Raffaele Panizza per Panorama
AGNELLI
Dicevano che fosse timido e invece ha dimostrato di essere determinato (in campo e nel privato). Lo accusano di essere un ricco viziato e ha risposto con una gestione virtuosa del club. In barba ai detrattori, Andrea Agnelli è alla vigilia di altri verdetti importanti. Che promette di affrontare con la solita parola d’ordine: #fino alla fine.
andrea agnelli lapo john elkann
Meno male che sono arrivate le intercettazioni di Adriano Galliani, che gli dà del «signorino» e l’accusa di sputtanare in Europa il campionato italiano, beccandosi però 100 milioni l’anno dalla Lega Calcio. E meno male che è arrivato il deferimento chiesto lo scorso marzo dalla Figc, che nella persona del procuratore Giuseppe Pecoraro l’accusa di non aver impedito a dirigenti e tesserati bianconeri d’intrattenere rapporti d’interesse e compravendita biglietti con frange ultras legate al crimine organizzato. E meno male davvero. Perché dopo esser partito sette anni fa infoiato come un licantropo (anche le proverbiali sopracciglia ad ali di gabbiano sono soggette ormai a depilazione regolare), il presidente della Juventus Andrea Agnelli si stava tristemente ingentilendo. Lontani anni luce gli anni in cui prometteva battaglia cosmica e legale per riottenere gli scudetti «vinti sul campo» e sottratti dalla giustizia sportiva. E da mesi non lo si sentiva più parlare nemmeno del mega risarcimento da 500 milioni preteso dalla Figc, allo scopo di far giustizia e lenire la ferita della Serie B.
ANDREA AGNELLI FRANCESCO CALVO
Di recente, aveva persino annunciato la sua partecipazione alla Partita del Cuore, per sfoggiare le sue doti (spesso autodeclamate) di ruvido difensore.
E contestualmente, aveva smesso di commentare come «clamorose minchiate» le voci giornalistiche di mercato, mascherandosi dietro alla più noiosa delle formule: «Chiedete a Marotta», il saggio direttore generale e ad dei bianconeri.
AGNELLI ANDREA E LE SUE DONNE
E invece rieccolo, col suo hashtag da kamikaze preferito: #finoallafine. Pronto a testimoniare ?il 15 maggio davanti ai giudici di Torino che indagano sulle infiltrazione mafiose nella tifoseria organizzata. E determinato a difendere «il buon nome della Juventus contro tutti coloro che ancora una volta stanno tentando d’infangarlo».
ANDREA AGNELLI DENIZ AKALIN
Tutto grasso che cola, per la sua rabbia. Perché i successi (sei scudetti, due Coppe Italia, tre Supercoppe italiane), e i consensi, lo stavano saziando. Toglievano legna a quella voglia di rivincita da ghetto altolocato che aveva alimentato la sua presidenza sin dalle prime battute, quando aveva fatto piazza pulita di 25 giocatori e di tutti quanti i dirigenti. Compreso l’attuale amministratore delegato del Milan Marco Fassone, lasciato scivolare verso Napoli per chiamare al suo posto Francesco Calvo, conosciuto a Losanna mentre Agnelli si faceva le ossa in Philip Morris e il manager dirigeva il settore promozione ed eventi, con delega alle sponsorizzazioni in Formula Uno. E qui, ecco dipanarsi una rischiosa soap opera: Andrea che s’innamora della popolana Emma Winter, che proprio con Calvo collabora. Che la sposa nel 2005. Ci fa due figli (Baja e Giacomo Dai) e quindi la lascia proprio per mettersi con la consorte del suo antico collega e nuovo dirigente, la ex modella turca Deniz Akalin, da cui lo scorso 22 aprile ha avuto una figlia: Livia Selin.
emma winter andrea agnelli
Rischiava di diventare un fenomeno da rotocalco, Andrea Agnelli, istituzionale e integrato. E invece la sua pasta deve rimanere altra, #finoallafine. Nonostante abbia ribaltato la situazione finanziaria della Juventus, dal suo insediamento datato 10 maggio 2010, è importante che resti sempre il diplomato al St Clare’s International college di Oxford che però non è riuscito a portare a termine gli studi alla Bocconi di Milano.
DENIZ AKALIN E ANDREA AGNELLI
Il rampollo della più grande casa automobilistica italiana che a 19 anni si fa sequestrare la Lancia Delta Integrale dai vigili di Torino, che gli contestano la guida con una patente inglese non valida sul territorio italiano. È, e deve restare, l’Agnelli da soma. Scarpe Adidas, jeans Diesel, piumini improbabili e un cervello non sempre giudicato fino («È un imbecille» ha detto di lui l’ex amministratore delegato di Infront in una recente intercettazione, sempre al telefono con Galliani).
ANDREA AGNELLI E LA COMPAGNA DENIZ
Eppure, presa in mano la società con 90 milioni di debiti, nell’ultimo bilancio ha fatto registrare un utile di quattro, per il secondo anno consecutivo. E s’è pure lamentato dell’obbligo di conteggiare l’Irap in detrazione, piccola noia senza la quale il suo margine operativo risulterebbe ancor più scintillante. I dipendenti sono 700, il fatturato sotto la sua gestione ha toccato quota 380 milioni (record nella storia societaria) e il business plan che ha in testa rimane piuttosto semplice: vincere. Parola che in tre minuti di discorso Agnelli ha pronunciato sei volte, l’8 settembre 2011, all’inaugurazione dello Juventus Stadium. E che ha ribadito in forma meno assatanata anche davanti ai soci, presentando il bilancio 2016: «Il core business di questa società è e sarà sempre il calcio. La sua tradizione è la vittoria. La sua vocazione è la sostenibilità economico finanziaria in un comparto caratterizzato dall’aleatorietà dei risultati sportivi e da un sistema di ricavi solo parzialmente governabile dalla singola società».
ANDREA AGNELLI JUVENTUS STADIUM
Ecco perché considera in gran parte un suo merito se a partire dal 2018 saranno quattro le squadre italiane ad accedere in Champions League, unico modo certo per garantire ai top club una programmazione finanziaria più sicura. Una sua conquista anche l’aver ottenuto di giocare il giorno di Santo Stefano e a partire già dal prossimo campionato, come accade in Inghilterra con relativi sei zeri di incassi per la gara del boxing day. Di aver strappato ad Adidas la gestione del merchandise Juve, rinunciando a sei milioni di royalty certe per allinearsi però coi grandi club europei, che gestiscono autonomamente i prodotti in licenza.
andrea agnelli deniz akalin john elkann lavinia borromeo
E infine, di aver rivoluzionato insieme all’avvocato Michele Briamonte il sistema di diritti e doveri in capo ai calciatori: «Abbiamo ottenuto nuovi margini di manovra nel mettere fuori rosa gli atleti, e il loro riconoscimento come asset patrimoniali della società» dice a Panorama Briamonte, «Ad esempio, ora non possono più andare a farsi curare gli infortuni dove diavolo gli pare, spesso con risultati disastrosi».
«Per me, è un illuminato» esclama Nicola Negro, tifoso bianconero e autore del libro La Juventus del dottore: la dinastia bianconera da Umberto ad Andrea Agnelli.
john elkann andrea agnelli
«Proprio come suo padre, diventato presidente nel 1956 a soli 23 anni, ha dovuto rifondare la società. Come lui ha ereditato una squadra che arrivava da un pessimo campionato, e nel suo solco ha cominciato a vincere solo dal secondo anno. E poi hanno in comune un tratto distintivo del carattere: il pragmatismo asciutto». Eppure a Torino se lo ricordano tutti, la notte del 4 luglio 2007, quando i cugini Lapo e John celebravano il lancio della nuova Fiat 500 con uno spettacolo memorabile organizzato sul Po. Mentre lui s’aggirava per i palchi anonimo, ignorato da molti. Una rabbia raccolta e repressa che, se un po’ di sfortuna ancora l’assisterà, saprà trasformare in nuova volontà di conquista: #finoallafine.
ANDREA AGNELLI E DENIZ AKALIN andrea agnelli deniz akalin ANDREA AGNELLI ANDREA AGNELLI emma winter andrea agnelli emma winter ANDREA AGNELLI 1 MARCO FASSONE ANDREA AGNELLI 2 andrea allegra agnelli ANDREA AGNELLI