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    A TUTTO JAS! – GAWRONSKI FA 85: “QUANDO AGNELLI MI CANZONAVA GLI RICORDAVO CHE MIO NONNO NON SI ERA MAI MESSO IN CAMICIA NERA. IL SUO SÌ. UNA PARTE DELL’AVVOCATO È IN PARADISO, L’ALTRA IN PURGATORIO, E LUI SAPREBBE PERCHÉ” – “LA THATCHER ERA INNAMORATA DI REAGAN, AL G7 DEL 1983 SI CAMBIÒ QUATTRO VOLTE PER LUI” – “QUANDO ERO CORRISPONDENTE DA MOSCA, VENIVA SPESSO A CENA A CASA MIA UN COLLEGA RUSSO, CON UNA FIDANZATA BELLISSIMA. CAPITAVA CHE LUI SI UBRIACASSE, E LEI…”


     
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    Alessia Ardesi per “Libero Quotidiano”

     

    Dalla terrazza di casa sua si domina il centro di Roma e si vedono gli affreschi dentro la cupola della Basilica di San Carlo al Corso. Ha visitato 130 paesi, è stato amico di Wojtyla e Fidel Castro, di Agnelli e Berlusconi. Ha intervistato, tra i tanti, la Thatcher e Khomeyni, Malcolm X e Walesa. È nato a Vienna, da un ambasciatore polacco, Jan, e dalla scrittrice Luciana Frassati.

     

    Jas Gawronski compirà tra pochi giorni 85 anni, anche se ne dimostra quindici di meno - sua madre è arrivata a 105. Ha un tratto di eleganza, educazione e rispetto d'altri tempi. Parlare di fede con lui viene abbastanza naturale.

     

    Senatore Gawronski, lei crede?

    «Sono credente, prego e vado messa. Ho trovato nella mia parrocchia un confessore molto generoso. Gli ho chiesto di poter partecipare alla messa durante la settimana, anziché la domenica quando la chiesa è troppo piena di gente».

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    E lui cosa ha risposto?

    «Niente, ha sorriso. Non ha fatto obiezioni».

     

    Suo zio, Pier Giorgio Frassati, è beato.

    «Sì, ed è grazie a lui se sono vivo per miracolo».

     

    Perché?

     «Una mattina di sette anni fa, uscendo di casa di corsa per raggiungere lo scooter, vengo abbagliato da un raggio di sole. La vista mi si offusca e non mi accorgo che c'è un tombino, profondo tre metri e mezzo, lasciato aperto senza alcuna segnalazione. Ci finisco dentro».

     

    luciana frassati luciana frassati

    Quante fratture?

    «Neanche un graffio. Mi ha salvato mio zio Pier Giorgio, è stato davvero un suo miracolo. Ne ha fatti altri».

     

    Per questo è stato beatificato?

    «Sì. Lui aiutava i poveri. È morto a soli ventiquattro anni, prendendosi la poliomelite a casa di un malato».

     

    Suo nonno Alfredo Frassati, fondatore e direttore della Stampa, era ateo però...

    «Non credeva. Ma al funerale del figlio, vedendo la folla di oltre cinquemila persone accorse per dargli l'ultimo saluto, dei dubbi gli vennero. E anche dei rimorsi».

     

    Lei è nato a Vienna nel 1936, due anni prima dell'invasione di Hitler. Che infanzia ha avuto?

    «Sono cresciuto in una famiglia cattolica. I miei frequentavano Alma Mahler, Arturo Toscanini, Wilhelm Furtwängler. I due direttori di orchestra litigavano spesso: Toscanini rimproverava al collega di non essersi schierato contro il nazifascismo».

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    È vero che Furtwängler si innamorò di sua mamma?

    «Sì, le scrisse lettere d'amore bellissime ma molto rispettose. Non accadde nulla. Almeno che io sappia». Che donna era? «Era bellissima. Da antifascista incontrò sei volte Mussolini, nel periodo drammatico in cui scoppiò la seconda guerra mondiale».

     

    Come mai?

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    «Perorava la causa della Polonia, la terra di mio padre. Mussolini non parlava affatto bene di Hitler, cercava ogni occasione per punzecchiarlo. Lei gli raccontò dei cento professori polacchi che erano stati convocati con il pretesto di una conferenza dagli occupanti nazisti e incarcerati. Il Duce chiamò il Führer e li fece liberare».

     

    E suo padre?

    «Aveva una cultura smisurata, parlava latino e greco. Era un diplomatico. Incontrò mamma a Berlino, dove il nonno era ambasciatore. Quando Mussolini instaurò la dittatura gli portarono via La Stampa per darla al senatore Agnelli, che non ebbe la cortesia di rifiutarla».

     

    Non ne parlò mai con l'Avvocato?

    jas gawronski foto di bacco jas gawronski foto di bacco

    «Quando mi canzonava, gli ricordavo che mio nonno non si era mai messo in camicia nera. Il suo sì».

     

    Cosa ricorda della guerra?

    «L'arrivo dei soldati polacchi a Roma. Erano gli eroi che avevano preso Cassino. Io, che parlavo polacco, li portai in giro per la città. Sparii per tutto il giorno, dimenticandomi di avvertire i miei. Erano disperati».

     

    Come si immagina l'Aldilà?

    «Il Paradiso esiste di sicuro. Tenderei ad escludere l'Inferno, perché se Dio è buono ci perdonerà. Però non bisogna spargere la voce, altrimenti qualcuno potrebbe essere invogliato a comportarsi male. Certo, ci sono crimini orribili per cui l'Inferno è giusto».

     

    E il Purgatorio?

    «È una passaggio di transizione, non molto interessante».

     

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    Posso proporle un gioco?

    «Vediamo...»

     

    Dove pensa che saranno alcune delle persone che ha incontrato o intervistato: all'Inferno, in Purgatorio o in Paradiso?

    «Va bene, ma le faccio una premessa: non credo che nessuno sia finito all'Inferno».

     

    Neanche Fidel Castro?

    «Lo penso in Paradiso, perché era in buona fede. Per cinquant' anni, a capo di uno Stato con otto milioni di abitanti, ha condizionato la vita politica degli Usa e influenzato quella del Sud America. Credo sia l'unico dittatore che non ha avuto un conto in Svizzera».

     

    luciana frassati gawronska luciana frassati gawronska

    E la gente che ha messo in galera?

    «È vero; ma nella sua concezione era a fin di bene».

     

    L'Imam Khomeyni?

    «L'ho intervistato poco prima che tornasse a Teheran. Quando è diventato leader dell'Iran mi vennero i brividi».

     

    Quindi all'Inferno?

    «In Purgatorio, credo. Quando c'è una forte forza religiosa, ci possono essere anche buone intenzioni».

    jas gawronski e wojtyla jas gawronski e wojtyla

     

    Malcolm X?

    «In Purgatorio. Aveva un'idea del razzismo al contrario: l'America avrebbe dovuto creare uno Stato per i neri, non infiltrati dai bianchi. Disprezzava Martin Luther King. Aveva fascino. Era stato un ruffiano, uno che usava le donne. Poi ha cambiato atteggiamento ed è diventato un simbolo positivo».

     

    Margaret Thatcher?

    «Nel super paradiso economico, riservato a quelli che hanno salvato il mondo. Ha resistito agli scioperi. Era una donna innamorata di Reagan».

    jas gawronski silvio berlusconi jas gawronski silvio berlusconi

     

    Dice?

    «Al G-7 dell'83 si cambiò d'abito quattro volte. Per lui».

     

    Andy Warhol?

    «In Purgatorio per la vita che ha condotto, in Paradiso per i capolavori che ha realizzato».

     

    Gianni Agnelli?

    «Lo "scomporrei" in due. Una parte in Paradiso, per le tante cose belle che abbiamo fatto insieme, tra cui viaggi fantastici, e le persone interessanti che mi ha fatto incontrare. L'altra in Purgatorio».

    thatcher Reagan thatcher Reagan

     

    Perché?

    «Lui lo saprebbe».

     

    Lech Walesa?

    «In Paradiso, come rivoluzionario. In Purgatorio, come presidente della Repubblica. È difficile essere bravo nell'organizzare la rivolta e poi governare».

     

    Cesare Romiti?

    alfredo frassati alfredo frassati

    «Se lo mettessi solamente in Paradiso si offenderebbe. Anche in questo caso si deve sdoppiare. Sarà in Paradiso per come ha gestito la Fiat. In Purgatorio per certe frecciate e cattiverie fatte ad alcuni dipendenti».

     

    Enzo Biagi?

    «Ho lavorato con lui come interprete, gli organizzavo i viaggi. Per andare in Vietnam dovemmo cambiare cinque aerei. Decisi così di passare per il Cairo e di fermarci a vedere le piramidi. Ci trovammo, al tramonto, noi due soli di fronte a uno spettacolo meraviglioso... Ma lui non ne rimase colpito, volle andare via subito».

     

    Quindi sarà...

    JAS GAWRONSKI - LICIA COLO - AMBROGIO FOGAR JAS GAWRONSKI - LICIA COLO - AMBROGIO FOGAR

    «Sospeso tra Paradiso e Purgatorio... Diciamo che ho imparato di più da Sergio Zavoli».

     

    Pensa alla morte?

    «Ci penso sempre di più. Però, più si avvicina quel momento e meno mi fa paura. Anni addietro mi spaventava. Ora mi sembra un logico e giusto approdo».

     

    Cosa intende?

    lech walesa lech walesa

    «Quando mio papà era ormai anziano, spesso gli chiedevo se temesse di morire. Lui mi rispondeva serenamente di no, perché la natura è fatta in maniera fantastica: ti prepara e predispone a quel momento. Ti cominci a stancare di più, non ha più voglia di tante cose, hai meno curiosità».

     

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    Il Covid la spaventa?

    «Non molto, perché comincio a pensare come mio padre».

     

    Ha lavorato come portavoce di Berlusconi quando è diventato presidente del Consiglio per la prima volta. Che ricordo ne ha?

    «Ho goduto credo del periodo migliore, forse quello con più entusiasmo intorno a lui. È un uomo di grande qualità. Teneva sempre la porta aperta a tutti, era disponibile. Mi faceva assistere a tutte le telefonate e tutti gli incontri».

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    In che modo ha conosciuto Karol Wojtyla?

    «A Cracovia, ai tempi era cardinale. Quando fu eletto Papa telefonai al suo segretario, Dziwisz, e chiesi di vederlo. Avevo appuntamento alle sei di sera, mi invitò a restare a cena. La volta dopo mi portai un microfono per registrarlo. Parlò in polacco, a lungo, e di tutto. Lavorai alla sbobinatura della conversazione avuta con lui tutta la notte. All'alba mi chiamò il segretario per dirmi che non se ne faceva più nulla».

     

    Perché?

    «Era la sua prima intervista, e aveva affrontato solo argomenti di politica. Oltretutto, con parole comprensive per Jaruzelski, il generale comunista che aveva fatto il colpo di Stato. Non a caso lo incontrò due volte dopo che aveva lasciato la guida della Polonia».

     

    JAS GAWRONSKI BERLUSCONI JAS GAWRONSKI BERLUSCONI

    Com' era Papa Giovanni Paolo II visto da vicino?

     «Un uomo vero, virile, affascinante. Di solito le persone così sono presuntuose. Lui no, era naturale, spontaneo. L'unico difetto, se glielo devo trovare, è che sempre rimasto polacco. Patriota, anche troppo».

     

    È possibile ricevere segnali dall'Aldilà?

    «Io non li ho mai avuti. Ma Gustavo Rol, il sensitivo, che era amico di mia mamma, riusciva davvero a mettersi in contatto con i morti».

     

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    Esistono agli angeli custodi?

    «Penso ci sia un delegato di qualcuno che sta Lassù che si occupa di noi. A volte, ne abbiamo anche qui sulla Terra. Ma bisogna fare attenzione alle apparenze...».

     

    A cosa si riferisce?

    «Quand'ero corrispondente da Mosca, veniva spesso a cena a casa mia un collega russo, con una fidanzata bellissima, dall'aspetto angelico. Capitava che lui si ubriacasse, o fingesse di ubriacarsi, e la ragazza rivolgesse le sue attenzioni a me».

     

    E lei?

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    «Io niente. Ero insospettito. Credo fosse una tattica per carpire informazioni, o farmi cadere in trappola. Più che a un angelo custode, somigliava a una spia».

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