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    FERMI TUTTI: MARK CALTAGIRONE NON ESISTE MA IL CANE “FASCIO” BENITO SÌ – IL MARCHESE FULVIO ABBATE FA VOLARE LA PENNA SULL’AFFAIRE “PRATIFUL”: "IL BULLDOG FRANCESE MASCOTTE DELLA COPPIA PERRICCIOLO-MICHELAZZO È L'UNICO COPROTAGONISTA CERTO CON TANTO DI CROCETTA CELTICA SUL COLLARE. LE AGENTI SONO LE STESSE CHE IN UNA CONVERSAZIONE SUI SOCIAL SUSSURRANO 'DAJE SALVINI RIMETTIAMO UN PO’ DI DITTATURA'. PIÙ CHE NEOFASCISMO È ORMAI NEWFASHION”


     
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    Fulvio Abbate per www.huffingtonpost.it

     

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    C’è anche l’irresistibile Benito nell’ “Affaire Mark Caltagirone”, truffa ormai globale che prende nome da un’inesistente figura erotico-matrimoniale, sì, Benito, cane “coccolone” (cit.), puro pedigree fascista. Là dove figurano protagoniste per rilevanza spettacolare la mancata sposa Pamela Prati, le “agenti” Eliana Michelazzo e Pamela Perricciolo e ancora, in subordine, Sara Varone, già sosia-antagonista della Ferilli, e addirittura Signorini, direttore dell’“house organ” berlusconiano “Chi”, questi ultimi, si sappia, come parti lese, gabbate.

     

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    Tuttavia, a sovrastare gerarchicamente l’insieme di un caso divenuto assai più che popolare, giunge appunto un comprimario, pronto a mostrare, con la propria medaglietta di riconoscimento, il brodo di coltura avanzato di una cifra antropologica prima che politica. Appunto, un bulldog francese dal mantello bianco pezzato, mascotte della coppia Perricciolo-Michelazzo per “storie” da Instagram e d’altro social ordita dalle Milady. Le stesse che in una conversazione su Facebook sussurrano: M: “Daje Salvini rimettiamo un po’ di dittatura”, P: “La democrazia porta solo male”.   

                

    FULVIO ABBATE FULVIO ABBATE

    Benito, pelo morbido e raso da mille like su Facebook, ammorbidente visivo, deve essere apparso altrettanto invincibile a tutti coloro, gente alla buona, pronti a riconoscere classe, talento imprenditoriale e addirittura somma eleganza alle preparatrici del corredo matrimoniale destinato alla signora Prati, merito forse dell’ipertiroidismo caratteristico della razza, cane “da compagnia” per una possibile replica di “La Meninas” da ambientare piuttosto nel quartiere romano Trionfale, dov’è il ristorante “Casanova” delle suddette: la trascorsa “Venere del Bagaglino”, e ancor prima della “Città del Mobile Rossetti” di “Nonno Ugo”, spot-capolavori che i romani ben ricordano dall’emittenza locale, a presenziare. Dettaglio definitivo dell’intera impresa: il collare di Benito mostra, dono di battesimo delle custodi amorevoli, cuori neri, una piccola croce celtica. Uguale a quella che Alemanno, da sempre tiene al collo, nel suo caso appartenuta a Paolo Di Nella, un ragazzo del Fronte della Gioventù ucciso nell’82, presumibilmente, da soggetti dell’Autonomia. Per inciso, lo stesso Gianni brilla in un selfie con “Donna Pamela” Perricciolo, abbracciati, felici,  simpatizzanti.

     

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    Se, grazie al fiuto di Benito, provassimo a calarci nel pozzo antropologico di questa intera storia, seguendone le tracce, avremmo magari modo, oltre il gossip sull’immateriale Mark, di restituire un humus attitudinale, forse il credere-obbedire-combattere per la conquista - non dell’Abissinia o della Grecia, intendiamoci - semmai del “trono” di “Uomini e donne”, il “dating” pomeridiano di Maria De Filippi su Canale5 che, più dell’obelisco “Mussolini-Dux” del Foro Italico, fa da sfondo al nostro caso come indirizzo estetico e, va da sé, ideologico, assodato che certa subcultura, ora come ora, sa prendere anche forma di mousse per ricci ribelli, seduta di depilazione pubica o, perché no, sbiancamento anale.  

     

    fulvio abbate fulvio abbate

    Così mettendo via gli interrogativi sull’esistenza di Mark Caltagirone e fantasmatici figli presto in affido, Simone Coppi e d’ogni altro fregno di virtuale avvenenza materiale e onanistica, consumata tra Skype e altra messaggistica online, un dispositivo che ha consentito alla “Aicos Management” delle Michelazzo-Perricciolo di creare la propria impresa, come ha spiegato Dagospia: si ipotizza, fino a ricattare i malcapitati “vip”.    

     

    Lo si voglia o no, nell’insieme della storia, Benito risulta quindi l’unico coprotagonista comunque certo, riscontrabile, in carne e ossa, pelo e crocetta celtica che ciondola dal collo con orgoglio, monile apotropaico, identitario per interposte padroncine.

     

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    Peccato che nel presente la sociologia destinata a studiare i sommovimenti del gusto tout court non tenga sufficientemente conto, ma lasci sotto traccia, come fossero semplici figuranti degli abissi mediatici, e non facce del quotidiano televisivo incarnato nel vivente quotidiano, tutti quei volti della cronaca, appunto, popolare, se non accertata come davvero populista, che forniscono polpa al consenso perfino elettorale. Insomma, una sonda che voglia raccontare, come dire, il neo-post-fascismo nella sua variante shatush, extention, sopracciglia modellate e/o tatuate, miraggi di una quinta di seno e di una “quarta sponda” alle isole Lampados, certi di ottenere un’abbronzatura da guerriere di Riace, come accade alla calabra Perricciolo, fino a carotare tra privè, discoteche, “vippai” e altri bunker del glamour e del cool, e ancora bistrot e stuzzichinerie dove trascorrere una “esterna”, per citare nuovamente il mondo dei “tronisti”.  

     

    pamela perricciolo e il cane benito pamela perricciolo e il cane benito

    C’è alla fine da domandarsi verso quali piattaforme estetiche e chirurgiche galleggianti sulla melma si sia mosso il nostro industrioso popolo, che l’altro Benito sosteneva composto invece, al dettaglio, soprattutto da “poeti, artisti, eroi, santi, pensatori, scienziati, navigatori, trasmigratori”, così dall’invenzione della moto che portava a “mangiare le mele” per giungere infine alla fabbrica dei mutanti televisivi. Forse basterebbe fare caso alla nuova razza forgiata dai phon degli studi di Cologno Monzese e della “Titanus-Elios” di via Tiburtina in Roma per risalire al ciuffo da “lella” di Pamela Perricciolo e al berretto della Prati che insieme alla socia Eliana ironizza in video sull’eventuale subalternità psicologica: “...no, no, ti prego non posso stare vicino a te sennò mi plagi”.

     

    eliana michelazzo e il cane benito eliana michelazzo e il cane benito

    Al fotofinish dell’intera storia, ribattendo a creature leggendarie trascorse come Lampo, cane viaggiatore di Campiglia Marittima o Rex, pastore tedesco poliziotto campione di ascolti, nonostante la piccola taglia, sì, che ritroviamo vittorioso anche il nostro Benito, bulldog garantito sovranista, come da cappottino con cappuccio, banda tricolore e scritta “Italia”; e magari non è un caso che la pagina social della Michelazzo sia “collegata” alla pagina di Giorgia Meloni e di “Atreju”, festa annuale di Fratelli d’Italia. Dettaglio ulteriore, vero o falso che sia, anche “Marco” Caltagirone nel suo profilo segnala che per le nozze “il paggetto era già pronto” dunque “a portare le fedi sarebbe stato Benito”, destinato magari a giocare con il cane Oscar della deputata calabrese di Fratelli d’Italia Wanda Ferro, a sua volta immortalato con celtica al collo sul profilo di “Mark” Caltagirone, il primo di tanti, poi eliminato. 

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    Eroi e santi, già detto, ma anche “tronisti”, posto che come spiega ancora Roberto D’Agostino, “la vicenda Caltagirone servirebbe a risarcire la Michelazzo dalla sconfitta a ‘Uomini e donne’, dove venne surclassata da Tina Cipollari”.

    Posto che le cose stanno così, se il fascismo tornasse a noi - si tratta solo di un’ipotesi da commedia dei risorti Monty Phyton, intendiamoci, ma perché negarsi anche il più penoso dei finali? - sul berretto dei nuovi dignitari e gerarchi, in luogo dell’aquila romana certamente, effigiato in filo di canutiglia dorata, troveremmo un bulldog francese, l’esotica celtica, va da sé, fissa sulle zampe, e qualcuno, magari Mark Caltagirone e Simone Coppi, finalmente tra noi, ci spiegherebbero che con Benito più che neofascismo è ormai newfashion.    

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    ELIANA MICHELAZZO IN CALABRIA CON IL RAGAZZO CHE LEI SPACCIAVA PER SIMONE COPPI ELIANA MICHELAZZO IN CALABRIA CON IL RAGAZZO CHE LEI SPACCIAVA PER SIMONE COPPI

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