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    ACCUSE CHE PUZZANO - DOPO THURAM SPUTTANATO PER MALTRATTAMENTI ORA YANNICK NOAH VIENE ACCUSATO DALLA BABY SITTER DI ESSERE UNO SCHIAVISTA (PER FATTI DI NOVE ANNI PRIMA!)


     
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    Alberto Mattioli per "la Stampa"

    Verrebbe da dire che chi di politically correct ferisce di politically correct talvolta perisce. Due icone della Francia meticcia e solidale, antirazzista e progressista, impegnata in tutte le buone cause dell'eguaglianza e dell'integrazione si trovano nei guai per colpa di comportamenti privati poco in linea con le loro pubbliche dichiarazioni.

    yannick noah yannick noah

    Prendete Yannick Noah, 53 anni, padre camerunense e madre francese, già tennista di indimenticato successo (fu l'ultimo francese a vincere il Roland Garros, nel remoto 1983) e ora popstar di eguale popolarità, almeno in Francia. E poi testimonial contro il razzismo e per le più svariate cause umanitarie, oltre che colonna sonora vivente dei meeting elettorali di François Hollande. Adesso l'ex babysitter dell'ultimo figlio, dall'impegnativo nome di Joalukas (il tennista ne ha cinque da tre compagne diverse), vuol far causa a papà Noah per «circonvenzione d'incapace» e, addirittura, «schiavismo».

    La donna si chiama Rabra Bendjebbour e ha lavorato per Noah e la di lui compagna, Isabelle Camus, nell'estate 2004. Assunta in giugno, si è licenziata in autunno, stremata da ritmi appunto schiavistici per uno stipendio da fame. «Sono arrivata a casa di Noah quando è nato Joalukas - ha raccontato lei - e sono precipitata in un turbine. Li ho seguiti per tre mesi in tournée e in vacanza, mi sono occupata di Joalukas giorno e notte, dal lunedì alla domenica, per 950 euro al mese».

    Lilian Thuram et Karine Lemarchand au au eme Gala de l Union Des Artistes a Paris ke novembre portrait wLilian Thuram et Karine Lemarchand au au eme Gala de l Union Des Artistes a Paris ke novembre portrait w

    E poi: orari lunghissimi, niente tempo libero, mansioni sempre più numerose e impegnative. Finché, quando la bambinaia ha detto a madame Noah che non aveva intenzione di lavorare giorno e notte, costei ha tagliato corto: «In questo caso, vattene». Ma per l'immagine del campione e della sua compagna è forse peggio il resto della testimonianza della nurse ribelle: «Lei prendeva suo figlio in braccio solo per uscire e farsi vedere davanti agli altri. Lui dava un bacio a suo figlio una volta al giorno, alla sera, prima che si addormentasse. Mi occupavo di Joalukas come se fossi io sua madre».

    Resta da capire perché la donna abbia fatto causa adesso, a nove anni dai fatti. Lei spiega di aver attraversato un momento difficile e di aver realizzato solo dopo molto tempo «quant'era stata sfruttata». L'avvocato dei Noah, Jean Ennochi, la liquida così: «Si tratta semplicemente di una donna che ha lavorato qualche mese per madame Camus nove anni fa! Perché venire a chiedere il pagamento degli straordinari dopo tutti questi anni?».

    Karine Le Marchand e Lilian ThuramKarine Le Marchand e Lilian Thuram

    Tant'è: oggi il primo incontro dei rispettivi legali davanti ai «prud'hommes», i giudici conciliatori, è servito solo a far parlare i giornali. Tutto è rinviato al 5 giugno (non è che la giustizia civile francese sia molto più rapida di quella italiana), ma Bendjebbour annuncia già che se non otterrà soddisfazione intenterà alla coppia una causa penale.

    L'affaire Noah arriva subito dopo quello di Lilian Thuram, altra ex gloria sportiva (stavolta del calci) diventato un paladino della lotta al razzismo. E la vicenda è egualmente poco chiara: l'ex compagna di Thuram, la presentatrice tivù Karine Lemarchand, l'ha querelato accusandolo di averla presa per i capelli e averla sbattuta contro il frigorifero.

    Poi ci ha ripensato, ha ritirato la denuncia e diffuso a mezzo avvocato una dichiarazione in cui esalta le qualità morali del suo ex. Chissà. Il caso ha fatto molto baccano. Ma, in assenza di seguiti legali, non ha impedito a Hollande, martedì scorso all'Eliseo, di appuntare sul petto di Thuram la medaglia di ufficiale della Legion d'onore. E questa volta non per meriti sportivi, ma sociali

     

     

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