Marta Ottaviani per “la Stampa”
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Gran Bazar, addio. La crisi economica sta costringendo i negozianti e gli artigiani del mercato coperto più famoso del mondo a spostarsi altrove. Per la precisione in Montenegro, a quasi 1200 chilometri da casa.
Fino a questo momento sono circa 40 su circa 3.000 quelli che si sono trasferiti nella repubblica balcanica, soprattutto a Budua, città sulla costa adriatica, che sta diventando una località di riferimento sia per le vacanze sia per la vita notturna.
Sei secoli di storia
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Sono principalmente tre le cause che stanno portando molti mercanti a lasciare il Gran Bazar, la cui costruzione è iniziata nel XV secolo: il calo dei turisti, l' aumento degli affitti e delle materie prime e la crisi valutaria.
A certificare la crisi dello storico mercato coperto, è stato Hasan Firat, presidente dell' Associazione commercianti del Gran Bazar: «Fino a questo momento sono circa 40 quelli che hanno scelto di andare a Budua, in Montenegro.
La città è caratterizzata anche da un vivace turismo dal mare, che nella stagione estiva fa arrivare circa 750 piccole imbarcazioni». Una volta il turismo delle crociere arrivava anche a Istanbul e a flusso continuo.
lampade in vendita al gran bazar di istanbul
Ma con il golpe del luglio 2016 e l' ondata di attentati che ha colpito il Paese fino al 2017, il numero di grandi navi è diminuito del 50 per cento, provocando un calo di 100-150 mila turisti al giorno. «Dall' inizio dell' anno - ha continuano Firat - sono circa 100 i negozi che hanno cambiato proprietà». Ci sono poi i costi sempre più alti.
turiste in visita al gran bazar di istanbul
L' affitto di un negozio di 25 metri quadrati al Gran Bazar costa minimo 50 mila dollari all' anno ai quali vanno aggiunti i costi di mantenimento della struttura, che sono enormi.
Via dalla città
E così, i mercanti e i commercianti, stanno iniziando a dire basta. A lasciare gli antichi corridoi affrescati, nei quali il sultano camminava in incognito per ascoltare le opinioni sul suo operato, sono proprio quelli che hanno reso Kapali Carsi, il Gran Bazar, appunto, famoso in tutto il mondo: gli orafi, i pellettieri e i tagliatori di pietre.
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«L' oro ha raggiunto prezzi molto elevati e gli affari non sono più come quelli di una volta» spiega Ozgur. Lavora in uno dei negozi della celebre Kalpakçlar Caddesi, il viale dei gioiellieri, dove monili dal costo di decine di migliaia di dollari e chili di oro fanno bella mostra di sé nelle vetrine luccicanti, per la gioia delle signore, che vi si attaccano come ventose, e la preoccupazione dei loro mariti.
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In Montenegro possono contare su affitti bassi, costo della manodopera e delle materie prime affrontabile e un interesse per il gusto dell' antico impero ottomano che affascina non solo i turisti stranieri, ma quelli che arrivano dagli altri Paesi dei Balcani.
Una nuova vita, lontana dalla caotica e travolgente Istanbul, ma che garantisce ricavi abbondanti e con buone possibilità di crescita.
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La fuga dei negozianti è il riflesso non solo della crisi vissuta dalla Turchia, ma di quella dello stesso Gran Bazar. Sono in difficoltà anche i venditori di borse, che spesso, oltre alla loro bottega all' interno del Gran Bazar, hanno show room immensi nei sotterranei dei palazzi vicini, con falsi di tutti i più grandi brand internazionali che farebbero impazzire qualsiasi fashion victim.
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«Una volta qui - spiega Evren, che lavora in uno di questi paradisi della contraffazione - venivano qui a decine, non lasciavano meno di 1000 euro. Russi, arabi.
Adesso il business si è ridotto molto, temo anche perché a causa della crisi siamo stati costretti ad aumentare i prezzi». Quello che i negozianti non dicono, o ammettono a fatica, è che il mitico Gran Bazar sta pian piano diventando un mercato come tanti altri, dove la massificazione ha portato molti negozi a vendere le stesse cose.
bandiere turche all'interno dello storico mercato del gran bazar di istanbul
La fuga degli artigiani e dei mercanti storici rischia di impoverire ancora di più quello che è il mercato coperto più grande del mondo.
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