Lamberto Abbati per www.rimininews.it
violenza sui minori
Doveva imparare il Corano e doveva farlo in lingua araba. Lingua che però non veniva parlata in casa e quindi il bimbo non poteva comprendere. Al minimo errore scattava la violenza: frustato con delle fascette stringicavi o, peggio ancora, con dei cavi di caricabatterie. Il prossimo 15 settembre il padre del minore, un 46enne africano che vive nel Riminese da più di 20 anni, comparirà davanti al tribunale Collegiale di Rimini. Difeso dall’avvocato Viviana Pellegrini, dovrà rispondere di maltrattamenti in famiglia aggravati. E’ questo il reato per cui il gup Benedetta Vitolo martedì mattina lo ha rinviato a giudizio, come peraltro richiesto dal pubblico ministero Davide Ercolani.
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Il minore, oggi 14enne, invalido al 100% sin dalla nascita a causa di un “piede torto congenito con ipotrofia artuale e ipoacusia percettiva bilaterale”, avrebbe subito a partire dall’età di 4 anni reiterati atti di violenza fisica e morale da parte del padre. “Stupido, incapace, imbecille… Gli altri bambini sono migliori di te”, gli ripeteva il genitore. Che essendo di religione mussulmana pretendeva che il figlio (avuto dalla sua compagna dell’epoca, una donna dell’Est Europa) studiasse il testo sacro dell’Islam quando ancora era in tenera età: “Devi imparare il Corano”. Al rifiuto del minore ecco che sarebbero scattate le frustate e le botte.
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Le maniere forti nell’educare il figlio, secondo la Procura, erano una costante. Del resto “mia madre – ripeteva il 46enne africano – mi picchiava con un ramo di albero e mi lasciava il segno. Il segno sul corpo andava via ma in testa rimaneva ed io imparavo… E’ mio compito insegnarti l’educazione, non voglio un figlio maleducato“.
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Quando la storia tra i genitori del minore è finita, lui è rimasto a vivere con la madre (assistita dall’avvocato Martina Montanari) mentre il padre ha cambiato casa sposando nel frattempo un’altra donna. Ad accorgersi del disagio provato dal ragazzino è stata una psicologa dell’ospedale Infermi, dove nel 2020 il 14enne fu ricoverato per una serie di mal di pancia provocati da un perenne stato d’ansia. Il successivo intervento degli assistenti sociali e quello del Tribunale dei Minori di Bologna hanno portato alla luce anni di presunti maltrattamenti. Che l’avvocato del 46enne cercherà nel corso del processo di ridimensionare riconducendoli al reato di abuso dei mezzi di correzione: “Ad oggi il mio assistito, che ha recuperato un buon rapporto con il figlio, ha intrapreso un percorso che lo ha portato a comprendere la gravità di alcune sue condotte”.