Valentina Errante per "il Messaggero"
blitz contro ndrangheta nettuno anzio
«Abbiamo sbancato tutti». Così esultavano gli uomini dell'ndrangheta all'indomani delle elezioni amministrative ad Anzio. «Qua il botto l'ha fatto Candido, proprio alla grande proprio». Candido è Candido De Angelis, che il giorno prima di questa conversazione intercettata dai carabinieri l'11 giugno 2018 era diventato sindaco del Comune in provincia di Roma, con una lista civica sostenuta dal centrodestra. Così le cosche si sarebbero infiltrate nelle amministrazioni del litorale, con l'obiettivo di mettere le mani sul ricco business dello smaltimento dei rifiuti.
Sono 65 le misure cautelari eseguite ieri (39 in carcere e 26 ai domiciliari) su richiesta dei procuratori aggiunti della Dda di Roma Michele Prestipino e Ilaria Calò. Si ipotizzano l'associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, l'estorsione aggravata, la detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti. I carabinieri del Nucleo investigativo di Roma, ieri, si sono presentati anche negli uffici comunali di Anzio e Nettuno per perquisirli e recuperare gli atti sugli appalti concessi alle cosche. «L'appalto ce lo famo tra noi», dicevano. Ora per le due amministrazioni partirà il lungo iter dello scioglimento per mafia.
alessandro coppola e candido de angelis ndrangheta nettuno anzio
LE NDRINE Le carte dell'operazione di ieri raccontano come due distinti gruppi criminali, distaccamenti delle ndrine di Santa Cristina d'Aspromonte in provincia di Reggio Calabria e di Guardavalle, in provincia di Catanzaro da anni si fossero infiltrate nelle amministrazioni e così mentre gestivano il narcotraffico utilizzando consolidati canali con il Sud America, investivano in aziende per lo smaltimento dei rifiuti e non solo. E si assicuravano gli appalti garantendo voti e con la forza dell'intimidazione. Dalla loro parte anche uomini delle forze dell'ordine, pronti a cedere informazioni riservate.
LE INTERCETTAZIONI «Ieri abbiamo vinto le elezioni», dice uno degli indagati intercettato. «Il sostegno si è concentrato nella località denominata Falasche, corrispondenti alle sezioni 15-16-17 del comune di Anzio», si legge nell'ordinanza. Gli investigatori captano le conversazioni all'indomani dell'elezione di De Angelis, che non risulta nell'elenco degli indagati. «Candido è il sindaco, ha vinto e basta!». E ancora «Ieri abbiamo vinto le elezioni».
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E poi aggiunge: «Ha vinto Candido, al primo turno... e io sto con lui, pure al mandato scorso, dopo fatti vedere. Stavolta non c'è trippa per gatti, tutti fuori a zappare la terra». Ma gli uomini dei clan si preoccupano anche dell'immagine dei loro presunti referenti e di essere troppo presenti: «Non posso mettermi in tutte le elezioni, poi dicono che è colluso con la mafia». Subito dopo le amministrative era Giuseppe Ranucci, eletto consigliere comunale e poi diventato assessore ai Lavori pubblici, a chiamare uno degli uomini del clan dando la sua massima disponibilità: «Per qualsiasi cosa fatti sentire».
Ma quando è l'ora di battere cassa il boss si infuria perché non ha avuto riscontri immediati: «A Pi' la ditta non è intestata a me è intestata a mio nipote e pure se è intestata a me io faccio la gara d'appalto prendo l'appalto e il lavoro lo faccio io e basta non ci stanno problemi capito?» E poi aggiunge: «Mo' se è cosi chiamo a Candido e farlo venire qua perché se io mi sento preso per il culo diventa un macello, diventa un casino diventa proprio un casino sta cosa m' ha stranito». Nessun dubbio sull'esito dei procedimenti: «Ora chiamo l'assessore - dice uno degli arrestati - e gli dico ora mi prendo il patrimonio e le scuole e quello a occhi chiusi li dà a me»
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NETTUNO Anche a Nettuno le cosche avrebbero cercato di orientare le elezioni del 2019. Per il gip «emerge la contiguità» di alcuni dei principali indagati «con vari esponenti politici» di Nettuno. In occasione delle amministrative uno degli affiliati si era «attivato per convogliare i voti» su uno dei consiglieri eletti nella lista del sindaco Alessandro Coppola, anche lui non indagato. In una conversazione Giacomo Madaffari, capo di una delle due organizzazioni mafiose, si preoccupava per Coppola: «Ci arrestano e cacciano pure Coppola». In un'altra conversazione uno degli arrestati ricorda di aver minacciato un uomo che aveva vinto una gara di un appalto per la manutenzione delle scuole. «E com' è che stai a fare le scuole ad Anzio? - si legge - È il primo intervento che fai? Ecco, dico, basta! Devi venire te da Aprilia a fare il malandrino ad Anzio» e lui mi ha risposto: «perché ad Anzio che c'è la mafia?».
LO SCIOGLIMENTO Nei prossimi giorni il prefetto Matteo Piantedosi convocherà un comitato per l'Ordine e la sicurezza al quale prenderanno parte anche i magistrati della Dda di Roma. Poi dovrebbe essere nominata una commissione ispettiva. Il primo passaggio per procedere allo scioglimento delle due amministrazioni e nominare i commissari.
ANZIO E NETTUNO RISCHIANO LO SCIOGLIMENTO
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Alessia Marani per "il Messaggero"
Attentati incendiari, proiettili nelle buste indirizzate ai consiglieri, teste mozzate di animali come inquietanti messaggi di morte: da questi episodi i carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci sono partiti per passare al setaccio i legami tra la ndrina di Anzio e Nettuno e le amministrazioni locali. Adesso per i due Comuni del litorale a Sud di Roma si paventa l'ipotesi dello scioglimento.
Un dejà vu per Nettuno che aveva già vissuto il commissariamento nel 2005. Gli atti delle indagini verranno vagliati in queste ore personalmente dal prefetto Matteo Piantedosi il quale se - come sembra emergere dalle informative raccolte dagli inquirenti coordinati dalla Dda - riterrà concrete le ipotesi di infiltrazioni mafiose nei gangli della macchina amministrativa provvederà all'insediamento di due distinte commissioni di indagine, una per ciascun ente, con il compito di approfondire lo status quo.
Secondo quanto stabilito dall'articolo 143 sul Testo unico degli enti locali, ci saranno tre mesi di tempo, più altri tre se si riterrà necessario un supplemento di inchiesta, per poi decretare lo scioglimento. Per Candido De Angelis (non indagato), sindaco di Anzio per oltre tredici anni, significherebbe la debacle dopo una carriera politica costellata di successi. Successi che, stando alle indagini dei carabinieri e della Direzione distrettuale antimafia presso la Procura di Roma, sarebbero stati ottenuti anche grazie all'apporto di membri dello Stato maggiore della ndrina di Santa Caterina d'Aspromonte e di Guardavalle, ovvero autentici pezzi da novanta della malavita organizzata calabrese impiantati a due passi dalla Capitale, con pari dignità e poteri.
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Giuseppe Riggio e Antonio Riggio, due affiliati, intercettati dai militari l'11 giugno 2018, in piena campagna elettorale ad Anzio, parlano tra di loro. Giuseppe sta seguendo l'andamento dei voti nel seggio di Lavinio, Antonio è in Calabria. Un posto vale l'altro per loro, litorale laziale o Aspromonte, non c'è differenza. Commentano la imminente elezione di De Angelis. Antonio contatta Giuseppe: «Pare che è arrivato un messaggio che ce l'ha fatta!». E Giuseppe risponde: «Sbancau proprio», ossia «ha sbancato». Antonio replica: «Mo sono in arrivo qua al bar, che stamattina si decide anche qui». Antonio: «Dove?». Giuseppe: «A Guardavalle».
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Ieri mattina i carabinieri sono entrati nei due Comuni per effettuare le prime perquisizioni. In una stanza dell'Ufficio demanio di Anzio hanno sistemato le montagne di documenti sequestrati, quindi hanno posto i sigilli al locale. Tra le carte acquisite dai militari ci sono soprattutto le determine per l'affidamento di concessioni e appalti che riguardano i servizi comunali: rifiuti, mense, lavori pubblici, trasporti.
Non ultimo le licenze commerciali e le concessioni balneari. Il sindaco De Angelis si dice certo di avere «sempre esercitato liberamente il mandato elettorale», confidando «nell'operato della magistratura». Il teorema degli inquirenti è chiaro. La succursale romana della Ndrangheta funziona secondo lo stesso schema: voti in cambio di appalti tra fiumi di cocaina dal Sudamerica, i cui proventi vanno riciclati in attività pulite. Succede così che la Camassambiente spa, con sede legale a Bari, nel 2016 si aggiudica l'appalto per i rifiuti ad Anzio, valore 38 milioni di euro. A fornire la lista delle persone da assumere ci pensavano direttamente i calabresi. Il responsabile comunale del procedimento nel commentare la presenza di diversi pregiudicati all'interno della società, parlando con un funzionario comunale ammette: «Li hanno messi loro... che li abbiamo messi noi? (...) Le liste ce le davano loro del personale da assumere... hai capito?». Tra i dipendenti figurava anche Salvatore Madaffari, figlio del capo della ndrina Giacomo, ma al lavoro, manco a dirlo, non andava mai. L'ambiente è tra i principali settori a cui puntano gli ndranghetisti.
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IL BUSINESS A PONZA La ndrina si muoveva anche per allargarsi al vicino territorio di Latina. L'8 gennaio 2019, i carabinieri ascoltano una conversazione tra Davide Perronace e un uomo non meglio identificato. Quest' ultimo gli propone un affare che avrebbe in mente sfruttando la conoscenza di Angelo Ferullo (non indagato) già a capo del Latina calcio e di un altro gancio. Dice: «Questo ha una società che costruisce convertitori per bruciare rifiuti speciali, a impatto zero.. sta cosa se la dobbiamo fare la possiamo fare in Ghana, perché c'ho un aggancio forte al ministero dello sviluppo», salvo poi ripiegare su Ponza: «Siccome il Ghana è un paese sottosviluppato .. questa cosa però la possiamo fare anche a Ponza che non può trattare l'immondizia sul posto perché è un'isola...».
2 - «ZIO PINO È SEMPRE A DISPOSIZIONE» L'EX ASSESSORE E I RAPPORTI CON I CLAN
A. Mar. per "il Messaggero"
giuseppe ranucci
«Io ci do una mano a Pino il lombetto perché Zi' Pino per qualsiasi cosa lo chiami è sempre disponibile». Davide Perronace, uno dei capi della ndrina di Anzio, intercettato dai carabinieri di via In Selci, si dice convinto del sostegno elettorale dato a Giuseppe Ranucci (non indagato), ex assessore all'Ambiente di Anzio.
Pino il lombetto era considerato affidabile dai sodali, sebbene i più sul litorale lo conoscano per il suo temperamento sopra le righe, tanto che l'anno scorso dovette lasciare lo scranno in Comune dopo avere minacciato i vigili urbani accusati di accanirsi nei controlli anti-Covid nella sua palestra. Nel 2014 prese anche a pugni un imprenditore.
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IL SUMMIT Il legame tra la famiglia Ranucci (il figlio è consigliere a Nettuno, anche lui non indagato) e i Perronace risulta confermato da una conversazione del 7 giugno del 2018 dalla quale, scrive il gip, «si desumeva che Gabriele Perronace aveva effettuato lavori edili gratuiti presso l'abitazione di Luca Ranucci». Non solo. È lo stesso Lombetto a confidare in alcune conversazioni con l'amico Marco Maranesi (non indagato) e tale Moreno, di essere stato appoggiato dai clan: «Detta tra me e te pure Davide Perronace, la famiglia Erri mi hanno dato una mano».
Il settore Ambiente era nel mirino del clan che cercava di riciclare i proventi del narcotraffico nel business dei rifiuti. Emergono altresì i collegamenti tra la ndrina e Gualtiero Di Carlo, detto Walter, successore di Ranucci, come annota il gip. Mentre i carabinieri li immortalano entrambi riprendendoli in un summit il 18 febbraio 2020 presso la società G&g Ecospurgo dei Perronace con Davide Perronace, Vincenzo e Rocco Daniele Gallace.
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Dopo essere stato eletto, però, Perronace passa all'incasso e pretende di aggiudicarsi gli appalti. Avendo percepito una certa resistenza di Ranucci, al telefono con il figlio Gabriele che di fatto tiene i contatti con gli assessori e il sindaco Candido De Angelis (non indagato), è furioso: «Io faccio la gara d'appalto, prendo l'appalto e il lavoro lo faccio io e basta, capito? ... Mo se è così chiamo a Candido e farlo venire qua perché se io mi sento preso per il culo diventa un macello diventa un casino, sta cosa m' ha stranito proprio».
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