Estratto dell’articolo di Paolo Condò per la Repubblica
bayern monaco psg mbappè messi
(…) Che il Psg sia una raccolta di figurine che fra loro non legano l'hanno ormai capito tutti, il punto è la pervicacia con la quale gli stessi errori vengono ripetuti come se una gestione sempre uguale, e che ha fallito innumerevoli volte, potesse mai portare a un risultato diverso.
In undici anni di proprietà araba il Paris ha vinto otto volte la Ligue 1, e la dimensione di quanto poco gliene freghi è data da un particolare illuminante: nessuno dei tre flop in campionato (clamorosi, vista la disparità finanziaria) è costato il posto all'allenatore responsabile. Nasser Al-Khelaifi, presidente del club e di un sacco di altre cose, non esonerò Ancelotti preceduto dal Montpellier di Giroud nel 2012, né Unai Emery maltrattato dal Monaco di Mbappé nel 2017, e nemmeno Pochettino beffato dal Lille di Galtier e Maignan nel 2021. È la Champions a fargli perdere la pazienza, spingendolo a decisioni costi quel che costi, e il modo di dire non è scelto a caso.
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Dopo quattro eliminazioni consecutive ai quarti, nel 2017 il Psg uscì agli ottavi in coda a un confronto rocambolesco e umiliante col suo incubo privato, il Barcellona: capace di vincere 4-0 la gara d'andata al Parco dei Principi, nel ritorno del Camp Nou il Paris si arrese a una strepitosa prestazione di Neymar, culminata nel 6-1 di Sergi Roberto in fondo al recupero.
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Neymar non si limita a comportarsi come gli pare fuori dal campo, ma in sei stagioni di Psg nessuno è ancora riuscito a convincerlo a liberarsi del pallone prima che un terzino gli zompi sulle caviglie mettendolo fuori uso per mesi come succede ogni fine inverno, con inquietante regolarità. Neymar è un campione, ma a 31 anni se ne parla ormai con una nota di rimpianto: quanto avrebbe aggiunto alla sua carriera una guida capace di correggergli i difetti più evidenti? Si fosse abituato a dare maggiore fluidità al suo gioco - "take the ball, pass the ball" secondo il mantra catalano - avrebbe evitato la quasi totalità degli incidenti che gli hanno condizionato la carriera.
al khelaifi meme
Intendiamoci poi, esistono le figurine dei talenti e quelle dei guerrieri, che digrignano i denti anche dall'album. Il Psg di Monaco di Baviera è andato incontro al suo destino con inaccettabile rassegnazione tranne che in un uomo: Sergio Ramos, che a quasi 37 anni ha cercato fino all'ultimo il gol di testa come quello che nel 2014 permise al Real Madrid di guadagnare in extremis i supplementari con l'Atletico, e lì trionfare.
Ramos ormai sta in piedi con lo scotch, ed è un po' invecchiato in difesa semmai. Ma possiede quell'anima che altri compagni non dimostrano, perché non crescono: a partire da Verratti, che continua a perdere palloni in zone pericolose come dieci anni fa, oppure di Vitinha che si trova sul piede l'insperata palla del vantaggio, e il massimo che gli riesce è quella mozzarella divorata da De Ligt.
Gli umori del giorno dopo segnalano almeno che sia Mbappé che Messi non sono sul piede di partenza. Il francese ha un contratto fino al 2024 con possibile opzione di un anno supplementare, l'argentino è in scadenza ma prevale la sensazione che prolungherà col Psg.
neymar
Se il destino di Galtier appare segnato, c'è un uomo soltanto in grado di entrare in quello spogliatoio e costringere tutti all'attenzione. L'ha già fatto in un'altra galleria di figurine pregiate - il Bernabeu - e da Cristiano Ronaldo in giù tutti si misero a sua disposizione. Si chiama Zinedine Zidane, è libero perché sognava la nazionale che Deschamps non gli ha mollato, dicono che un marsigliese a Parigi non possa funzionare. Dicono un sacco di scemenze, peraltro.
zidane