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    “A FIRENZE INVIARONO DEGLI INCAPACI. SE C’ERO IO NON MORIVA GENTE” – L’AUDIO DELL’UNICO PROCESSO IN CUI MATTEO MESSINA DENARO HA DECISO DI RISPONDERE AL GIUDICE: “LA FINALITÀ DELLE BOMBE ERA PRENDERSELA CON LO STATO, MA A FIRENZE HANNO UCCISO LE MOSCHE CON LE CANNONATE. IO HO UNA COSCIENZA, UNA BOMBA LÀ NON LA METTEVO. NELLA MIA VITA NON HO AGITO PER FINALITÀ MAFIOSA, MA PER MODALITÀ PRIVATA” – I DIARI IN CUI SI STRUGGE PER IL RAPPORTO CON LA FIGLIA: “SONO STATO UN PADRE ASSENTE E IMPOTENTE E TU…”


     
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    1. L’ARROGANZA DEL CAPOMAFIA SULLA STRAGE DEI GEORGOFILI “INVIARONO DEGLI INCAPACI IO NON AVREI FATTO VITTIME”

    Estratto dell’articolo di Lirio Abbate per “la Repubblica”

     

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    Il boss Matteo Messina Denaro parla di omicidi efferati, di attentati e stragi secondo un suo punto di vista e analizza le azioni di Cosa nostra. E questi punti si possono adesso ascoltare attraverso la voce del capomafia in un documento importante, un lungo audio riportato in esclusiva in un podcast di Repubblica dal titolo Questo è Messina Denaro , prodotto da One-Podcast, scritto e narrato con Antonio Iovane.

     

    L’interrogatorio durato quasi due ore è suddiviso in quattro episodi in cui si ripercorrono i fatti che hanno insanguinato il Paese mettendolo a ferro e fuoco negli anni Novanta.

    Il capomafia — latitante per trent’anni — decide di parlare davanti a un giudice il 16 febbraio scorso, esattamente a un mese dal suo arresto (16 gennaio 2023), partecipando all’unico processo fra i tanti in cui era imputato, mentre a tutti gli altri ha sempre rinunciato.

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    In questo procedimento accusato di tentata estorsione decide però di rispondere alle domande del presidente Alfredo Montalto, e lo fa — come lui stesso ha dichiarato — per una questione d’onore. Messina Denaro dunque parla, ma non a ruota libera, le sue affermazioni sono state contestate e riprese dal giudice Montalto, il quale gli ricorda fra le altre cose che era stato pure condannato per la strage dei Georgofili che provocò cinque vittime fra cui una neonata.

     

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    «A Firenze, qualora fosse vero, ma sulla mia persona non è vero, non è che si volevano uccidere persone, anche perché ci sono collaboratori di legge che dicono che la finalità non era di uccidere delle persone, solo che il problema è stato, secondo me, che sono andati con la ruspa, cioè hanno ucciso la mosca con cannonate», dice Messina Denaro che poi aggiunge: «Perché si sa che se si mettono bombe, possono cadere degli innocenti, ma la finalità, come dicono alcuni, non era uccidere persone, era prendersela con lo Stato, con i beni dello Stato…».

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    Il boss prova a spiegarsi in altro modo sull’uccisione di innocenti: «Il punto qual è? C’è da vedere chi inviano i mandanti a fare una cosa del genere, cioè che testa hanno, che intelligenza hanno, perché mettiamo caso io andavo a Firenze a mettere questa bomba, con le stesse finalità, non sarebbe morto nessuno, perché io una bomba là non la mettevo, perché ho una coscienza, mi spiego? Non me ne frega niente delle condanne poi, cioè se uno di certe cose pensa alle conseguenze si sta a casa a dormire… Partendo però dal concetto che io non ne so niente, non è stato un errore secondo me. È stato un menefreghismo, che è peggio».

     

    MATTEO MESSINA DENARO MATTEO MESSINA DENARO

    E Messina Denaro prova a spiegare: «Se capisco e intuisco che là succedeva una strage e lo capiva pure un menomato che succedeva una strage, perché conosce Firenze, ecco che una bomba là non sarebbe mai stata messa. Il problema è chi è stato, hanno usato gente che vale niente».

     

    […] «Non agivo per finalità mafiosa, ma per modalità privata», dichiara. Parla pure dell’omicidio di una donna incinta e del tentato omicidio dell’ex questore Rino Germanà. Nega l’evidenza dei fatti e contesta la versione dei giudici che lo hanno condannato raccontando la sua versione sull’attentato al giornalista Maurizio Costanzo esclamando «voi avete la vostra verità, io ho la mia». Parla di uno dei fatti più atroci per i quali è stato condannato, il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido; racconta di Giovanni Brusca e dei suoi fratelli che definisce “gentaccia” e compie un gesto eclatante: rinnega il suo padrino, Salvatore Riina.

    […]

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    2. I DIARI SEGRETI DEL BOSS PER LA FIGLIA MAI VISTA “SONO UN IRRIDUCIBILE MA TU POTEVI SALVARMI”

    Estratto dell’articolo di Salvo Palazzolo per “la Repubblica”

     

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    Negli ultimi tempi della latitanza aveva iniziato a tenere un diario personalissimo. «A 16 anni sapevo cosa volevo e dove stavo andando », scriveva Matteo Messina Denaro. «Oggi, invece, e sembra un paradosso, non lo so più». Parole che non ti aspetti da un capomafia responsabile di omicidi e stragi, custode di tanti segreti rimasti nel mistero, arrestato un anno fa e morto il 25 settembre scorso, stroncato da un tumore.

    Il 29 gennaio 2019, annotava: «Tutto attorno a me è buio pesto, dove mi trovo? In che direzione vado? Non ne ho idea, non so neanche perché sono ancora vivo». […]

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    Fa impressione leggere il boss più potente di Cosa nostra che scriveva di sentirsi “solo” e pure “triste”: «Sono un uomo passato attraverso tante prove dolorose, ormai esperto nel sopportarle — annotava ancora –. A questo pensiero mi sento pervadere da una grande tristezza».

    Perché questa crisi interiore? Leggendo i suoi diari — i carabinieri del Ros ne hanno trovati tre — si comprende che era il travagliato rapporto con la figlia Lorenza, mai incontrata, a creargli un grande disagio.

     

    La giovane voleva vivere una vita normale, senza le imposizioni delle zie paterne, il boss non lo accettava.

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    Il 18 maggio 2019, era arrabbiato con lei: «Oggi ho saputo che già da tempo vivi a Londra, essere genitori significa saper porre dei limiti. Tu non hai avuto posto alcun limite. Lorenza vedi che così facendo poi la vita ti frantuma. Tutto ciò lo si deve all’assenza/ impotenza di un padre. Alla scelleratezza di una madre e alla pazzia-insensatezza della gioventù. Spero che i miei pensieri possano proteggerti figlia mia».

     

    […] Un travaglio grande, che più di recente, si era trasformato in rabbia. E in una delle lettere alle sorelle arrivava a chiamare Lorenza una “sciacqualattuga”, una “degenerata”.

    Ma era per lei che scriveva quei diari, diceva che un giorno glieli avrebbe fatti avere.

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    […] Messina Denaro era un uomo in crisi per una vita senza gli affetti veri, ma è rimasto sempre un irriducibile e anche di fronte alla malattia non ha mai fatto un passo indietro.

    […]

    nei diari del boss c’è tanta malinconia, ma nessun segno di ripensamento per una vita da criminale. […] «Il mondo è pieno di esistenze sconosciute — scriveva — io credo di essermi innalzato sugli altri». E ancora: «Essere incriminati di mafiosità, a questo punto, lo ritengo un onore». […]

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