Piero Martin* per "La Stampa"
*Professore di fisica sperimentale all'Università di Padova
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«Vogliamo andare il più velocemente possibile. Ciascun membro della nostra comunità è oggi qui perché vogliamo confrontarci con i cambiamenti climatici, vogliamo trovare una forma di energia sostenibile. La fusione arriverà sempre in tempo. Qualunque sia il momento in cui la otterremo per produrre energia elettrica, la fusione sarà un prezioso elemento di un paniere di tecnologie energetiche libere da CO2».
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La frase che Ian Chapman, direttore dell'Autorità per l'energia atomica del Regno Unito, ha pronunciato ieri durante una seguitissima conferenza stampa, nella quale sono stati presentati i risultati record ottenuti dai ricercatori europei nell'esperimento «Jet», riassume una realtà ormai sotto gli occhi di tutti.
Tutte le strade che possono affrancarci dalla dipendenza dai combustibili fossili e dalle sue drammatiche conseguenze ambientali ed economiche - riscaldamento globale, caro bollette e tensioni geopolitiche sono lì a ricordarcelo - vanno perseguite con la massima determinazione, perché occorre la lungimiranza di guardare avanti, verso un'umanità che avrà sempre più bisogno di energia, se non altro per colmare quel gigantesco divario che divide le economie ricche dagli oltre 800 milioni di persone nel mondo che non hanno accesso all'energia elettrica.
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E la fusione nucleare, il processo che alimenta il Sole ed è quindi all'origine della vita, è una di queste. Perché consentirà di garantire la produzione continua e in grandi quantità di energia elettrica libera da CO2, senza scorie radioattive di lungo periodo e in maniera sicura.
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I risultati, presentati ieri nel laboratorio inglese che ospita l'esperimento europeo «Jet», sono una tappa fondamentale verso lo sfruttamento della fusione sulla Terra. «Jet» non solo è il più grande esperimento di fusione attualmente in funzione nel mondo, ma anche l'unico oggi in grado di realizzare esperimenti con l'esatta mistura di combustibile che verrà utilizzato nei futuri reattori.
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A differenza della fissione, nella quale nuclei pesanti come l'uranio si scindono, la fusione libera infatti la sua energia grazie all'unione di nuclei leggeri e, così facendo, non rilascia scorie radioattive di lunga durata.
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Durante gli esperimenti presentati ieri si è ottenuto il valore record di 59 megajoule di energia termica prodotta da reazioni di fusione. Dato particolarmente significativo, perché ottenuto per una durata di circa cinque secondi, che sembrano pochi, ma in realtà sono sufficienti per comprendere molti fenomeni fisici e soprattutto per guardare con fiducia al prossimo passo, «Iter», l'esperimento internazionale in costruzione in Francia che dovrà dimostrare definitivamente la fattibilità scientifica della fusione.
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Una sfida alla quale l'Italia sta dando un contributo fondamentale con i suoi ricercatori che lavorano in «Jet», in «Iter» e nell'esperimento nazionale «Rfx» e soprattutto con la costruzione «Dtt» nei laboratori Enea di Frascati, un dispositivo che, avvalendosi delle più moderne tecnologie, contribuirà insieme con Iter alla progettazione dei futuri reattori a fusione.
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