Giuseppe Laterza per “la Stampa” - Estratti
CARAVALE SENZA INTELLETTUALI COVER
Abbiamo ancora bisogno degli intellettuali? A giudicare da certi talk show televisivi o dalle discussioni sui social, sembra che oggi il loro posto sia occupato da giornalisti e influencer: persone capaci di parlare di tutto – dalla guerra in Ucraina alle vicende giudiziarie di Chiara Ferragni – in tempi e modi tali da tenere viva l'attenzione (sempre più volubile) del pubblico.
Ogni tanto entrano in scena anche i "competenti", titolari di conoscenze specifiche, chiamati ad offrire soluzioni a problemi concreti, dalla diffusione dei virus al riscaldamento climatico. Le loro opinioni vengono presentate perlopiù come "oggettive", in quanto basate su dati di fatto: non parlano come "intellettuali", ma come "tecnici", soggetti neutrali rispetto alle scelte politiche.
Nella sua autobiografia - che gli proposi di scrivere con il giornalista de La Stampa Alberto Papuzzi - Norberto Bobbio ricorda come nel settembre del 1976 iniziò a collaborare con questo giornale. Ai primi di quel mese, aveva partecipato a un dibattito su democrazia e pluralismo alla Festa dell'Unità di Napoli con Aldo Tortorella, Nicola Badaloni e Biagio De Giovanni.
NORBERTO BOBBIO
Nei giorni successivi lo chiamò l'allora direttore Arrigo Levi, che voleva riprendere il tema sul giornale. Dopo molte esitazioni, Bobbio accolse l'invito: «Come potevo partecipare a un dibattito per alcune centinaia di persone e rifiutarmi di parlare a un pubblico molto più ampio?».
In risposta a quel suo primo articolo intervennero su La Stampa (ma anche su altre testate) leader politici del calibro di Giolitti, Ingrao, La Malfa, Zanone e Zaccagnini e filosofi, storici, sociologi e politologi, da Ferrarotti a Galasso, da Lombardo Radice a Passerin d'Entrèves.
Negli anni a seguire, Bobbio su La Stampa scrisse articoli su questioni molto diverse, mantenendo sempre però un legame forte con le sue competenze: anche quando si riferiva a fatti di attualità lo faceva in relazione a un punto di vista più generale, lo stesso che si ritrova nei suoi libri e che caratterizzava il suo impegno educativo.
NORBERTO BOBBIO
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Poi lo scenario è cambiato. Come scrive Giorgio Caravale, docente di Storia moderna all'Università di Roma Tre, «gli intellettuali (umanisti) hanno oscillato tra l'ambizione di entrare nelle grazie del leader mostrandosi più realisti del re e l'istinto di ritirarsi sdegnati dall'arena del dibattito politico. La politica, per conto suo, ha ondeggiato in modo altrettanto schizofrenico tra l'esibizione di un profondo disprezzo nei confronti degli intellettuali e la scelta opposta di consegnarsi mani e piedi all'intervento salvifico degli uomini e delle donne di cultura».
Dunque siamo Senza intellettuali – come recita il titolo del libro di Caravale, che ripercorre la storia dei rapporti tra politica e cultura in Italia negli ultimi trent'anni? Ha ancora senso confrontare e discutere in pubblico diverse visioni del mondo, fuori dalla dittatura dell'audience, per fornire a cittadini motivati strumenti di scelta consapevole? Domande che ci faremo mercoledì 24 gennaio al Circolo dei lettori discutendo il libro di Caravale con Chiara Saraceno e Juan Carlos De Martin.
chiara saraceno 2
Questioni che ci riguardano assai più di quanto possa sembrare a prima vista: in un mondo agitato da eventi drammatici, abbiamo bisogno ancora di analisi e visioni d'insieme come quelle di Norberto Bobbio. Che sessant'anni fa, ad apertura delle sue Lezioni sulla pace e sulla guerra (raccolte adesso in volume) scriveva: «Oggi, nel 1964, ci pare che l'uomo non possa più risolvere i suoi problemi mediante la guerra, poiché essa ne crea altri ancora più grandi».