Estratto dell’articolo di Tommaso Ciriaco per “la Repubblica”
MAURIZIO LANDINI GIORGIA MELONI A PALAZZO CHIGI
Non è soltanto per rompere il fronte sindacale che Giorgia Meloni ha progettato l’offensiva del Primo maggio. L’operazione è politica e assomiglia a quella già tentata in occasione del 25 Aprile, anche se in questo caso il rapporto con fascismo e antifascimo non c’entra. Passa dalla volontà di negare il legame esclusivo tra il mondo del lavoro e la sinistra. Di imbarazzare la piazza del Concertone. Di rivendicare una vicinanza ai problemi dei lavoratori, ammortizzando l’effetto traumatico della cancellazione del Reddito di cittadinanza.
GIORGIA MELONI PRIMO MAGGIO - MEME
Per questo, ha scelto di replicare con durezza alle critiche di Maurizio Landini. «Ho convocato i sindacati, con un gesto che voleva essere di attenzione. In cambio mi hanno dato dell’ipocrita – è il senso dei ragionamenti privati – A volte sembra quasi che pensino che del Primo maggio possano occuparsi solo loro. Come se non volessero che gli altri diano peso a questo appuntamento...».
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La presidente del Consiglio è pienamente consapevole del fatto che la triplice - e in particolare la Cgil - vive come un’invasione di campo la mossa del governo. Una sfida quasi esistenziale, nel giorno “sacro” del lavoro. Eppure, la replica pubblica a Landini è stata lo stesso brutale, fino ad apparire per certi versi sproporzionata. «Ho solo reagito a un loro attacco. Se mi danno dell’ipocrita – spiega ai suoi – io rispondo. Non siamo gli unici a lavorare il primo maggio, lo fanno tanti lavoratori, gliel’ho ricordato. E credo che la gente la pensi come me».
MAURIZIO LANDINI GIORGIA MELONI
[…] Politica, appunto. E incursione ostile in un campo tradizionalmente avverso: la Festa dei lavoratori – è l’operazione lanciata dal mondo meloniano – non sia monopolio esclusivo della sinistra. La premier volutamente trascura il fatto che le lotte sindacali e politiche appartengono proprio a quella storia. E si concentra piuttosto sul rapporto con Landini. Non nasconde la delusione per il suo approccio.
Aveva accettato l’invito al congresso della Cgil a Rimini, si aspettava in cambio un atteggiamento meno rigido. In realtà, proprio quella stretta di mano aveva generato non poche conseguenze nel mondo della Confederazione, imponendo al segretario generale un irrigidimento quasi obbligato verso l’esecutivo.
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Son tutti ragionamenti che non fanno cambiare punto di vista a Meloni. «Convocarli è stato un gesto di attenzione – rivendica in privato – mi sarei aspettata rispetto. Potevano almeno riconoscere che si tratta di un inizio, riconoscerlo e poi ovviamente chiedere misure ancora più incisive. Se invece cercano lo scontro frontale, non sarò io a fare una brutta figura…».
Giocare all’attacco, continuare a porgere pubblicamente la mano per incunearsi tra gli avversari: la linea non cambia. E infatti, incontrando a sera i sindacati a Palazzo Chigi, Meloni ribadisce l’importanza del confronto e assicura che continuerà a coltivarlo anche in futuro. È l’ennesimo segnale alla Cisl, per rompere il fronte unitario. Le prossime settimane diranno se l’investimento porterà frutti.
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