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    MORIRE DIETRO LE SBARRE - A REGINA COELI UN 23ENNE SI UCCIDE, INDAGATI DUE AGENTI - IL DETENUTO, CHE SI È IMPICCATO IN CELLA, ERA “A RISCHIO SUICIDIO” E DOVEVA ESSERE SORVEGLIATO OGNI 15 MINUTI - APERTA UN’ALTRA INCHIESTA PER OMISSIONE DI ATTI D’UFFICIO: NONOSTANTE FOSSE STATO DICHIARATO “INCOMPATIBILE CON IL REGIME CARCERARIO”, INFATTI, IL GIOVANE ERA RIMASTO IN CELLA...


     
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    Michela Allegri per il Messaggero

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    Doveva essere controllato ogni quindici minuti, proprio per evitare che compisse atti estremi, visto che era considerato un soggetto «a rischio suicidio». Invece, Valerio G., 23 anni, detenuto a Regina Coeli, ha avuto il tempo di fabbricare un cappio con un lenzuolo, legarselo intorno al collo e togliersi la vita.

     

    Per il pm Attilio Pisani, due agenti della polizia penitenziaria sarebbero responsabili di quel decesso. Uno è già stato indagato per omicidio colposo, mentre il secondo è in corso di identificazione e a breve verrà iscritto sul registro della Procura. Per gli inquirenti, avrebbero eseguito i controlli previsti con superficialità e imperizia.

     

    I FASCICOLI Sul caso sono pendenti altre due inchieste. In un fascicolo aperto per omissione in atti d’ufficio, la Procura indaga sulla parabola giudiziaria del detenuto. Nonostante un perito lo avesse dichiarato «incompatibile con il regime carcerario», infatti, il giovane era rimasto in cella. Una parte degli atti, inoltre, è stata trasferita per competenza a Frosinone.

     

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    Nel mirino dei pm, una nota dello scorso dicembre in cui i responsabili della Rems di Ceccano, dove Valerio si trovava per scontare una condanna penale, hanno descritto il giovane come «capace di intendere» e hanno aggiunto che sarebbe stato «auspicabile il trasferimento in un luogo più idoneo». In realtà, un perito del Tribunale aveva messo nero su bianco che il ventitreenne era un «ad alto rischio suicidario».

     

    È l’8 novembre, il giovane, arrestato per resistenza a pubblico ufficiale, viene processato per direttissima. Il suo avvocato, Claudia Serafini, chiede di valutarne lo stato mentale. Il ragazzo viene visitato da uno psichiatra, che rileva la presenza di un vizio di mente. Valerio gli ha detto di aver tentato suicidio. Il 15 del mese, il Tribunale dispone «il ricovero in casa di cura e di custodia».

     

    Il ventiduenne viene trasferito nella Rems, ma fugge tre volte. Il 19 dicembre, i responsabili della residenza inviano tre note a piazzale Clodio. Scrivono che «nel periodo di osservazione, seppur breve, si è rilevata l’assenza di elementi di psicopatologia di rilievo». Il Tribunale dispone quindi il carcere. Il 14 febbraio, in aula, il perito descrive di nuovo il ventitreenne come un «soggetto a rischio».

     

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    Il 24 febbraio, Valerio si toglie la vita. I suoi compagni di cella, ascoltati dal pm, raccontano che a Regina Coeli nessuno si è accorto di nulla. davanti all’ingresso di una delle tre sedi del liceo Lucio Anneo Seneca, quella dove si insegnano il Greco e il Latino, con circa 150 iscritti. «Ma non è stato uno di noi», sono sicuri i ragazzi, quando quelle parole cariche d’intolleranza sono già sulla bocca di tutti. «È stato un esterno, ne siamo certi», ripetono tutti. «Questa è una scuola dove il razzismo non ha mai avuto cittadinanza», dicono anche gli insegnanti, spaventati dall’idea che certi concetti possano circolare tra i ragazzi a cui ogni giorno cercano di trasmettere tutt’altri valori.

     

    DENUNCIA CONTRO IGNOTI Ovviamente è già scattata la denuncia alle forze dell’ordine, probabile che la scritta sia stata realizzata tra sabato e domenica notte, quando l’istituto è rimasto chiuso e senza lezioni. Un blitz di un gruppo organizzato di neo-fascisti o la smargiassata di una banda di spacconi, magari inconsapevoli di quello che la frase riesce ad evocare?

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    Le indagini sono in corso. Ieri qualcuno ha provato a ripulire l’asfalto con l’acido,ma non è bastato. «Ci abbiamo messo sopra qualche ago di pino, per evitare che si leggesse ancora», raccontano alcuni alunni, quelli che lì accanto, intanto, hanno appeso un cartello di segno opposto. C’è scritto: «Contro ogni forma di razzismo». Racconta Ludovica Bianchi, 19 anni tra una manciata di giorni, uno dei promotori della reazione: «Quando questa mattina abbiamo trovato la scritta davanti alla scuola siamo rimasti tutti basiti per la viltà di queste persone.

     

    Abbiamo sentito il bisogno di fare qualcosa. Un cartellone contro il razzismo è importante, ma sappiamo che il gesto non basta. Ma non possiamo restare indifferenti davanti all’odio». 

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