Antonio Riello per Dagospia
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ENTANGLED PASTS 1768-NOW. La mostra non è bella. Molto di più: è davvero magnifica. E questo a dispetto del titolo che fa automaticamente pensare al solito minestrone riscaldato di luoghi comuni sul colonialismo britannico (impepato di Woke Culture e speziato con senso di colpa collettivo).
I curatori del progetto (Andrea Tarsia, Dorothy Price, Esther Chadwick, Cora Gilroy-Ware, Sarah Lea, Rose Thompson, Alayo Akinkugbe) sono riusciti a creare una sintesi artistica credibile ed emozionante delle intricate (entangled appunto) relazioni esistenti tra la Royal Academy of Arts (fondata nel 1768) e le complesse vicende dell'Impero (formalmente liquidato nel 1987 ma la cui difficile eredità è ben presente - uno scomodo fantasma - nel Regno Unito di oggi).
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E', in sintesi, una inclusiva e accurata ricostruzione storica rinforzata/attualizzata dal valente contributo di artisti contemporanei provenienti da alcune aree della passata compagine imperiale. Il gioco di influenze e contaminazioni reciproche è molto ben tratteggiato.
Si inizia con una potentissima opera ("The First Supper", 2023) all'aperto, piazzata proprio nell'ampio e solenne cortile dove c'è l'ingresso della paludata istituzione. L'artista è Tavares Strachan nato nelle isole Bahamas nel 1979 e attualmente basato a New York. Il riferimento diretto è a un tema celebratissimo nella Storia della pittura: l'Ultima Cena.
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Ci troviamo di fronte una scultura che rappresenta 13 personaggi attovagliati in dimensioni reali. Sono tutti africani (o di ascendenza africana). La parte di Giuda aspetta all'artista stesso e quella del Cristo ad Hailè Selassie (l'ultimo Imperatore d'Etiopia). Gli altri apostoli/e sono: Sister Rosetta Tharpe (1915-2973), Harriet Tubman (1822-1913), Shirley Chisolm (1924-2005), Marcus Garvey (1887-1940), Zumbi dos Palmares (1655-1695), Mary Seacole (1805-1881), Matthew Henson (1866-1955), Marsha P. Johnson (1945-1992), King Tubby (1941-1989), Derek Walcott (1930-2017), Robert Henry Lawrence (1935-1967 che fu il primo astronauta della NASA afro-americano). Un capolavoro assoluto che trascende qualsiasi condizionamento ideologico contingente.
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All'interno dell'edificio si dipana la visione coloniale dei membri iniziali della Royal Academy. Joshua Reynolds (ne fu il primo presidente, 1723-1792) e Thomas Gainsborough (1727-1788) fecero dei ritratti a delle persone di pelle nera, tra i primi della Storia britannica. Una di queste persone, Mr Francis Barber, fu tra l'altro amico del famoso Samuel Johnson (l'autore del primo dizionario in lingua inglese).
Alcuni artisti erano contro la schiavitù (Reynolds in particolare) altri invece, come John Singleton Copley (1738-1815), ne tenevano direttamente beneficio. In questa sezione, a far da contraltare, troviamo una bellissima installazione di Hew Locke (1959): una grande flotta di colorate imbarcazioni di fortuna che, sospese, calano dal soffitto per navigare su un immaginario Mar Atlantico.
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La prima grande questione di fondo consiste nella tratta degli schiavi che, per circa due secoli, dalle coste dell'Africa Occidentale venivano trasportati a lavorare (e spesso a morire) nelle piantagioni di canna da zucchero dei territori inglesi nei Caraibi. Un grande accumulo di ricchezze affluì in Inghilterra da queste lucrative attività e, secondo alcuni storici, fu proprio questa la concentrazione di capitale iniziale necessaria e fondamentale per poter finanziare/sostenere la Rivoluzione Industriale.
Il governo di Sua Maestà solo nel 1807 con una apposita legge proibì questa ignobile tratta (che in seguito la Royal Navy comunque contrastò energicamente). Rimane in ogni caso una macchia indelebile della Civiltà anglosassone.
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L'altro punto decisivo riguarda il destino dei discendenti delle molte persone provenienti dai dominions delle Indie Occidentali (la cosiddetta generazione Windrush) ed emigrate nel Regno Unito intorno al 1950. Per la Gran Bretagna contemporanea è probabilmente il terreno più delicato e scivoloso in fatto di razzismo. La cultura e la società stanno appunto cercando di rimediare ai tanti atteggiamenti di discriminazione che non hanno fatto certo bene alla reputazione di questo paese. Entangled Pasts è evidentemente anche parte di questo processo di ammissione di responsabilità e di riparazione.
Il visitatore della mostra passa poi alla sezione dedicata all'Anatomia artistica. Corpi bianchi e corpi neri. Ovvero forme di razzismo occulto all'interno delle pratiche artistiche accademiche dell'Ottocento.
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Moltissimi esempi. Il più interessante è quello di John Bell (1811-1895, studente alla RA) che realizza nel "The American Slave". Bellezze muliebri scolpite con fattezze esotiche sdoganano ambiguamente sia la tratta schiavistica che le attitudini abolizioniste.
In una bacheca anche un agghiacciante set (un po' medico-scientifico e un po' artistico), "The Coloured Codex", per determinare la colorazione della pelle e attribuirne la relativa etnia. Compagnia perfetta per questo ambiente accademico sono le proiezioni degli elegantissimi video di Isaac Julien (1960) che propongono un avvincente mix di immagini vintage con del girato più recente.
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Proseguendo compaiono i noti e incisivi collage di Kara Walker (1969) vicini, in questo caso, ai quadri ad olio di J. M. William Turner (1775-1851, una delle figure più significative della Storia della RA). L'immagine simbolo che compare sulla copertina del catalogo, "No World" (2010) è opera proprio di Kara Walker. "The Aquatic Sublime" (2015) è invece il nome del video di John Akomfrah (1957) che da solo occupa un'ampia superficie e indaga alcuni aspetti della classica geografia coloniale vista da un punto di vista non-bianco.
Iconiche e sempre centratissime sono le sculture del nigeriano Yinka Shonibare (1962) che usa le tipiche stoffe decorate dell'Africa Occidentale per dar corpo alle sue fantasiose figure. El Anatsui (1944) propone l'opera "Akua Surviving Children" (1996) fatta di pezzi di legno e metallo proveniente da navi naufragate.
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L'opera di Lubaina Himid (1954), "Naming the Money", chiude in pompa magna il percorso della mostra. L'artista (originaria dello Zanzibar) ritrae su delle sottili sagome in legno (tenute in posizione verticale da un piccolo basamento) gli abitanti di un piccolo villaggio. Le voci e le musiche del paesino volteggiano tra le figure dipinte (la colonna sonora è stata scritta da Magda Stawarska). Ogni identità (o mestiere) è presente, non manca nessuno.
C'è anche una giovane signora con dei pennelli e una tavolozza. L'auto-ritratto di Lubaina? Una pittrice occasionale? Una versione africana dell'auto-ritratto di Artemisia Gentileschi? Non è importante la risposta, basta semplicemente immergersi nell'atmosfera di questa fantastica installazione. E' quasi teletrasporto spazio-temporale.
ENTANGLED PASTS 1768 - NOW
Art, Colonialism and Change
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fino al 28 Aprile 2024
Royal Academy of Arts
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Burlington House, Piccadilly, Londra W1J 0B