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    IL VIRUS È ARRIVATO IN ITALIA IL 18 DICEMBRE – UNO STUDIO CITATO DALL’ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ SULLE ACQUE DI SCARICO DI TORINO E MILANO METTE NERO SU BIANCO IL SOSPETTO CHE AVEVANO MOLTI ESPERTI – COSÌ SI SPIEGHEREBBERO ANCHE LE STRANE POLMONITI SCAMBIATE PER INFLUENZE, E SECONDO IL VIROLOGO PREGLIASCO QUESTO SCAGIONA ANCHE LA LOMBARDIA: “ORA BASTA CON LE POLEMICHE SULLE RESPONSABILITÀ”


     
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    1 – LA SCOPERTA NEI FLUSSI DI SCARICO: COVID A MILANO E TORINO IL 18 DICEMBRE LO STUDIO DELL'ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ IMPONE NUOVI ACCERTAMENTI

    Alessandro Mondo per “la Stampa”

     

    Il coronavirus era presente nelle acque reflue di Torino e Milano, le acque di scarico, già a dicembre 2019: per la precisione il giorno 18. Molto prima che il 21 febbraio l'infezione venisse diagnosticata sul «paziente zero» a Codogno. Notizia sorprendente, che impone di rileggere l'innesco dell'epidemia con occhi nuovi.

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    A darne notizia è l'Istituto Superiore di Sanità (Iss). La scoperta rimanda a uno studio, in via di pubblicazione, realizzato attraverso l'analisi di acque di scarico raccolte in tempi antecedenti al manifestarsi del Covid in Italia: i campioni prelevati nei depuratori di centri urbani del Nord Italia, nel Torinese gli impianti di Castiglione e di Collegno, sono stati utilizzati come «spia» della circolazione del virus nella popolazione.

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    In particolare, i campioni torinesi sono stati forniti all'Iss da Smat, Società metropolitana acque Torino, che con l'Istituto sta conducendo uno studio, con decorrenza dallo scorso ottobre, volto a individuare la presenza di virus enterici nella filiera idropotabile. Un'altra partita rispetto al Covid. Ma la disponibilità di campioni congelati, da parte della società, è stata fondamentale per rilevare anche il coronavirus.

     

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    «Scoperta intrigante, che apre a speculazioni inattese - riflette il professor Giovanni Di Perri, responsabile Malattie infettive dell'ospedale Amedeo di Savoia di Torino -. Chissà: magari si trattava di un piccolo focolaio, poi abortito. O forse dell'incipt dell'epidemia, allora sottotraccia».

     

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    Supposizioni, per ora. «È un ottimo risultato aver consentito all'Iss un monitoraggio del virus nei periodi antecedenti alla dichiarata pandemia - commenta Paolo Romano, presidente Smat -: un lavoro che il nostro Centro ricerche è stato in grado di svolgere grazie all'accreditamento dei propri laboratori».

     

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    Di sicuro è una notizia che getta nuove ombre su tutta una serie di fattori: compreso il tasso elevato di casi di polmonite registrato lo scorso autunno nel Nord Italia, giudicato anomalo dai medici rispetto al trend influenzale.

     

    «Dal 2007 con il mio gruppo raccogliamo e analizziamo campioni di acque reflue prelevati all'ingresso di impianti di depurazione - spiega Giuseppina La Rosa del reparto di Qualità dell'acqua e salute del dipartimento di Ambiente e Salute dell'Iss, che ha condotto lo studio con Elisabetta Suffredini, dipartimento di Sicurezza alimentare, nutrizione e sanità pubblica veterinaria -. Lo studio ha preso in esame 40 campioni raccolti da ottobre 2019 a febbraio 2020 e 24 campioni di controllo per i quali la data di prelievo (settembre 2018-giugno 2019) consentiva di escludere con certezza la presenza del virus».

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    I risultati, confermati con due differenti metodi, hanno evidenziato presenza di RNA di SARS-Cov-2 nei campioni prelevati a Milano e Torino il 18 dicembre 2019 e a Bologna il 29 gennaio 2020.

     

    Nelle stesse città sono stati trovati campioni positivi anche nei mesi successivi di gennaio e febbraio, mentre i campioni di ottobre e novembre 2019, come pure tutti i campioni di controllo, hanno dato esiti negativi. «In prospettiva, una rete di sorveglianza sul territorio può rivelarsi preziosa per controllare l'epidemia», precisa Luca Lucentini, direttore Reparto Qualità dell'Acqua e Salute. Sul Covid c'è ancora molto da imparare.

     

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    2 – IL VIROLOGO FABRIZIO PREGLIASCO: ORA BASTA POLEMICHE SULLA SANITÀ AL NORD: "EMERSO UN ICEBERG SI RISCRIVE LA STORIA DI QUESTA EPIDEMIA"

    Paolo Russo per “la Stampa”

     

    «Aver appurato che a Milano e Torino il virus circolasse già a dicembre dovrebbe mettere fine alle polemiche sulle responsabilità dei servizi sanitari delle regioni del Nord, travolte da un iceberg emerso quando l'epidemia era oramai dilagata». Per il virologo Fabrizio Pregliasco, docente di igiene e prevenzione alla «Statale» di Milano la scoperta dell'Iss costringe a riscrivere la storia dell'epidemia in Italia. E mette in guardia su ondate di ritorno, perché oggi come allora il virus potrebbe aggirarsi in incognito per emergere dopo aver fatto già danni.

     

    La scoperta del virus a Torino e Milano già il 18 dicembre che nuova realtà racconta?

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    «Segnali che il virus circolasse già allora li avevamo già. I primi casi accertati riferivano di aver avuto sintomi dal 26 gennaio. E un'indagine sierologica sui donatori al Policlinico di Milano aveva trovato tracce di virus nel sangue prelevato a dicembre.

     

    Del resto a Milano ogni settimana atterravano 20 mila passeggeri provenienti da Wuhan con un volo diretto. Allora non si immaginava circolassero tante persone contagiate senza o con pochissimi sintomi. Per cui quando i casi gravi sono emersi è venuto a galla un iceberg al cui urto nessun sistema sanitario avrebbe potuto reggere. Anche se forse tenevamo la guardia un po' abbassata».

     

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    A Milano però in alcuni ospedali a dicembre e gennaio c'era un aumento del 30% degli accessi ai pronto soccorso per polmonite. Perché non si sono fatti prima i tamponi?

    «Facile dirlo col senno di poi. Ma il virus è stato furbo, si è nascosto dietro una brutta influenza che proprio in quel periodo ha avuto il suo picco, causando tante polmoniti. E poi si pensava che il virus potesse arrivare solo da chi era stato in Cina. Nessuno immaginava fosse tra noi da tanto tempo».

     

    Il fatto che il virus abbia lavorato sotto traccia così a lungo non dovrebbe sconsigliare di riaprire tutte le frontiere?

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    «Sicuramente sì, se ci si riferisce all'India e a quei Paesi dell'America Latina che stanno conoscendo ora il picco. Ma oltre che prudenti dobbiamo essere ottimisti, pensare che il nostro sistema di tracciamento dei casi sospetti si è già mostrato capace di spegnere sul nascere i nuovi focolai, che sicuramente si succederanno nei prossimi mesi».

     

    Aver trovato l'Rna del virus nelle acque reflue significa che si corrono dei rischi a fare il bagno in mare?

    FABRIZIO PREGLIASCO FABRIZIO PREGLIASCO

    «Assolutamente no, perché si tratta di tracce di virus non più attivo, quindi incapaci di infettare. Questi studi ci consentono invece di capire meglio com' è circolata l'epidemia nelle varie aree del Paese».

     

    Dall'indagine sierologica dell'Istat quanti italiani si aspetta siano rimasti contagiati?

    «Un 10% in Lombardia tra il 3 e il 5% altrove. L'immunità di gregge è una chimera. Quindi in attesa del vaccino bisogna rispettare le regole per non trovarci al punto di partenza».

    MEDICI SI PROTEGGONO CON I SACCHI DELLA SPAZZATURA IN LOMBARDIA MEDICI SI PROTEGGONO CON I SACCHI DELLA SPAZZATURA IN LOMBARDIA

     

    Il virus che circolava mesi fa era più aggressivo di quello attuale?

    «A oggi sembrano ancora uguali, anche se attendiamo di capire quanto sia diffusa la variante individuata a Brescia, che in vitro ha mostrato una minore capacità di replicazione.

     

    Ma se il virus genera meno casi gravi è perché oggi riusciamo a far emergere anche asintomatici e paucisintomatici. Anche le mascherine e il distanziamento hanno fatto la loro parte. Ma attenzione: anche se inalato in piccole quantità quando il virus attecchisce. E può causare danni».

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    I festeggiamenti a Napoli, le movide in strada. Possiamo permetterceli?

    «Sono comportamenti sciagurati, che potrebbero finire per rovinarci l'estate. Gli assembramenti in piccole località di mare prima o poi finiscono per accendere focolai che potrebbero farci passare le vacanze reclusi in una zona rossa».

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