Francesco Grignetti per “la Stampa”
Si sono guardati negli occhi per tre ore. Di nuovo tutti insieme appassionatamente a palazzo Chigi, a parlare di giustizia e soprattutto di prescrizione. Le cronache riferiscono che al vertice con il presidente del Consiglio e il ministro Alfonso Bonafede sono arrivati in 12, e forse il conto è sbagliato per difetto. Il mattatore, però, era uno solo: Giuseppe Conte.
giuseppe conte alfonso bonafede
Atteso al varco dal versante di sinistra della coalizione giallo-rossa per sentire qual era la sua proposta per uscire dallo stallo, Conte non li ha delusi. Con la classica misura salomonica, ha dato ragione metà agli uni e metà agli altri: lo stop alla prescrizione dopo una sentenza di primo grado, come vuole la riforma Bonafede, può resistere, ma solo in caso di condanna. Se si tratta di assoluzione, allora la prescrizione correrà come prima.
E in ogni caso con una pausa ulteriore di 2 anni. Il tutto accompagnato da un monitoraggio attento degli effetti di questa riforma, per intervenire nel caso si verificassero effetti indesiderati. Qualora poi i magistrati non rispettassero le fasi del processo come da tabelle, scatteranno avocazioni e procedimenti disciplinari. "Dato che ci saranno forti investimenti in personale - è la spiegazione di Bonafede, uscendo dal vertice - è corretto che lo Stato chieda conto al singolo magistrato del suo operato". E se anche non dice il suo sì definitivo, Bonafede si lascia trasportare a elogiare «l' input importante del presidente del Consiglio».
giuseppe conte nicola zingaretti
Una proposta convincente del premier c' è stata, insomma. E il governo per il momento sembra in salvo.
Quanto prima arriverà in consiglio dei ministri il testo sulla velocizzazione dei processi, che ritocca il sistema delle notifiche, prevede una parziale digitalizzazione, e inserisce nuovi addebiti disciplinari per le toghe.
«Io sarei pronto anche la settimana prossima», conclude il ministro.
Il Pd aveva predisposto le sue contromosse in caso di fumata nera, pronto ad accelerare i tempi della sua proposta di controriforma e pronto anche a intavolare una trattativa con le opposizioni. Non ce ne sarà bisogno.
andrea orlando
Il Pd, dopo settimane di dichiarazioni bellicose, rinfocola le armi. «Si è aperta obiettivamente una fase nuova», dichiara il responsabile Giustizia, Walter Verini. «La nostra proposta rimane e farà il suo iter, ma si è aperto un percorso per una soluzione nell' ambito della riforma del processo penale».
Era esattamente quel che ardentemente speravano: una mossa per uscire dallo stallo, evitando di litigare troppo e farsi male. Prevale il sereno? Non è detto. Non rientra del tutto il malumore dei renziani, tra i primi a far sapere che «sulla accelerazione dei processi sono stati fatti numerosi passi avanti». Ma che la proposta di Conte sulla prescrizione non li convince fino in fondo. «È stata avanzata una proposta che mostra che è stato abolito un totem, ma ancora non ci siamo».
Ben difficilmente ci sarà uno strappo in Parlamento.
walter verini
Era chiaro che nessuno voleva cedere se l' altro non faceva pure qualche gesto, ma senza arrivare alla crisi di governo. «Bonafede - diceva ieri mattina il ministro agli Affari regionali Francesco Boccia, Pd - sa come la pensa Orlando e io consiglio loro di trovare una strada. È incredibile quello che è successo. A Bonafede abbiamo più volte dimostrato la coerenza del Pd, ma questa disponibilità non è infinita».