Estratto dell’articolo di Giuseppe Bottero per “La Stampa”
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«A Napoli sta succedendo quello che è sempre accaduto. L’età media degli appartenenti alle organizzazioni criminali è bassa, è bassissima», dice Roberto Saviano.
Un quindicenne ucciso a colpi di pistola nel centralissimo corso Re Umberto, altri due minorenni feriti in una folle notte di fuoco e morte. Eppure lo scrittore, «purtroppo», non è stupito. «Va avanti così da molti anni, lo avevo raccontato nella Paranza dei bambini» spiega.
Saviano, perché si muore, e si uccide, a 15 anni?
«Per diverse ragioni. Le organizzazioni criminali storiche delegano ai giovani il controllo delle strade. Non sono dipendenti, “moschilli,” come negli Anni Ottanta e Novanta, quando le mafie strutturavano i minori nei propri clan. Qui si tratta di persone con delle responsabilità operative. Le ultime inchieste che riguardano, per esempio, l’omicidio di Gennaro Ramondino, ucciso dal suo amico sedicenne, mostrano che la selezione di killer è sempre fatta sui più giovani».
Per quale motivo?
Gennaro Ramondino
«Sia per gli sconti di pena, sia perché sono più affamati e hanno la necessità di scalare velocemente le gerarchie del potere. Visto che si muore presto e si va in galera molto presto, bisogna iniziare subito a guadagnare. Intorno ai 14 e 15 anni inizi la scalata ai vertici, che puoi raggiungere intorno ai 20 anni. A 25 sei già vecchio».
Cosa è cambiato dai tempi di Gelsomina Verde che ha raccontato in Gomorra?
«La camorra di oggi è cambiata, a partire dalla gestione. La stessa Napoli ha avuto un cambio di passo mediatico proprio grazie al suo racconto, ma essere stata invasa da tavolini con spritz e friggitorie non significa aver creato ricchezza, salvo che per qualche albergatore e qualche pizzettaro. La camorra ha investito tutte le sue risorse nel turismo: ha abbassato il proprio impatto militare, perché i b&b e i negozi sono strumenti dei loro guadagni, ma le organizzazioni continuano a essere potenti».
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Ha abbassato l’impatto militare, ma i killer sono ragazzini…
«Dobbiamo ricordare che le mafie sono l’unica organizzazione d’Italia a credere nei giovani, che investono sui giovani. Lo dico con tono paradossale, ma per niente sarcastico. Tra l’altro, non è proprio vero che le mafie stanno sparando meno; anche se c’è questa percezione sui media e sui social, tutta l’attenzione è sul “True Crime”, puro intrattenimento, più facile da raccontare. La criminalità indaga il potere, la politica, la società, questioni più complesse. Ma di camorra c’è un morto a settimana, anzi, sul piano statistico, un morto e mezzo». [...]
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