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    UN BEL FILETTO, E COME MI DILETTO! - A ROMA IL FILETTO FRITTO DI BACCALÀ È UNA VERA E PROPRIA ISTITUZIONE - LE ORIGINI SONO ANCORA DIFFICILI DA STABILIRE: PER ALCUNI IL PIATTO E' LEGATO ALLA TRADIZIONE CULINARIA EBRAICA - QUELLO CHE È CERTO È CHE IL MERLUZZO CONSERVATO COMINCIÒ A PRENDERE PIEDE SULLE NOSTRE TAVOLE NELLA SECONDA METÀ DEL '500 - MA CONOSCETE LA DIFFERENZA TRA MERLUZZO, BACCALÀ E STOCCAFISSO? TUTTO DIPENDE DA…


     
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    Giacomo A. Dente per “il Messaggero”

     

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    I fratelli Bruno e Spartaco Gratta sono oramai un ricordo sbiadito dal tempo, ma la loro idea di creare un locale tutto dedicato a un classico piatto romanesco, convocante come pochi, i filetti fritti di baccalà, ha segnato un'epoca. Tanto è vero che ancora oggi, tra Campo dei Fiori e il Ghetto, Er Filettaro, il loro locale passato poi alla famiglia Cortesi, è diventato un luogo inossidabile di felicità gastronomica.

     

    Così, in una piazza che sembra una quinta teatrale, il gourmet si misura con un minimalismo spinto: tavoli essenziali, vino sfuso, crostini burro e alici, e soprattutto puntarelle per accompagnare il baccalà. Poche cose, ma tutte come vuole tradizione. Sembra semplice, ma questi filetti croccanti, «fermati con una pastella né lenta né fitta, composta appena di acqua e farina. E senza sale», come aveva scritto Livio Jannattoni, supremo storico dei sapori della Capitale, sono diventati ormai un cibo iconico.

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    L'ORIGINE

    Difficile stabilirne l'origine, anche se per alcuni va ricercata nella cucina del Ghetto, dove la sacralità dell'olio si riconnette a Channukkah, la Festa delle Luci. Quello che è certo, è che il merluzzo conservato cominciò a prendere piede sulle nostre tavole nella seconda metà del '500, quando nel corso del Concilio di Trento uno dei padri conciliari, lo svedese Olao Magno, lo sdoganò con un libello che ne permetteva il consumo anche nei giorni del digiuno.

     

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    In questo modo lo stoccafisso e il baccalà entrarono e si diffusero sulle nostre tavole. Va fatta però una distinzione importante. Lo stoccafisso, introdotto in Italia dal Veneziano Pietro Querini - che lo aveva conosciuto dopo essere naufragato nel 1432 col suo equipaggio sull'isola di Røst nelle Lofoten norvegesi - è il merluzzo essiccato all'aria, secondo l'antico metodo vichingo.

     

    Il baccalà, invece, è un merluzzo messo sotto sale in appositi barilotti, e nasce probabilmente da una antica tecnica di conservazione dei pescatori di balene del Golfo di Guascogna. In alcuni territori gastronomici i termini si confondono: basti pensare al baccalà alla vicentina, che è invece stoccafisso.

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    LE SPERIMENTAZIONI

    «Noi genovesi, baccalà e stoccafisso li prendiamo molto sul serio», sorride Eugenio Segalerba, vice presidente del Circolo Artistico Tunnel, elitario club genovese ospitato in un nobile palazzo di via Garibaldi, la Strada Nuova illustrata da Rubens, «al punto che con un gruppo di amici abbiamo fondato il SIC, Stockfish Inner Circle, che tutti i venerdì si riunisce al Tunnel per gustare piatti di stoccafisso o di baccalà, compresi i frisceu, i filetti fritti.

     

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    A Genova, come a Roma sono cibo di strada, oppure un antipasto, ma qui in città si possono sperimentare anche variazioni eclettiche, come quelle che preparano, secondo la scuola portoghese, da O Botego do Bonde Amarelo, nel cuore dello storico Mercato Orientale». Anche Napoli ha molto da dire in materia. Gli appassionati trovano a due passi dall'Università Orientale il formidabile Baccalaria, bottega e bistrot dove il merluzzo viene declinato in una incredibile kunst der fuge di sapori, compreso il gran fritto.

     

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    Con la benedizione di Ippolito Cavalcanti, duca di Bonvicino, autore nel 1837 di un grande trattato, la Cucina teorico-pratica, dotata due anni dopo di appendice in dialetto che, per il pranzo del venerdì raccomanda: «Vruoccoli co zuco de limone e uoglio, pesce voltato co la sauza e zeppolelle di baccalà fritte».

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