liverpool real
Gigi Garanzini per “la Stampa”
Proprio nella stagione in cui nessuno l'aspettava sul traguardo, il Real Madrid ha vinto la Coppa dei Campioni più meritata della sua storia. Non per la qualità del gioco, questo no, si è visto di meglio, di molto meglio soprattutto nel passato ma anche nel presente, finale compresa. Ma per il valore degli avversari battuti uno dopo l'altro.
real city benzema
Una sorta di tappone alpino in cui il calendario gli ha presentato nell'ordine Psg, Chelsea, Manchester City e infine il Liverpool: tutte cioè le favorite della vigilia, con la sola eccezione del Bayern che, d'altra parte, per uscire si è fatto bastare il Villarreal. Tutte superiori sulla carta, tutte favorite: e tutte ridotte alla ragione da quel magico mix di tradizione, esperienza, consapevolezza, qualità, senza dimenticare la suerte, che fanno del dna madridista il più implacabile d'Europa.
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E senza nemmeno bisogno, stavolta, di quell'arroganza in campo e fuori che altre imprese del passato aveva orientato quando non propiziato. Il miedo escenico del Bernabeu, e pazienza: ma anche certi arbitraggi da arrossirne al ricordo. Stavolta, proprio a cercare il pelo nell'uovo, quella mezza carica di Benzema a Donnarumma che diede il là alla rimonta sui parigini: rivista oggi, ma già allora per la verità, un'inezia. Che Totò avrebbe rubricato alla voce pinzillacchere.
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Con il trionfo sul Liverpool, il Real ha reso ancor più inattaccabile un primato europeo destinato a protrarsi per decenni. Le Coppe in bacheca sono 14, nell'arco di 67 anni. Il Milan che è il primo inseguitore è a quota 7: seguono a 6 il Bayern e il Liverpool, per l'appunto. Un'epopea nata da subito, dalla seconda metà degli anni '50, quando il Real di Santiago Bernabeu e di Alfredo Di Stefano si aggiudicò le prime cinque consecutive. Bernabeu era il presidente, Di Stefano il fuoriclasse, attorniato ad ogni buon conto da gente che si chiamava Puskas, o Gento, o Kopa. I due allenatori che si alternarono nel quinquennio erano Luis Carniglia e Miguel Munoz: ma di loro ci si è dimenticati perché nella cultura calcistica del tempo pesavano molto, ma molto meno di oggi.
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Al punto che giusto in Spagna li avevano ribattezzati porta-maletas, sì, insomma, portabagagli. Chiuso quel primo ciclo, il Real tornò a vincere nel '66 dopo Benfica, Milan e Inter ma il digiuno successivo durò la bellezza di 32 anni sino al successo del '98 in finale contro la Juve. Seguì una doppietta ad inaugurare il nuovo millennio, con un gol al volo di Zidane che è rimasto tra i più celebrati della storia. A quota 9, la Decima cominciò a diventare un'ossessione e toccò a Carletto Ancelotti, nel 2014, l'onore di metterci la firma dopo le due già vinte alla guida del Milan.
i trofei del real madrid
Infine, prima dell'altra sera, il filotto delle tre consecutive firmate da Zizou, '16-17-18, tutte levate al cielo dal capitano Sergio Ramos tra una scarpata e l'altra, e non poche scelte arbitrali monocromatiche. Stavolta il Real se l'è cavata da solo. Viaggiando a fari spenti nella fase a gironi per poi esaltarsi di fronte agli ostacoli alti. Con due protagonisti assoluti, il portiere e il centravanti. Courtois, che già aveva parato un rigore a Messi e poi evitato il tracollo col City, ha preso davvero di tutto a Salah e a Manè. Benzema ha letteralmente trascinato i suoi in finale a colpi di gol e assist.
Ma intorno a loro c'era una squadra che Carlo V o a scelta Carlo IV, a seconda che si parli di campionati o di coppe, ha assemblato alla perfezione. Ricostruendo la difesa, dando fiducia ad un centrocampo in cui gli anni cominciano a pesare ma il senso della posizione anche di più, e motivando i giovani, come Vinicius, ad andare oltre la giocata e alla ricerca anche della sostanza, oltre che del sacrificio. Dopodichè, ed è questo il passaggio-chiave, ha approcciato le partite accettando l'altrui superiorità: in particolare nella semifinale col City, ripetendo il copione con il Liverpool.
liverpool real vinicius
All'insegna del lasciarli sfogare, visto che erano più forti, ma senza mai concedere spazio alle spalle. Col City è servita una robusta dose di fortuna, all'andata così come al ritorno: e ha deciso una doppietta di Rodrygo a tempo scaduto quando nessuno ci credeva più. Col Liverpool ha sacrificato proprio Rodrygo e gli ha preferito Valverde: che ha ricambiato con una gran partita e l'assist, facciamo il tiro-cross, che ha deciso la sfida. Mai preteso, Carletto, di aver inventato il calcio. Ma a saperlo interpretare, come lui davvero pochi.
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