Daniele Autieri per “la Repubblica – Edizione Roma”
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I cittadini di Roma e del Lazio hanno ripreso a giocare e a scommettere. Scommesse e giochi regolari che hanno colmato il crollo del Covid e sono ripartiti nel 2021 per far presagire un 2022 di festa. Secondo dati ancora inediti dei Monopoli di Stato nel 2021 il gioco fisico nella regione ha raggiunto i 4,4 miliardi di euro, mentre 7,1 miliardi sono stati spesi nel gioco online. Nel complesso il giocato è stato di 11,6 miliardi.
Il dato ricalca quanto accaduto nel 2019, l'anno che ha preceduto il Covid- 19. Allora il gioco fisico aveva assommato giocate per 7,6 miliardi mentre quello online per 4 miliardi. Sebbene la bilancia tra le giocate di persona e quelle in rete penda sul lato dell'online, il totale si conferma a 11,6 miliardi, come appunto nel 2021.
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La ripresa anticipa quello che molti considerano il boom del 2022. Dati ancora non ce ne sono, ma i protagonisti del settore hanno già dichiarato che si attendono crescite delle scommesse nell'ordine del 38-40%.
Il dato conferma che il gioco sta diventando sempre più una abitudine per milioni di persone e apre ancora una volta una questione sociale sul tema, soprattutto legata alla possibile applicazione di una legge regionale che obblighi il distanziamento dai punti sensibili (scuole, bancomat, compro oro, palestre, oratori, ecc.). Già dal 2012 la Regione Lazio ha previsto una legge che imponga un distanziamento minimo di 500 metri da questi luoghi, legge che - dopo una serie di rinvii - avrebbe dovuto entrare in vigore nel 2021, prima di essere rinviata di nuovo al 1° settembre di quest' anno.
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In realtà, proprio in queste ore, si discute su un possibile ulteriore rinvio dell'applicazione di una legge che molte altre regioni italiane hanno già adottato. Lo ha fatto il Piemonte nel 2017 ( prima di annullarla nel 2020), lo hanno fatto le province autonome di Trento e Bolzano, lo hanno fatto anche l'Emilia- Romagna e la Lombardia, dove si cominciano a vedere i primi risultati.
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Sul tema la scorsa settimana si è tenuto un incontro convocato dal vice presidente della Regione Lazio, Daniele Leodori, al quale hanno preso parte alcune delle imprese protagoniste del settore, così come le associazioni che si battono per limitare i rischi sociali collegati a un abuso del gioco e delle scommesse.
Un incontro che è terminato senza decisioni, ma con la consapevolezza - da parte di molti - che la ripartenza del settore dovrebbe prevedere anche maggiori controlli sul territorio.
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I concessionari, da parte loro, sono pronti a dare battaglia e dichiarano che l'approvazione di una legge del genere rischia di azzerare il gioco legale nella regione, aprendo la strada alle scommesse illegali e assestando un duro colpo all'occupazione. Un allarme lanciato da Geronimo Cardia, presidente Acadi ( Associazione concessionari apparecchi di intrattenimento) che già nel marzo scorso aveva sollevato il problema dichiarando che « il comparto del gioco pubblico nel Lazio morirà, rendendo inutile lo sforzo che verrà fatto a livello nazionale con il riordino».
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In realtà la questione è più complessa perché - almeno stando ai numeri - il tema occupazione è residuale nel settore. Rispetto ai 900 milioni di euro che dal Lazio sono finiti nei bilanci dei concessionari nel 2021 il settore occupa nella regione appena 3.200 addetti, circa il 12% dei 29mila addetti su scala nazionale.
Più che regionale il tema è nazionale, almeno nella sua complessità e necessita anche di una risposta unitaria che regoli il settore senza creare disparità tra una regione e l'altra. Proprio il riordino del gioco d'azzardo è uno dei fascicoli sul tavolo del ministero delle Finanze che in più occasioni, per bocca del sottosegretario Federico Freni, ha parlato della «necessità di una distribuzione sul territorio dei punti di gioco che risulti sostenibile sotto il profilo dell'impatto sociale e dei controlli a salvaguardia sia della legalità sia dei soggetti maggiormente vulnerabili, dei minori e di coloro che sono affetti da disturbo da gioco d'azzardo patologico».
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La questione adesso riguarda le decisioni che la Regione Lazio sarà chiamata a prendere nelle prossime settimane: da un lato la scelta di seguire altre regioni italiane sulla strada della tutela e quindi rispettare i tempi previsti per l'approvazione della legge; dall'altro rimandare di nuovo la sua applicazione, rinunciando a porre un argine al potenziale rischio sociale di un boom annunciato.