MATTEO SALVINI IN SENATO APPLAUDE DRAGHI
DAGONOTA
A destra devono aver capito che Draghi se ne infischia di Matteo Salvini e dei suoi proclami. Le richieste di aperture e zone gialle, i toni assertivi, le mezze minacce che arrivano dal leghista non sfiorano minimamente SuperMario che invece, quando proprio deve ascoltare qualcuno del Carroccio, preferisce Giorgetti. Non è un caso se oggi Alessandro Giuli su “Libero quotidiano” e Francesco Borgonovo su “la Verità” danno fiato all’insofferenza dei mal-destri che si sentono gabbati.
SALVINI DRAGHI
Il primo va dritto al punto: “Stretti fra le prepotenze proprio di Speranza e le furbizie gesuitiche di Draghi, i ministri leghisti soffrono anche un isolamento conclamato in Cdm, dove si ritrovano puntualmente in minoranza. In questo quadro, Salvini ha certo più da perdere che da guadagnare”. E poi lancia un appello al “Capitone”: “Se non ascolterà i consigli degli estimatori più attenti ai mugugni dei suoi elettori - a cominciare da Libero: occhio, Matteo, ti stanno fregando -, se non si ribellerà a un'inerzia così svantaggiosa imponendo in agenda i propri temi anche a costo di terremotare gli equilibri grancoalizionisti, scoprirà troppo tardi di aver giocato la sua partita per la squadra sbagliata”.
SALVINI DRAGHI
Borgonovo la prende più larga a fiuta una manovra di Enrico Letta per mettere all’angolo la Lega e ridurla all’impotenza: “Il segretario pd ha assunto toni sempre più boldriniani. Alla faccia degli appelli di Mattarella alla concordia nazionale, provoca gli «alleati» per cercare di far uscire il Carroccio dalla maggioranza e sabotare Draghi per avvantaggiarsi nella corsa al Colle”.
1 - DRAGHI PRENDE IN GIRO SALVINI
Alessandro Giuli per “Libero quotidiano”
DRAGHI SALVINI 1
Il governo di Mario Draghi si sta prendendo gioco della Lega e in particolare di Matteo Salvini. Altro che tagliando sulle riaperture ad aprile, altro che cambio di passo rispetto al calamitoso esecutivo di Giuseppe Conte e Domenico Arcuri: l'Italia permane rossa e blindata in un sottaciuto lockdown. E malgrado ciò il Covid non cessa di mietere vite, per lo più di anziani non vaccinati a differenza dei professori in Dad, con gli italiani che restano divisi in due categorie: i garantiti dallo stipendio del pubblico impiego che tradizionalmente sono elettori di centrosinistra e i dimenticati dallo Stato, le forze dinamiche e maggiormente produttive della Nazione, le quali rappresentano in larga parte il blocco di consenso salviniano.
SALVINI DRAGHI
Anzi rappresentavano, perché secondo gli ultimi sondaggi sono già sul limitare dell'ammutinamento. L'immagine plastica del guaio in cui s'è cacciato Salvini l'ha offerta ieri con perfidia Chiara Geloni, icona giornalistica della vecchia ditta post comunista di rito bersaniano: con un tweet canzonatorio - "Alla fine Speranza gli ha dovuto fare il disegnino" - ha sottolineato con estremo godimento il retroscena del Corriere della Sera nel quale si riportava la conversazione in cui il ministro della Salute avrebbe mostrato all'incredulo leader i grafici in virtù dei quali l'Italia resterà sigillata fino a maggio.
roberto speranza
Un disegnino, appunto, che tiene dietro di pochi giorni alla pubblica sconfessione che lo stesso Draghi, ammanettato alla giunta degli scienziati del Cts, aveva inflitto al leader leghista in apprensione per la serrata di negozi e ristoranti: «Le chiusure sono pensabili o impensabili solo in base ai contagi».
Insomma, al netto dell'avvicendamento ai vertici della struttura commissariale incaricata di gestire l'emergenza, poco o nulla è cambiato nella direzione di marcia di un esecutivo allargato che sta confermando l'impianto reclusivo dei giallorossi; mentre i media azzerbinati alla narrazione di regime infieriscono sulla Lombardia lasciando ai margini le inadempienze vaccinali delle amministrazioni rosse (vedi il caso Toscana) e ignorando l'enorme scandalo delle mascherine farlocche e dannose (250 milioni!) acquistate da Arcuri.
chiara geloni
PAGARE DAZIO
Intanto a pagare dazio, dicevamo, sono proprio gli elettori leghisti: i liberi professionisti non garantiti dai sussidi a fondo perduto, le partite Iva che al massimo si vedranno recapitare dal Tesoro il 5 per cento del fatturato annuale perduto, gli imprenditori imbrigliati dal blocco a oltranza dei licenziamenti, i commercianti e gli operatori nel settore del turismo umiliati anche in questo fine settimana di chiusure pasquali (a beneficio dei colleghi stranieri), i ristoratori abbandonati alla concorrenza sleale del delivery, i costruttori edili e i piccoli proprietari di case in locazione espropriate dal congelamento degli sfratti privo di ristori e prorogato fino al 30 giugno a dispetto della Costituzione.
paolo del debbio
E se alla base della piramide leghista è un gran ribollire di viscere esasperate, non va meglio al vertice, ovvero nella delegazione di governo salviniana. Così in serata, da Del Debbio, Matteo rompe la pax governativa: «Bisogna tornare alla vita dopo Pasqua. Le zone gialle devono essere riconosciute come zone gialle, quattro Regioni potrebbero già esserlo. Vedrò Draghi la prossima settimana, a lui chiederemo l'utilizzo di dati scientifici, non aiutini».
E indica i colpevoli della clausura: «C'è una posizione ideologica che vede solo rosso, non si riapre per tutto aprile. Io sono a processo per sequestro, mi domando perché milioni di italiani debbano essere tenuti sotto sequestro da Speranza e Orlando».
andrea orlando erika stefani
Stretti fra le prepotenze proprio di Speranza e le furbizie gesuitiche di Draghi, i ministri leghisti soffrono anche un isolamento conclamato in Cdm, dove si ritrovano puntualmente in minoranza. Il discreto lavoro di Erika Stefani per i disabili a caccia di vaccino si nota poco, mentre più evidenti sono le difficoltà di Massimo Garavaglia al Turismo e soprattutto quelle di Giancarlo Giorgetti allo Sviluppo: dall'Ilva ad Alitalia passando per Autostrade e per la Rete unica, sui tavoli del Mise si affastellano ogni dì le peggiori rogne in un clima economico da sottosviluppo imminente.
LUCIA BORGONZONI
SACRIFICI
Perfino la sottosegretaria alla Cultura, Lucia Borgonzoni, con cinema e teatri chiusi e musei aperti a singhiozzo, paga un alto dazio immeritato. Sicché la Lega, soffocata dal circolo vizioso pandemico, rischia di sacrificare le sue migliori intenzioni in uno sfiancante lavoro di mediazione dai risultati magri e dalle prospettive incerte rispetto alle premesse, come certifica la protervia con cui il Viminale si appresta a vaccinare gli irregolari in omaggio a un immigrazionismo in netta continuità con la stagione di Conte.
renato brunetta mario draghi
Nulla a che vedere con il più strategico posizionamento della delegazione governativa berlusconiana impegnata a rinsaldare il legame con impiegati, funzionari e dirigenti di Stato: Renato Brunetta alla Funzione pubblica, Mara Carfagna al Sud e Mariastella Gelmini ai Rapporti con le Regioni, grazie a numerose assunzioni nella Pubblica amministrazione e tantissimi quattrini da spendere bene per congedarsi da un inveterato assistenzialismo, potranno assicurare a Forza Italia delle rendite elettorali speculari a quelle incamerate da Giorgia Meloni all'opposizione. In questo quadro, Salvini ha certo più da perdere che da guadagnare.
Se non ascolterà i consigli degli estimatori più attenti ai mugugni dei suoi elettori - a cominciare da Libero: occhio, Matteo, ti stanno fregando -, se non si ribellerà a un'inerzia così svantaggiosa imponendo in agenda i propri temi anche a costo di terremotare gli equilibri grancoalizionisti, scoprirà troppo tardi di aver giocato la sua partita per la squadra sbagliata.
VITTORIO COLAO RENATO BRUNETTA
2 - LETTA ANTI LEGA CON UN OCCHIO AL QUIRINALE
Francesco Borgonovo per “la Verità”
Forse qualcuno dovrebbe avvisare Enrico Letta. Da qualche settimana a questa parte il nuovo segretario del Pd è convinto di essere Amanda Gorman, ma in realtà ogni giorno che passa assomiglia di più a Laura Boldrini. Non litiga con le colf e gli assistenti, questo no. In compenso maltratta qualche sottoposto nella gerarchia di partito. E, soprattutto, sembra in preda a un'ossessione dirittista senza precedenti. Prima ha rilanciato la cittadinanza facile per i giovani stranieri. Poi ha chiesto il voto per i sedicenni. Quindi si è concentrato sulla parità dei sessi provocando un putiferio fra i suoi (un capolavoro: donne che si accapigliavano in nome dei diritti delle donne).
giorgia meloni enrico letta
Non pago, se l'è presa con i «maschi-bianchi-cinquantenni», che ricordano i «maschi-bianchi-morti» con cui se la prendevano decenni fa i primi fautori del politicamente corretto negli Stati Uniti. Capite bene che al dolce Enrico dev' essere successo qualcosa: l'abbiamo lasciato democristiano, lo ritroviamo boldriniano. Ieri ha persino incontrato Nicola Fratoianni di Sinistra italiana, e si sono confrontati su «idee nuove e scelte radicali e coraggiose».
ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI
Da non credere: qui siamo davanti a una vera e propria transizione di genere. Chissà, forse è per questo che a Letta sta così tanto a cuore il ddl Zan «contro l'omotransfobia».Già: il nostro ha trovato il tempo pure per alzare il vessillo arcobaleno. Ed è proprio su questo terreno che ha sferrato l'ennesimo attacco a Matteo Salvini. Mercoledì sera ha pubblicato un tweet velenoso: «Opporsi alla calendarizzazione del ddl Zan contro l'omotransfobia, ecco lo spirito europeo della Lega».La differenza d'atteggiamento salta all'occhio.
LAURA BOLDRINI ENRICO LETTA
Da una parte, Letta incontra cordialmente Giorgia Meloni, cioè il capo dell'opposizione. Galateo istituzionale, certo. E forse anche un giusto segno di rispetto verso un partito, Fratelli d'Italia, che ormai ha raggiunto percentuali di consenso molto vicine a quelle del Pd (cosa che, almeno in teoria, dovrebbe spingere Enrico a farsi due domande sulla sua linea). Dall'altra parte, tuttavia, il neosegretario non perde occasione per infierire sui leghisti, i quali, fino a prova contraria - fanno parte della sua maggioranza di governo. Sembra quasi che Letta si sia dimenticato dello spettacolo pietoso offerto dalle forze di sinistra fino a poche settimane fa.
Giusto per rimettere ordine fra i ricordi: il Partito democratico non è l'azionista di maggioranza del governo. Si crede di esserlo solo perché il Movimento 5 stelle si è vaporizzato, e non offre che pochi e blandi segni di vita. L'assembramento giallorosso che sosteneva Giuseppe Conte - e di cui il Pd si è fatto orgoglioso promotore al fine di tornare al potere pur non avendo i voti necessari e nemmeno i numeri in Parlamento - è miseramente franato su iniziativa di Italia viva.
ENRICO LETTA E MATTEO SALVINI
Significa che, senza Lega e Forza Italia, l'avventura di Mario Draghi a Palazzo Chigi non solo non sarebbe mai cominciata, ma potrebbe pure rischiare di incartarsi abbastanza celermente. Ecco, sembra che a Letta di tutto ciò non importi assolutamente nulla.Si potrebbe obiettare che anche la Lega, ai tempi dell'esecutivo gialloblù (Conte 1), prese in mano il timone e dettò la linea su molti temi sensibili, costringendo i grillini a recedere. Ma rispetto alla situazione attuale ci sono alcune differenze.
ENRICO LETTA GIUSEPPE CONTE
Intanto, Salvini e Luigi Di Maio avevano siglato un contratto di governo, e avevano in qualche modo delimitato i propri ambiti di azione. Inoltre, non risulta che i leghisti esibissero lo stesso disprezzo e la stessa (presunta) superiorità morale che il Pd ora sparge a piene mani. Letta, infatti, non si limita a tenere il punto su questioni che gli stanno a cuore, cosa che sarebbe legittima: egli mostra di volere segnare e approfondire il solco fra buoni e cattivi. Insiste a porre questioni politiche come se fossero questioni morali, e se ne serve per denigrare gli alleati (sarà pure dettata da circostanze straordinarie, ma sempre di un'alleanza parliamo).
MATTEO RENZI ENRICO LETTA MEME
Una volta è Salvini che tiene in ostaggio il governo sui sostegni; un'altra volta è la Lega becera che non vuole il ddl Zan; un'altra volta ancora sono i leghisti che devono «giustificare» il sostegno a Draghi su cui il Pd ha posto la bandierina.Alle intemerate del battagliero Enrico Boldrini, la Lega non ha finora risposto per le rime. Non cerca la spaccatura continua, la lite continua. Non ha digrignato i denti sui migranti; non ha nemmeno acceso le torce per il ddl Zan, mantenendo toni bassi; ha strappato un contentino sulle chiusure senza chiudersi in trincea. Dunque che intende fare Letta?
GIANCARLO GIORGETTI E MATTEO SALVINI
Insistere fino all'esasperazione? Tentare di provocare i compagni di viaggio - graditi o meno che siano - per favorire l'implosione? La sensazione è Enrichetto sia orientato in questa direzione, alla faccia degli appelli di Sergio Mattarella alla concordia nazionale. Mettere i leghisti alle strette serve al capoccia piddino a rafforzare per contrasto la propria identità. Ma è anche un gioco allo sfinimento: se la Lega cede sottraendosi all'alleanza, viene esclusa dal novero dei «presentabili» con voce in capitolo sulla scelta del prossimo presidente della Repubblica; se resiste e prosegue a incassare, si logora.
GIANCARLO GIORGETTI MATTEO SALVINI
In entrambi gli scenari, Letta ci guadagna.Intanto, onde alimentare la confusione tra generi di cui pare essere preda, ieri il segretario ha mostrato di avere un umorismo tutto suo e ha pubblicato una foto che lo ritrae al fianco di Arnold Schwarzenegger: «Oggi, primo aprile, riunita la segreteria Pd. Ho nominato il mio incaricato speciale per i rapporti con le correnti». Matte risate, di sicuro. Ma, di nuovo, pure qualche punto politico: l'approccio da Terminator celato sotto la vernice boldriniana, se applicato all'interno del partito, può produrre tanti malumori ma pochi effetti sul futuro della nazione.
Giorgetti Salvini
Utilizzato su larga scala, invece, può causare molti più danni. Se però l'obiettivo di Letta è quello di sabotare la maggioranza onde avvantaggiarsi nella corsa al Colle, allora lo Schwarzenegger spaccatutto da film è un buon modello (a noi pareva di ricordare che il bazooka fosse competenza di Draghi, non dei suoi lacchè, ma i tempi cambiano).Di sicuro, c'è almeno una pellicola del vecchio Arnold che pare perfetta per il Pd: si intitola I Mercenari. Al cinema risulta molto divertente, in politica un po' meno.