Stefano Stefanini per “la Stampa”
stefano stefanini
Anziché incontrare il mondo Vladimir Putin lo sfida da lontano. Non si presenta sulla passerella delle Nazioni Unite. Invece di parlare all'Assemblea Generale parlava ieri alla nazione russa. Si sente più a suo agio al Cremlino, di fronte a media addomesticati, in sfarzosi saloni da secoli impermeabili a qualsiasi dissenso, che non al Palazzo di Vetro.
A Mosca è (ancora) l'unica voce che conta; le altre annuiscono o tacciono. A New York, si accavallano e si scontano leader, in un incrociarsi caotico di idee, accuse, appelli, interessi nazionali, generosità ed egoismi - com' è da sempre l'Assemblea Generale dell'Onu, specchio del mondo.
vladimir putin
Imperfetto ma che cerca di dialogare - e magari di risolvere qualche problemino come la sicurezza alimentare a serio rischio in Africa e Asia - anche grazie a Putin - o i cambiamenti climatici.
Al Presidente russo il clima non interessa, anche se la tundra si sta squagliando in Siberia. Era assente al Cop26 di Glasgow, quando non era ancora in guerra. Adesso è in guerra, una guerra voluta e provocata, che non sta vincendo. Presentarsi all'Onu dove pure la Russia è uno dei cinque beati possidenti, col diritto di veto su tutte le decisioni importanti, abbondantemente usato, lo avrebbe inevitabilmente esposto al confronto con altri leader e messo davanti ad una audience non docile e addomesticata come quella di Mosca. E ad una grandine di critiche.
putin impassibile sotto il diluvio
A Samarcanda, nel club degli amici euroasiatici, Vladimir Putin aveva fatto buon viso a cattivo gioco e defletto le "preoccupazioni" di Xi Jinping e di Modi Narendra, avvertendo però che non tirava aria buona. A New York sarebbe stato sulla linea di tiro. Meglio rimanere a casa. Al Palazzo di Vetro ha spedito il fido Sergei Lavrov, professionista, veterano dell'Onu, al quale è di nuovo richiesto di giustificare l'inammissibile: uso della forza diametralmente opposto alla Carta; crimini di guerra commessi dalle truppe regolari russe; e, adesso, anche l'annessione dei territori occupati in Ucraina.
VLADIMIR PUTIN
Trincerato al Cremlino, il Presidente russo ha infatti annunciato il referendum per l'annessione della parte del Donbas controllata militarmente dalla Russia. Deve affrettarsi prima che gli ucraini liberino altri territori; le urne sembrano previste il prossimo weekend, battendo ogni record.
La progettata annessione, oltre che uno schiaffo in faccia all'Onu e al diritto internazionale, è anche la risposta, aggressiva, ai recenti successi militari di Kiev. Putin non ha alcuna intenzione di sedersi al tavolo e negoziare se non la pace, almeno un cessate il fuoco. Passa invece all'escalation, militare e politica. L'annessione ne è tassello critico. Innanzitutto, Putin fa appello ai sentimenti nazionali e slavofili sia della grande maggioranza dei russi, finora al riparo dalle conseguenze della guerra - McDonald ha chiuso, pazienza - sia degli abitanti delle aree belliche, nei territori occupati e in Russia.
PUTIN
Secondo, incorporando rapidamente il Donbas nella "sacra" Russia, qualsiasi mezzo militare, convenzionale e non, diventa lecito per difenderne la neonata integrità territoriale. Non ha bisogno di dirlo. L'uso dell'arma nucleare per difendere il territorio russo è sempre stato sottinteso. È il motivo per cui Usa e Nato hanno rigorosamente limitato le forniture di armi a mezzi che potessero difendere l'Ucraina senza attaccare la Russia.
la conferenza stampa di fine anno di vladimir putin 13
Terzo, crea le premesse per chiamare la mobilitazione generale - ultima ratio che equivarrebbe a riconoscere che la favola dell'operazione speciale non basta più. Vladimir Putin sta giocando il tutto per tutto. Chiuderà i rubinetti del gas. La borsa di Mosca crolla. I russi cominciano a domandarsi dove li porti la follia di questa guerra. Ma il leader si è isolato dal resto del mondo in un Cremlino che comincia ad assomigliare a un bunker. E questo lo rende quanto mai pericoloso.