Lirio Abbate per “l’Espresso” in edicola domani
toto riina
È il giorno di Natale e Totò Riina ricoverato all'ospedale di Parma per una crisi respiratoria appare curioso di conoscere il menù della giornata. Non sembra affatto in fin di vita o in condizioni disperate. È un ottantenne con i suoi acciacchi a cui non pesa la coscienza per i tanti delitti eseguiti ed ordinati. E dimostra ancora tutta la sua arroganza. Dal lettino d'ospedale a Riina l'unica cosa che sembra interessare è avere il panettone a Natale. Il boss a volte immagina di poter ricevere lo stesso trattamento che aveva durante la sua latitanza, quando ogni suo desiderio doveva essere subito esaudito dai suoi sudditi.??
TOTO RIINA
Adesso che è al 41 bis, il carcere duro, per il pranzo di Natale per lui non c'è stato alcun favoritismo, rispetto agli altri detenuti o agli altri pazienti ricoverati, come è giusto che sia, e quindi niente panettone. E così il capo dei capi non nasconde la delusione per non aver ricevuto il “dolcetto natalizio”, e lo dice apertamente e in maniera adirata. Poco prima di capodanno, migliorate le sue condizioni di salute, è tornato nella sua cella del carcere di Parma. Il racconto di un Natale con il boss in ospedale è pubblicato da l'Espresso nel numero in edicola da venerdì 8 gannaio.??
TOTO RIINA IN CARCERE
Riina da un anno ha fatto leva sulle sue condizioni di salute per tentare di ottenere la scarcerazione, chiedendo il “differimento della pena”: la misura che viene concessa quando le malattie di un detenuto ne rendono impossibile la detenzione. L’uomo, mai sostituito al vertice di Cosa nostra, ha messo nero su bianco la richiesta di passare agli arresti in casa. Il tribunale di sorveglianza di Bologna alla fine dell’estate di due anni fa ha rigettato le istanze, ritenendo «insussistente» alcun «vulnus alla tutela del diritto alla salute del condannato».
Liberate Riina
Inoltre, «quanto alla pericolosità sociale», i giudici hanno scritto che «la caratura criminale» di Riina non consente «una prognosi di assenza di pericolo di recidiva ove si consideri la tipologia di reati commessi, non necessariamente implicante prestanza fisica».??La lunga latitanza di Riina si è conclusa a Palermo il 15 gennaio 1993, sulla circonvallazione della città.
Quando il volto del capo dei capi apparve in televisione, sorprese tutti: nessuno immaginava che un personaggio così goffo, piccolo, dagli occhi sgranati, potesse essere il mafioso feroce che le cronache giudiziarie avevano dipinto. Il capo dei capi è arrivato nel carcere di Parma ad aprile del 2014, dando il cambio all’altro boss corleonese, Bernardo Provenzano, che ha fatto il percorso inverso, passando dal penitenziario emiliano a quello milanese di Opera.??
BERNARDO PROVENZANO
In cella l’anziano “Binu” c’è rimasto poco, perché sta male. Anche lui ha trascorso il Natale in ospedale. Per mantenere in vita Provenzano è necessario che prosegua il suo ricovero in isolamento nella camera di sicurezza allestita al San Paolo di Milano. Se il boss venisse collocato in un reparto ospedaliero comune, la sua sopravvivenza – come sostengono i giudici della Cassazione – sarebbe a “rischio”, per la “promiscuità” dell’ambiente. La sua situazione, comunque, è molto lontana da quella di Riina, ritenuto ancora in grado di nuocere.