Estratto dell’articolo di Giuseppe Scarpa per “La Repubblica – Edizione Roma”
POLIZIOTTO MINACCIA DUE PERSONE A ROMA STAZIONE TIBURTINA
Si è sfilato la pistola dalla cintola e l’ha puntata alla nuca di due persone. Poi le ha fatte inginocchiare: «M’hai rubato i soldi — rivolto a uno dei due — ti ammazzo pezzo di merda, ti do una revolverata in testa». Intorno decine di passanti osservano la scena folle a due passi dall’ingresso della stazione Tiburtina.
Ad impugnare l’arma è un poliziotto, in quel momento fuori servizio, che aveva deciso di regolare i conti, con dei suoi presunti debitori, in stile western. È il tardo pomeriggio del 18 giugno le persone urlano mentre assistono alla scena.
titolare del maneggio
Le vittime sono due cittadini albanesi, padre e figlio. Terrorizzati gli consegnano i soldi, poco meno di 200 euro, mentre l’agente soddisfatto, in abiti civili, tiene in mano l’arma d’ordinanza e gli dice: «Adesso sono usciti fuori i soldi».
L’epilogo di questa vicenda è stata la misura cautelare dell’obbligo di dimora a Roma applicata ieri al 49enne assistente capo, dopo un’inchiesta portata avanti dalla polizia che ha inchiodato alle proprie responsabilità un collega che (in concorso con il figlio) si è rovinato la carriera. I due sono accusati di estorsione, lesioni e calunnia.
Quest’ultimo reato è stato contestato dal pm Francesco Basentini e dal gip Ezio Damizia perché l’agente e il figlio hanno cercato di ribaltare la storia sostenendo di essere stati aggrediti dai due albanesi e di essersi così dovuti difendere.
STAZIONE TIBURTINA
Una versione inventata di sana pianta, confutata dalle telecamere di un locale, che hanno registrato la spedizione punitiva, e dai numerosi testimoni che hanno raccontato, nel dettaglio, l’intera dinamica. […] Due cittadini albanesi accettano l’impiego in un maneggio nella periferia est di Roma. Il maneggio è di uno dei due figli dell’assistente capo.
La coppia di operai, originaria di Tirana, ci lavora per cinque giorni, poi decidono di lasciare il loro impiego. Non sono soddisfatti dell’alloggio che gli è stato messo a disposizione. Comunicano la loro decisione e chiedono di essere pagati per il tempo che hanno trascorso a pulire le stalle e a occuparsi dei cavalli.
STAZIONE TIBURTINA
La cifra è di 200 euro, i due prendono i soldi e vanno via. Della breve conclusione del rapporto lavorativo viene messo subito a conoscenza il padre poliziotto che ritiene la somma pagata un furto. E così, assieme a uno dei suoi figli, si dirige verso la stazione Tiburtina da dove i due stavano per partire alla volta di Bari. Quando l’agente li vede non gli dà nemmeno il tempo di difendersi: calci, schiaffi e pugni di fronte a numerose persone che assistono impotenti all’agente in versione sceriffo che impugna l’arma e pretende di farsi giustizia da sé.