recente il Parlamento europeo. Ma sono comunque previsti limiti e garanzie, e soprattutto c' è un coordinamento tra i vari Paesi dell' Europa che va rispettato.

    Altrimenti, con la scusa della pandemia, chiunque potrebbe raccogliere dati con un' app».

     

    In Olanda un' app per il contact tracing ha rivelato dati personali degli utenti: da noi potrebbe succedere?

    «Il rischio esiste, e questo apre alla vera domanda: l' uso dell' app è necessario per ridurre la trasmissione del contagio? E se non lo è, perché dovrei mettere in gioco dati personali senza averne un beneficio certo?».

     

    L' app, per essere efficace, deve essere usata dal 60 per cento degli italiani: come si fa?

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    «Non può essere obbligatoria, sarebbe contro i criteri giuridici. Non si può condizionare l' esercizio di un diritto, come accedere a certi luoghi o fruire di specifici servizi. Può solo ipotizzarsi un uso su base volontaria, ed eventualmente degli incentivi.

    Ma allora sarebbe meglio il braccialetto, che è uguale per tutti e non espone a rischio data breach più informazioni di quelle necessarie al contact tracing».

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