Estratto dell’articolo di Camilla Mozzetti per “Il Messaggero”
VIOLENZA SESSUALE
Federica aveva vinto. La sua era stata una gara brillante, a 14 anni aveva battuto il tempo ed era arrivata prima. Eppure aveva lo sguardo assente. I suoi genitori la videro così, di fronte all’albergo del quartiere Prati dove con una compagna e l’allenatore aveva soggiornato.
Pensarono alla stanchezza ma poi, con il passare delle settimane, Federica aveva perso la voglia di allenarsi. Non parlò subito e la sua verità venne fuori di fronte a una psicologa che, d’ufficio, segnalò il caso alla Questura. Era l’agosto del 2021 e Federica, da una città di provincia del Nord era arrivata a Roma in occasione dei Campionati italiani di nuoto.
violenza sessuale
Per il suo allenatore, Orazio Ragusa, 28enne, il pubblico ministero ha chiesto pochi giorni fa il rinvio a giudizio con l’accusa di violenza di sessuale. «Per noi è stato un doppio dolore», dice oggi la mamma di Federica. […]
Signora Antonella, chi era questo allenatore?
«Una persona meravigliosa, un ragazzo sempre molto disponibile, arrivato dalla Sicilia che si era fatto da solo raggiungendo una posizione di rilievo. Per noi era un punto di riferimento, mio marito nutriva per lui un grandissimo affetto. Ci fidavamo». […]
Come iniziò quella trasferta nell’agosto del 2021?
«Erano partiti per Roma per i Campionati italiani di nuoto, siamo partiti anche noi ma non potevamo assistere alla gara causa Covid. La vedemmo in streaming». […]
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La gara come andò?
«Benissimo, mia figlia vince, tant’è vero che quando siamo andati a prenderla in albergo ci è sembrato strano che nella hall ci fosse solo lei e la sua amica. Abbiamo chiesto ma Orazio dov’è? Perché ci aspettavamo di trovarlo lì, a festeggiare. Se le cose vanno bene è anche merito dell’allenatore».
E invece dove si trovava?
«Mia figlia mi disse che era in camera perché doveva correggere dei compiti».
La denuncia non viene sporta subito, anzi. Sarà una psicologa a far partire la segnalazione alla Questura. Ci racconta cosa accadde?
«Passa del tempo, mia figlia inizia le superiori ma salta il nuoto, alcune mattine non entrava a scuola. Anche quand’eravamo a tavola e capitava di parlare dell’allenatore, vedevo il fastidio sul suo volto. Non era più come prima. Sembrava infastidita da tutto quello che era “regola”.
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Quindi provammo tutte le strade per tenere sulla retta via un’adolescente e pensai di portarla all’Asl dove un’associazione si occupava di sostegno psicologico perché mi dissi “dove non arrivo io, arriverà qualcun altro”».
E così accadde, una psicologa raccolse la confessione di sua figlia. Partirono le indagini e si è arrivati ora alla richiesta di rinvio a giudizio.
«Le dico che la mia prima reazione non fu di condanna perché con tutte le cose belle che avevo visto di questa persona, mi sembrava esagerata l’accusa che gli stavano muovendo e avevo interpretato questo suo avvicinamento, le dico la verità, come un innamoramento, non come qualcosa di sporco. Non potevo davvero credere che aveva provato ad avere atteggiamenti non consoni alla situazione».
Lei ha mai parlato apertamente di quanto contestato con il Ragusa?
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«Erano a delle gare a Riccione e andai a parlarci anche per dargli una possibilità, ma quando lui mi disse “cosa dovevo fare? Sempre lì che mi provoca” io ho percepito che sì, non erano bugie. Le indagini sono andate avanti, fino all’incidente probatorio e a quanto richiesto da ultimo dal pm».
Come avete affrontato tutto ciò?
«Chi pensavi amico non lo era più. La cosa che fa più male a mia figlia, e anche a noi, fu anche l’atteggiamento dell’amica che in audizione in Questura parlava di mia figlia come di una conoscente. Tutti ti voltano le spalle: se non sei la ragazza “acqua a sapone” sei quella che se lo è andato a cercare perché, parliamoci chiaro, questi sono gli atteggiamenti».
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Amplificati in un ambiente di provincia?
«Nel mondo del nuoto ci conosciamo tutti e mia figlia è uno dei nomi da battere. Gli altri genitori ti salutano però dal comportamento dei figli, capisci cosa viene detto a casa. Federica ha cambiato società e invece di avvilirsi e buttarsi a terra ha reagito rimanendo da sola.
I compagni della vecchia squadra non le hanno mai fatto una chiamata, la vecchia Società ha subito fatto muro. Noi non l’abbiamo mai colpevolizzata, se la sua adolescenza la porta a essere esuberante nessuno può approfittarsi degli altri». […]
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