Barbara Costa per Dagospia
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“Bisogna essere oltraggiosi e non leccare mai il culo al pubblico”, dice Manuel Agnelli, e se a dargli retta è un ragazzo bello come un dio, che si struscia e si arrampica su un palo sfrenandosi in una lap-dance da urlo, c’è il rischio che a casa, davanti allo schermo, alle milf esplodano le ovaie, e che qualche gilf ci resti pure secca.
È incredibile, ma come Jim Morrison ritornò sulla terra col nome di Michael Hutchence, Hutchence si è reincarnato in questo ragazzino romano, Damiano David, leader dei Maneskin, 18 anni di sensualità pura, sesso che pulsa sul palco come non si vedeva da tempo.
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Questa edizione di X-Factor è sua, al diavolo se alla fine vinca oppure no, anche se per la prima volta in vita mia ho un po’ di fiducia verso il popolo televotante, già capace di eliminare casi umani e lagne annesse, quindi forse non premierà l’ennesimo cantautoruncolo piagnone bimbominkia perennemente in crisi per questioni di cuore. Di cantanti sfigati ne abbiamo le palle piene.
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Chi può rimanere insensibile a Damiano David? Si è esibito in boxer di pelle e stelle di scotch nero sui capezzoli, ma soprattutto in stivaloni da puttana e tacchi a spillo, cantando “Kiss This” degli Struts, facendolo venire duro ai maschietti, e inzuppando gli slip delle signore più frigide. Per non parlare delle ragazzine, innamoratesi di lui all’istante: hanno cancellato foto e sogni sul nuovo belloccio della classe di Amici, per darsi ad esperimenti di sano autoerotismo, con la mente incastrata al pensiero del corpo di questa rockstar giovanissima, a cui io auguro ogni gloria.
Uno come Damiano era quello che serviva per svegliarci da questo torpore insopportabile: il suo talento fa paura in un ragazzo così giovane, quasi senza gavetta, davvero alle prime armi. Ma Damiano a X-Factor, sarete d’accordo con me, non ha sbagliato una mossa: già durante le audizioni, quando passeggiò sul tavolo dei giudici, mettendo bene in chiaro che non ce ne sarebbe stata per nessuno.
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E meno male che in questa edizione hanno deciso di dare a Manuel Agnelli quello che è di Manuel Agnelli, cioè gli hanno affidato le band, e lui, forte di 30 anni di esperienza come produttore, ha capito che questo prodigio andava lasciato libero, che cazzo vuoi insegnare a uno che ipnotizza le telecamere, non risparmia uno sguardo a nessuno, ti incolla al video, e ha una tale padronanza del suo corpo e del suo sesso – per non parlare della sua voce – che se Mick Jagger lo vedesse, andrebbe a stringergli la mano?
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Ragazzi, in tema di erotismo e ambiguità sessuale, Jagger l’ha sempre fatta da padrone, ma vi giuro che a 18 anni, all’età di Damiano, non possedeva ancora tutta quella sicurezza, quel misto di grazia e arroganza, di magnetismo sessuale che ti scioglie le vene, e che solo le vere star hanno. Ci nascono, come ci è nato Damiano, e chissà che razza di congiunzione astrale, e di pelle, orgasmi e sudore, ha dato vita a questo Dioniso dei nostri tempi, che è nato a Roma, quartiere Monteverde, l’8 gennaio (come Elvis!) 1999, ha cominciato a cantare a 15 anni esibendosi per strada, ha frequentato il liceo linguistico senza finirlo, ma parla e canta in cinque lingue.
Ha messo su questo gruppo, i Maneskin (una parola danese, significa chiaro di luna), con due ex compagni di scuola e una bassista, Vittoria, metà italiana metà danese, appunto, con cui – si dice – non ha una storia, perché Damiano, da bello e dannato, si proclama single e innamorato di se stesso. Mai stato in tv e da nessuna altra parte prima di X-Factor, ed è arrivato lì, davanti ai giudici, e Fedez non ha potuto far altro che dirgli: “Mi stai sul cazzo, però spacchi!”, per poi rimangiarsi pure l’antipatia.
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“Io sono la moda”, dichiara Damiano su Instagram, un simil Gucci riprodotto con roba comprata a Porta Portese, e quando posta selfie in cui è nudo, i suoi followers vanno a sbavo libero. Certo, Damiano sa giocare con la sua immagine, è glam, insolentemente eccessivo, è davvero dentro il nostro presente e la nostra realtà, è gender-fluid, metro-sexual o forse è oltre ogni etichetta, canta i classici del rock sbattendosene della nostalgia dei tempi andati, che furono sì importanti, ma non più belli e meno complicati di quelli che ci ritroviamo.
Ma secondo voi, il successo di ascolti di X-Factor di quest’anno, è dovuto alla “gravidanza” di Fedez, alle parolacce della Maionchi, o perché sul culo perfetto di Damiano c’è scritto “Baciamelo”?
2. X FACTOR, RIVELAZIONE MANESKIN: «NOI, ROMANI ALIENI DEL ROCK»
Rita Vecchio per il Messaggero
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Maneskin. Un nome di origine danese per una band di 4 romani giovanissimi, vera rivelazione di X Factor. In italiano è “Chiaro di Luna”. Che ha poco a che fare con stravaganza, eccentricità e anticonformismo: i tratti distintivi di una musica che rompe gli schemi. Così, Victoria, Damiano (unico maggiorenne del gruppo), Thomas ed Ethan sono tra i favoriti nella finale di stasera (21.15 su SkyUnoHD e in chiaro sul canale TV8) che dal Forum di Assago si contenderanno il podio con Enrico Nigiotti (probabile vincitore), Lorenzo Licitra e Samuel Storm. Ospiti dell’undicesima edizione: Ed Sheeran, Tiziano Ferro, James Arthur e i Soul System (vincitori nel 2016). Vengono dai quartieri diversi: Monteverde, Balduina e Bravetta. Suonano insieme da due anni e si dichiarano influenzati dai genitori per un mix di reggae, hip hop, indie rock. Risultato è l’inedito Chosen, il cui video è traduzione all’ennesima potenza della loro trasgressione.
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Damiano, allora? Ci siete quasi.
«Siamo molto contenti. All’inizio, c’era la foga. Alla fine, l’adrenalina della chiusura. Ci sono state settimane difficili in cui non abbiamo avuto tanto tempo per provare. Come per l’inedito, in cui il movimento si doveva coniugare con il canto, effetti scenografici e i nostri generi più disparati».
Il commento più bello degli altri concorrenti? Il più brutto?
«L’essere degli alieni e dei bambini prodigio, parole di Gabriele Esposito. Quello che ci ha dato fastidio è stata la falsità non appena usciti dal talent. Rita Bellanza, per fare un nome. Forse per la rabbia causa eliminazione».
Litigate tra di voi sulla musica?
«No. Siamo più uniti di prima. Ogni singola scelta l’abbiamo fatta insieme».
E amori tra di voi?
«Nessuno. Non siamo impegnati. Siamo impegnativi (ridono, ndr)».
Usciti da qui, primo posto dove vorreste andare?
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«A scuola. A pavoneggiarmi davanti a tutti i professori che dicevano che nella vita non avrei fatto nulla».
Scuola? Anno?
«Linguistico Montale di Roma. Il quarto. Anche se ho perso il conto: sono stato bocciato due volte e visto che sto qua dentro, scatta automaticamente la terza bocciatura».
Perché?
«Uscito da qui non tornerò tra i banchi».
Lo dici con senso di rivincita.
«Di grandissima rivincita. Per anni mi sono sentito dire che non dovevo pensare alla musica, ma impegnarmi in qualcosa di serio ed essere responsabile».
E gli amici?
«Quelli veri fuori dalla classe. Siamo tutti un po’ stupidi a questa età, nel modo di comunicare e nel prenderci in giro. “Non te abituà al palco”, dicono. Ma il rapporto con loro non cambierà. Ne sono sicuro».
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E voi altri tre? Tornerete a scuola?
«No. Vogliamo fare musica. Questo è il nostro lavoro».
Un sogno dopo XFactor? E qualche sassolino che volete togliervi?
«Continuare con la musica, in inglese e in italiano, lavorando affinché la nostra carriera duri il più possibile. Magari collaborando con Ghali. Ripensiamo ai nostri inizi difficili. Se non sei famoso, pensano che se fai il cantante sei uno sfigato. Abbiamo fatto concerti dove c’erano tre persone e non sempre venivamo capiti. A trattarci peggio? I proprietari, promettendoci cachet che non ci hanno mai dato. Ecco, sarà una rivincita anche con loro».
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Cosa cambierà quindi?
«Che avremo la possibilità di scegliere. Che decideremo noi e che saranno i locali a cercarci».
La Raggi vi accoglierà?
«È un sindaco giovane, speriamo accetti il nostro estremismo e le nostre vedute. In caso contrario, peggio per lei. “Dai Raggi, facce fa’ un concerto”».
Hai mai subito bullismo?
«Di critiche negative, tante. Ma non le ho subite. Anzi, mi facevano sentire superiore, consapevole di essere capace di sperimentare a differenza degli altri. Il consiglio che do a chi subisce è di fregarsene e di porsi sopra i giudizi. Non si può essere accettati per quello che non sei».
Il video dell’inedito è molto trasgressivo.
«Otto sequenze che raccontano la nostra ascesa, dalla gavetta a X Factor, girato tra le stanze di un albergo di cui alla fine prendiamo totalmente il controllo».
Allusione a X Factor?
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«Praticamente sì».
E il prete che compare?
«È una metafora. Cerca di esorcizzarci invano. Rappresenta il vecchiume della musica italiana - dal rap all’indie - di oggi che copia il passato, non inventa e non sperimenta».
Ma i vostri idoli?
«Tanti. Mischiamo musica, immagini, stili. Dai Rolling Stones a David Bowie a Rihanna, Lady Gaga, Madonna. Indossiamo pellicce e il nostro look ricercato, colorato, alternativo e dalla forte ispirazione indie».
Quindi, ci siamo.
«Sì. E faremo di tutto per mangiarci il palco».
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