Fabio Poletti per “La Stampa”
FUNIVIA DEL MOTTARONE - LUIGI NERINI
Il dolore da solo non basta. A rendere insopportabile la tragedia è la scoperta che dietro a quelle 14 morti c'è la mano colpevole di uno di qui, del Luigi Gigi Nerini che conoscevano tutti, vedevano al bar o sul lungolago, con il suv Mercedes nero che fa tanto imprenditore di successo. Il giorno dopo gli arresti e le confessioni, i forchettoni messi ai freni per spremere la funivia come un limone senza pensare al suo carico di turisti, Stresa si scopre tradita.
Davanti alla chiesa dei Santi Ambrogio e Theodulo, affollata per la commemorazione delle quattordici vittime, una signora con la camicetta rosa e il golfino beige all'uncinetto, dice quello che pensano molti: «Siamo passati dal dolore alla rabbia. Prima piangevamo solo dei poveri morti, anche se non erano di qui. Adesso abbiamo a che fare con dei criminali. Si fa fatica a pensare che per qualche euro c'è chi decide di mettere a repentaglio la vita della gente. La nostra vita».
LUIGI NERINI
In chiesa sono in 160, contati per le misure anti Covid. In strada mischiati alle televisioni e alle autorità in pompa magna, altra gente. Tanta, molta più che all'obitorio con le salme delle vittime, dove a portare un fiore o a dire una preghiera erano stati davvero pochini.
Davanti all'altare quattordici fiammelle, quante sono state le vittime. Don Gian Luigi Villa, parroco di Stresa da dieci anni, legge le parole di cordoglio inviate dal Papa, ma poi non può trattenersi: «C'era Dio in quella cabina schiacciata, come sulla croce dall'ingiustizia umana. Morti di questo tipo aprono voragini di male e di sofferenza».
LUIGI NERINI
Parole dure ma misurate. A sentire Angelo Garavaglia, il proprietario del Cafè Idroscalo attaccato alla funivia, il barista che ogni giorno serviva l'espresso a Luigi Gigi Nerini, lo stresiano che come tutti sarà salito un milione di volte sull'impianto fino al Mottarone, a sentire lui si capisce davvero come si sentano i nemmeno cinquemila abitanti di Stresa.
Le sue sono parole colme di rabbia, tanta rabbia: «Lui e gli altri arrestati sono persone che conosciamo. Non ci aspettavamo una svolta così. Avevano la nostra fiducia ce l'hanno tolta con il loro comportamento che ha provocato 14 morti. Quello che hanno fatto non è ammissibile. Hanno messo a repentaglio la vita di tutti. Su quella funivia domenica ci potevo essere io, ci potevano essere i miei figli. Chiunque di Stresa. Gente che lo salutava, divideva il caffè o l'aperitivo, era abituato a vederlo come uno di noi».
LA FUNIVIA E UNA FOTO DI LUIGI NERINI
Perché alla fine, non sono solo i 14 morti il problema. Persone che venivano da Pavia o da Israele, da Varese o dalla Calabria, luoghi troppo distanti anche per l'umana pietà. Il fatto che sconvolge è che questi morti li abbia provocati uno di Stresa, per un gesto calcolato e scellerato pur di non perdere l'incasso di una giornata di sole. Che sarebbero poi 6 mila euro in tutto.
Che fanno nemmeno 450 euro a vittima, quasi che la vita non abbia prezzo. Ma nell'altro senso, diverso dal sentire comune. Il sindaco di Stresa Marcella Severino, al mattino corre a Torino al capezzale del piccolo Eitan, l'unico sopravvissuto, al pomeriggio indossata la fascia tricolore appare alla commemorazione delle vittime. Le sue sono parole colme di costernazione: «La notizia degli arresti è una ulteriore mazzata. Adesso sappiamo che la tragedia si poteva evitare. Il buono e il cattivo c'è ovunque, persone così spero ce ne siano pochissime».
funivia stresa
C'è chi ha perso la vita per salire sul Mottarone. C'è chi immagina che l'immagine della perla del lago Maggiore non sarà più la stessa dopo questa tragedia che ha fatto il giro del mondo. In paese sono arrivati giornalisti israeliani, tedeschi, svizzeri. Perché alla fine c'è pure il danno economico, con la funivia ferma per chissà quanto tempo.
funivia stresa
All'imbarcadero dei battelli per l'Isola Bella, c'è chi vede il brutto di tutto. Un signore col giubbotto blu e gli occhiali da sole è più addolorato che arrabbiato: «Nessuno poteva immaginare che per l'incasso di una giornata Gigi potesse arrivare a tanto. Si è rovinato la vita oltre ad aver rovinato la vita a 14 persone e ai loro familiari. Ma ha rovinato anche l'azienda che andava avanti da cent'anni e pure i suoi dipendenti, adesso senza lavoro fino a chissà quando».
funivia Stresa Mottarone
Tra le autorità, alla commemorazione per le vittime, c'è anche il presidente della Provincia del Verbano Cusio Ossola Arturo Lincio. Le sue sono parole sentite, ma sono pure la difesa di Stresa, di quello che è stato e che rischia di non essere più, come una macchia indelebile: «Sono qui per testimoniare la nostra vicinanza a chi ha subito questa sciagura insopportabile. Ma siamo anche colpiti perché abbiamo fatto dell'ospitalità di questa terra il nostro traguardo».
IL SISTEMA DI SICUREZZA DELLA FUNIVIA
Giovanni Catarinella un tempo gestiva il Baia Rosa Bistrot dall'altra parte della piazza da dove partono la funivia e i battellini e i motoscafi per il giro sul lago d'estate affollato di turisti. Gli piace venire qui anche solo per una passeggiata. Come tutti conosceva Luigi Gigi Nerini. Non può difenderlo ovviamente.
forchettone funivia stresa
Ma più che rabbia la sua è incredulità, per una tragedia provocata da una colpa grave: «Non doveva fare quello che ha fatto. Lui e gli altri arrestati con lui si sono fatti prendere dall'ingordigia. Hanno agito con una leggerezza che alla fine è costata la vita a 14 persone, gente che veniva qui da noi per godere di un giorno di sole, il primo dopo le troppe privazioni che abbiamo vissuto tutti con il lockdown».
FUNIVIA STRESA
Dalle televisioni e sui social arrivano le reazioni della politica e dei familiari che hanno perso un loro caro. Si invocano pene severe. Si giura che mai e poi mai si potrà perdonare chi per ingordigia e per profitto ha provocato una strage.
funivia stresa mottarone 9
Davanti alla chiesa di Sant'Ambrogio e Theodulo, porgere l'altra guancia non è nemmeno da prendere in considerazione. Un ragazzone con la mascherina nera quasi sibila di rabbia: «Non devono più uscire dal carcere. Devono buttare via la chiave. Ma, soprattutto, non si facciano mai più vedere a Stresa».