Andrea Priante per www.corriere.it
«Quell’uomo mi spingeva, premendomi le dita sul torace. E intanto urlava: “Negro di merda, da qui non esci vivo”, “Non puoi venire in Italia a fare il c. che ti pare”, “Tu mi firmi che ero in casa o ti spacco la testa”. È stato orribile».
L’aggressione: «Adesso ho paura»
MEDICO NERO AGGREDITO A CHIOGGIA
Mentre racconta ciò che gli è capitato, gli occhi gli si riempiono di lacrime. Lo chiameremo Albert ma è un nome di fantasia perché, spiega, «da quando è accaduto, vivo nel timore che quell’uomo, o qualche suo amico, possa far del male alla mia famiglia». Ha 30 anni, è nato in Camerun ed è il medico fiscale che mercoledì è stato aggredito a Chioggia durante il suo lavoro. Una violenza assurda, aggravata da quelle frasi razziste.
La storia
Albert si è trasferito in Italia nel 2010. «Volevo studiare, diventare un dottore. E qui avevo dei parenti che potevano ospitarmi». Arrivato a Padova, si è integrato perfettamente e, con molti sacrifici, ha probabilmente realizzato tutti i sogni di quando ancora abitava in Africa: non solo si è laureato in Medicina ma ha messo su famiglia con una ragazza italiana e oggi hanno una bimba di due anni. «È anche per lei che ho deciso di denunciare pubblicamente ciò che è accaduto: non sopporto l’idea che cresca in una società dove ci sono ancora individui che usano il colore della pelle per insultare».
MEDICO NERO
Il malato assente a casa
Sei mesi fa ha iniziato a fare il medico fiscale per conto dell’Inps. «Tra i miei compiti c’è quello di eseguire le visite di controllo domiciliare ai dipendenti delle aziende assenti per malattia. Mi è stata affidata l’area di Chioggia». Mercoledì doveva controllare un lavoratore che abita in un condominio nella periferia della cittadina veneziana. «Sono arrivato poco prima delle 17 e il malato avrebbe dovuto trovarsi in casa fino alle 19. Mi hanno aperto i vicini, qualcuno ha detto che stava dormendo, altri che era uscito. È spuntata una donna, forse una familiare, che si è offerta di chiamarlo al telefonino per avvisarlo, ma lui non rispondeva».
L’operaio era a mare: poi la furia contro il medico
MEDICO NERO
Albert racconta che l’operaio è arrivato alle 17.05 «in bicicletta, con indosso costume e ciabatte», e si è subito dimostrato aggressivo. «Ha chiuso il portone, in modo da impedirmi di uscire dal cortile del condominio e ci ha piazzato davanti una sedia, sulla quale si è seduta una ragazza.
Urlava, mi intimava di mettere nero su bianco che l’avevo trovato regolarmente in casa. Altrimenti, diceva, mi avrebbe tagliato la testa». Sono stati attimi di forte tensione. «Mi ha strappato dalle mani il tablet che uso per lavorare e l’ha scagliato contro la parete, mandandolo in pezzi. E intanto continuava a pronunciare frasi razziste. La cosa assurda è che tutto il vicinato era presente, affacciato alle finestre, e nessuno ha mosso un dito per aiutarmi. “Adesso te la vedi con lui”, mi schernivano».
L’inseguimento
medico di colore 8
Il medico fiscale ha finto di sottostare agli ordini e gli ha chiesto un documento d’identità per compilare il referto. «Quando si è allontanato ho telefonato ai carabinieri ma dopo pochi minuti è tornato e, come una furia, mi ha preso il telefonino e se l’è infilato in tasca pretendendo che gli dettassi l’indirizzo della mia abitazione. “Così se mi denunci so dove sta la tua famiglia”, diceva». Alla fine Albert si è fatto riconsegnare il cellulare ed è uscito da quella casa, terrorizzato. È salito in auto mentre il lavoratore l’ha raggiunto, ha divelto la maniglia della vettura e poi è balzato in sella a un motorino guidato da un amico, seguendolo per alcune centinaia di metri.
La denuncia e la richiesta di trasferimento
Venerdì il medico ha presentato denuncia ai carabinieri di Padova. E al suo fianco c’era la compagna. «Stavo aspettando che tornasse dal lavoro - spiega la donna - e invece mi ha telefonato con voce strozzata, dicendomi che lo volevano picchiare. È una violenza assurda, alla quale non ci si può abituare.Quando suona i campanelli non sa mai cosa gli capiterà. C’è chi lo scambia per un ambulante, chi per un ladro...».
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Ora Albert ha chiesto all’Inps di essere trasferito a un’altra zona. «Ho paura per la mia famiglia, non posso lavorare in queste condizioni», assicura asciugandosi le lacrime. Amaro il commento del presidente dell’Ordine dei medici di Venezia, Giovanni Leoni: «Durante la pandemia ci hanno chiamati eroi, ma è durata poco. Ora i medici sono tornati bersaglio della frustrazione dei pazienti. La violenza è sempre inaccettabile».