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    IL DIO SPORCO DI ACERRA - A GENNAIO 1985 DIEGO MARADONA, SU INVITO DEL COMPAGNO PIETRO PUZONE (MA CONTRO LA VOLONTÀ DEL PRESIDENTE DEL NAPOLI E PAGANDO DI TASCA SUA 12 MILIONI DI ASSICURAZIONE) PORTÒ TUTTA LA SQUADRA A GIOCARE SU UN CAMPACCIO DI DILETTANTI PER RACCOGLIERE FONDI DA DESTINARE A UN BAMBINO MALATO CHE AVREBBE DOVUTO OPERARSI IN FRANCIA (COSA CHE POI FECE, GUARENDO) - IL GOL CHE “ANTICIPÒ” QUELLO ALL’INGHILTERRA - VIDEO


     
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    Alessandro Pasini per www.corriere.it

     

    DIEGO ARMANDO MARADONA E PIETRO PUZONE DIEGO ARMANDO MARADONA E PIETRO PUZONE

    Questa è la storia del dio Diego nel fango. Una storia vera anche se sembra fantascienza. Una storia che si tramanda di generazione in generazione per dire a tutti chi era — anche — Maradona, e che cosa ha significato per Napoli e la sua comunità. È la famosa storia dell’amichevole di beneficenza ad Acerra, da lui organizzata e poi giocata come non ci fosse un domani, perché è vero che forse non c’è sempre un domani. Nel tempo, come sempre accade con Diego, la cronaca è diventata racconto e poi epica. Ma la sua sostanza, come quella dei sogni, in fondo è semplice.

     

    Contro il presidente

    DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA

    L’antefatto. Durante la stagione 1984-85, Pietro Puzone, ragazzo di Acerra, riserva del Napoli e buon amico di Maradona — oggi, a 57 anni, drammaticamente caduto in disgrazia e senzatetto — conosce un concittadino tifoso del Napoli che ha un figlio gravemente malato. «Aveva un brutto problema alla bocca — avrebbe ricordato in seguito Puzone — e l’unico modo per guarire era operarsi in Francia. Ma non aveva soldi abbastanza».

     

    Puzone pensa immediatamente a una partita di beneficenza del Napoli al San Paolo. Chi non ci pensa nemmeno è il presidente Corrado Ferlaino, che si oppone per paura che qualche giocatore possa farsi male. Chi invece non ha dubbi è Diego, il quale ha una sua personalissima visione dei fatti. Arrivato in Italia, a luglio 1984, aveva detto: «Voglio diventare l’idolo dei ragazzi poveri di Napoli, perché loro sono come ero io a Buenos Aires». Così accoglie senza un dubbio la richiesta dell’amico, e la leggenda vuole che lo faccia alla sua maniera: «Che si fottano i Lloyd di Londra. Questa partita si deve giocare per quel bambino». E per chiudere lì la faccenda, si dice, paga lui i 12 milioni di assicurazione.

    DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA

     

    Il riscaldamento nel parcheggio

    È lunedì 25 gennaio 1985. Il giorno prima in campionato il Napoli ha battuto 4-0 la Lazio al San Paolo. Ventiquattro ore dopo si presenta al piccolo stadio comunale di Acerra, 20 chilometri a nord di Napoli. C’è pioggia. Il freddo è tagliente. Il campo, già sterrato di suo, è solo fango e pozzanghere. «Intorno c’erano 10mila persone — ricorda Puzone — la tribuna però ne conteneva solo 5mila. Gli altri erano dappertutto, intorno al campo sotto gli ombrelli, sui balconi, sui tetti».

     

    In un celeberrimo video stracliccato su Youtube è tutto documentato. Ed è documentato, soprattutto, il famosissimo riscaldamento di Maradona e della squadra nel parcheggio fra le macchine e i curiosi, come una squadra dilettanti qualsiasi. Divisa ufficiale — in lanetta pesante, tipica dell’epoca — sponsor Cirio, espressioni serie come fosse la finale di Coppa dei campioni, e Diego che guida le operazioni. A un tratto, saltella come un pugile fingendo di tirare ganci all’aria. Poi si avvicinano dei bambini per una foto. Sono così piccoli e timidi e congelati dal freddo che quando Diego se ne va restano lì immobili nei loro cappottini stretti. Ipnotizzati. Increduli. Come se quell’attimo potesse durare in eterno. Poi comincia la partita.

    DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA

     

    La prova generale del gol del secolo

    E lì, ricorda Puzone, «Maradona non si risparmiò: correva, si sporcava, dribblava, cercava il gol come fosse una partita di campionato». A chi gli dice di stare calmo e non rischiare le gambe per un’amichevole pare risponda: «Amico, tu non hai capito chi è Maradona, io gioco solo per vincere qualsiasi sia l’avversario».

     

    E chi sa di sport sa che questa è la forma massima di rispetto. A fine primo tempo prova una girata al volo sotto porta, la manca, cade in una pozza e si rialza sporco come uno spazzacamino. Sacramenta come avesse mancato un gol alla Juve. Poi, nel secondo tempo, ecco quella che nella tradizione napoletana viene consideratala prova generale del famoso gol del secolo segnato all’Inghilterra al Mondiale 1986: ruba palla a una avversario, scarta l’intera difesa, poi il portiere, e deposita palla in rete. Un gol col copyright. Mentre lo stadiolo esplode, un tizio in delirio che stava dietro la porta entra in campo e va a consolare il portiere affranto. Sembra che gli dica: «Stai su con la vita, uagliò, ora potrai dire al mondo che hai visto Maradona».

    DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA DIEGO ARMANDO MARADONA AD ACERRA

     

    Obiettivo raggiunto

    Puzone ricorda che ovviamente «fu uno spettacolo». Ma soprattutto che «la partita diede a quel bambino la possibilità di operarsi perché fra sponsor e botteghino consegnammo alla sua famiglia 20 milioni di lire. Il ragazzo adesso è cresciuto e si è sposato, e quella storia, lui come noi, la ricorderemo per sempre». Così è andata quel giorno. E la storia dice che di gesti simili Maradona ne fece decine. Voleva essere l’idolo degli poveri e degli ultimi, e ci è riuscito: lui era uno di loro.

     

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