Estratto dell’articolo di Tonia Mastrobuoni per “la Repubblica”
La più contraria all’ultima versione della riforma del Patto di stabilità resta la Francia. La distanza con la Germania è enorme […] a Berlino resiste persino il timore che qualcuno, in mancanza di un accordo, possa essere tentato da una nuova sospensione del Patto.
«Per noi, un’ipotesi inaccettabile: piuttosto, torniamo al vecchio Patto di stabilità», puntualizza. E quest’ultimo, per l’Italia, sarebbe il vero scenario da incubo.
[…] L’ultima proposta di Bruxelles combina una valutazione della sostenibilità del debito che sarà fatta tra i singoli governi e la Commissione ma anche il ritorno rigido di un tetto al 3% del deficit — un paletto voluto da Berlino, insieme a vincoli che imporrebbero un percorso di riduzione del debito e del deficit, le cosiddette “salvaguardie”. […] un ritorno al vecchio Patto non conviene a nessuno.
Ma […] anche il nuovo impone degli aggiustamenti notevoli a tutti: «In media il 2% del Pil nel medio termine, in aggiunta alle correzioni già richieste da Bruxelles per il biennio 2023-24». Tuttavia, rispetto alle vecchie regole, il taglio viene alleggerito dello 0,6% di Pil.
Gli economisti notano anzitutto che chi ha un debito alto (superiore al limite europeo del 60% del Pil) dovrà aggiustare il tiro o negoziando al tavolo con la Commissione, quando si ragionerà sulla sua sostenibilità.
«Ma ci sono notevoli eccezioni», scrive Bruegel, «e la principale è la Francia », che a causa del suo deficit alto rischia di far scattare la “salvaguardia” che la costringerebbe a una ghigliottina pesante. In sostanza, siccome l’allarme scatterebbe sul deficit e non sul debito — che in Francia è circa il 111% del Pil — il nuovo Patto di stabilità attiverebbe una tagliola automatica su Parigi.
Bruegel dimostra che le aggiunte tedesche al nuovo Patto di aprile lo hanno reso di nuovo “stupido”: «La Francia è l’esempio più lampante del perché l’ultima versione del Patto funziona male e va rivista», ragiona Lucrezia Reichlin, economista della London Business School.
[…] È vero che con l’ultima proposta i vincoli diventano “meno stringenti”, prosegue Reichlin, «ma se hai un disavanzo molto alto, come è il caso adesso della Francia, anche se l’analisi del tuo debito è buona e quindi le tue prospettive sui conti pubblici tutto sommato positive, la tagliola è micidiale».
Per l’Italia il discorso è diverso perché ha un debito che nelle previsioni della Commissione sarà al 140% del Pil nel 2024 e quindi il fatto che il deficit sarà ancora al 3,7% sarà un dettaglio meno rilevante, ai fini del negoziato. Nel caso in cui la Commissione chiedesse una correzione veloce, su quattro anni, dovrà ridurre il disavanzo di circa 20 miliardi, lo 0,9% del Pil — col vecchio Patto sarebbe stato l’1,4%. Mentre se Bruxelles concederà a Roma sette anni di tempo per raddrizzare il debito, dovrà tagliare lo 0,5%.%. Per l’Italia il nuovo Patto è meno pesante del vecchio, ma le conviene comunque continuare a trattare insieme alla Francia per liberarlo dalle ottusità tedesche […]