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    CHAPO-MANIA! LA FIGLIA DEL NARCO-BOSS REGISTRA IL MARCHIO “CHAPO” PER VENDERE GADGET ISPIRATI AL PADRE: MAGLIETTE, CAPPELLI, PORTACHIAVI, OROLOGI E DECORAZIONI NATALIZIE - LA FAMIGLIA GUZMAN HA TROVATO FINALMENTE UN BUSINESS "PULITO"


     
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    MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN

    Omero Ciai per “la Repubblica”

     

    “King Chapo”, oppure “God save el Chapo”, o ancora semplicemente “Chapo”. Sulle bancarelle dei mercati all’aperto di Città del Messico, i berretti che celebrano il re dei narcos, come le magliette con la sua faccia, vanno a ruba. Costano 50 pesos (circa 2,5 euro) e tra la sua ultima fuga dal carcere di Altiplano grazie al tunnel sotto la doccia, 11 luglio 2015, fino al suo nuovo arresto, 8 gennaio 2016, tutta la produzione dei gadget ispirati al leader del cartello di Sinaloa ha preso il volo.

     

    Con le vendite esplode anche la creatività: a Tepito, uno dei mercati di strada più grandi della capitale messicana, si trovano perfino un cappello nero con stampati in oro solo i baffi del Chapo, e il biglietto falso da un dollaro con il volto di Joaquín Guzmán al posto di quello di George Washington. La scritta dice “Who do I trust?” (di chi mi fido?) — del Chapo ovviamente — invece di “In God we trust”.

    MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN

     

    Così intorno al famoso nickname (che in spagnolo vuol dire “piccoletto”, Guzmán è alto 1,64) è scoppiata la corsa al brevetto per controllare il merchandising. Un affare che la vasta famiglia di Guzmán — almeno tre mogli e oltre una decina di figli — ha deciso di non lasciarsi sfuggire.

     

    Secondo un’informazione pubblicata dal quotidiano messicano Milenio, due mogli e una figlia di Guzmán hanno presentato la richiesta di brevettarne il soprannome, come marchio da commercializzare, presso l’Istituto messicano della proprietà industriale già nel 2011 e di nuovo nel 2014.

     

    LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO EL CHAPO LA REGISTRAZIONE DEL MARCHIO EL CHAPO

    Alla fine una figlia, Alejandrina Guzmán Salazar, l’ha avuta vinta e ha ottenuto la proprietà del marchio e l’autorizzazione che consentirà, almeno a una parte della famiglia del narcotrafficante, di avere considerevoli guadagni dalla produzione e vendita di orologi, ombrelli, bigiotteria, giochi e, perfino, decorazioni natalizie.

     

    Non solo in Messico ma in tutto il mondo perché viene registrata anche presso la-World intellectual property organization. Alejandrina Guzmán, 32 anni, non era finora molto conosciuta in Messico. Come tutti i familiari del Chapo ha avuto una vita da clandestina. Le cronache si occuparono di lei una sola volta, nell’ottobre del 2012, quando venne arrestata alla frontiera con gli Usa perché cercava di attraversarla con documenti falsi. Venne condannata a tre mesi di carcere e tornò in Messico.

    MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN

     

    Non solo l’impero del narcotraffico, con il quale Chapo Guzmán è uno degli uomini più ricchi del mondo, ora grazie al brevetto del marchio per la sua famiglia si apre anche il grande mercato dello sfruttamento della fama. D’altra parte non sono soltanto i piccoli rivenditori dei mercatini della capitale messicana a far soldi con le avventure criminali di Guzmán. Un picco di vendite ha registrato anche “Barabas”, l’azienda californiana che produce le camicie stampate multicolori come quella che indossava “Chapo” durante l’incontro con Sean Penn.

    MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN MAGLIETTA ISPIRATA A CHAPO GUZMAN

     

    Sul loro sito web, e nei due negozi che hanno a Los Angeles, espongono la foto di Rolling Stone con Guzmán che stringe la mano di Penn come un trofeo. Sotto c’è la scritta “Most Wanted” riferita alla camicia, non al narco. Quella dell’incontro costa 128 dollari, mentre l’altra, quella che Guzmán ha indossato nel breve video che ha spedito all’attore americano poco prima di essere di nuovo arrestato, ne costa 107.

     

    L’altra faccia delle migliaia di persone uccise nelle guerre dei narcos è l’universo popolare dei cartelli, dove spesso i “capos” sono percepiti anche come “benefattori”, che danno lavoro e costruiscono ospedali (era già successo con Escobar in Colombia). È la narcocultura, dai gruppi musicali che ne cantano le gesta, i “narcorridos”, a un certo tipo di moda, fino alle telenovelas di successo dove il malvagio è sempre un po’ anche un eroe.

     

     

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